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Scrivo e vivo in una delle aree più ricche e produttive d’Europa: Milano, Lombardia. Piemonte, Lombardia e Veneto fanno da soli il 38 per cento del Pil italiano. L’Ile de France non supera il 27 per cento del Pil francese, la Baviera si assesta al 17 del Pil tedesco. Contemporaneamente scrivo e vivo in una delle nazioni a crescita più bassa d’Europa, il paese Italia. E’ piuttosto straniante, devo dire.

Gli osservatori internazionali parlano di Italia a due velocità, e non si può dargli del tutto torto, pur volendo bene al nostro Sud e all’unità nazionale. Di fronte alla prospettiva di federalismo fiscale, la Cei invita a non abbandonare il Sud e parla di federalismo solidale. La legittima domanda è se per federalismo solidale si debba intendere perpetuazione di un modello assistenziale in cambio di una crescita zero, di nessuno sviluppo, di una politica degli sprechi, e di tutti i problemi che ne conseguono.

Non sono un’economista, non sono neanche una leghista, sono una che vive al Nord e ama immensamente il Sud, e ne intuisce il grande potenziale. E che vorrebbe continuare a dare una mano, potendolo fare. Ma non più a fondo perduto. Dovrebbero volerlo anche gli amici del Sud. La lezione greca dovrebbe essere servita.

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