“Oggi non bastano il merito, l’impegno e neanche la fortuna per trovare lavoro” scrive Roberto Saviano su Repubblica. “Condizione necessaria, anche per la persona di talento, è rientrare in uno scambio di favori”. E’ proprio così. Non si “spreca” una posizione, specie se è buona, dandola semplicemente a una o a uno capace e giusta/o per quel posto; gliela si dà solo se l’offerta va a nutrire anche la logica dello scambio -nei casi migliori-, o solo la logica dello scambio (eventualmente anche sessuale). Se offrendo a una/o questa posizione, insomma, si fa un favore a qualcuno, che a sua volta sarà tenuto a ricambiare.

I buoni risultati -perfino il profitto, in un’azienda- contano molto meno dei risultati che si ottengono nel mondo duplex dello scambio. Capita dappertutto in questo paese, al Sud e anche al Nord. Una persona di valore, che dal Sud è fuggita per sottrarsi a questa logica imperante, dice che l’ha ritrovata al Nord: più sottile, sofisticata, intermittente. Ma c’era cresciuto in mezzo, aveva naso per riconoscerla, e l’ha riconosciuta. A Palermo, precisamente in via Maqueda, ho visto un manifestino scritto a mano attaccato a un muro: “Cerco lavoro, ma non ho raccomandazione”. Non è detto che fosse una trovata, tra sarcasmo e disperazione. Qui la cosa è meno esplicita, ma altrettanto corrente. Una volta le cose non andavano così. Ma la mutazione è avvenuta. Naturalmente, più ci si avvicina alla politica politicante, e più le maglie si stringono. I lavori contigui alla politica non sfuggono mai a questa logica. Se si sa di una/o a cui è stata offerta una certa posizione, la domanda è sempre: perché lui? (chi lo protegge? di chi è parente, o amico?) o perché lei? (con chi va a letto? di chi è moglie?). Be’, nove su dieci ci si imbrocca. Il paradosso è che la democrazia rappresentativa sarebbe lì a garantirci contro questa logica, o almeno ad arginarla, e invece ne è stata quasi del tutto divorata, e come si è visto ormai senza significative differenze tra destra e sinistra. Mio figlio, che ha vent’anni, si stupisce dello stupore di noi adulti: “Perché ti aspetti più moralità dalla sinistra?”. E come glielo spiego, io? A mio marito dicevo, a proposito di Napoli e di certi politici coinvolti, di cui non si sarebbe mai detto: “Probabilmente hanno pensato: tanto, se non lo faccio io, lo farà qualcun altro”. Fine delle scenette familiari.

E’ molto generoso da parte di Veltroni cercare di traghettare il Pd verso il nuovo. La sua generosità dovrebbe spingersi fino a comprendere che questo nuovo non potrà essere lui a rappresentarlo (e nemmeno D’Alema, intendiamoci). Ha giocato la sua partita e l’ha persa. Non si tratta di cercarlo, questo nuovo. Si tratta semplicemente di non sbarrargli più la strada. Come ho già detto tante volte, le donne -e non quelle maschilizzate del partito, ma le altre-, i giovani, i meritevoli. Non dovremmo più sbarrare la strada al nuovo che c’è già. Si tratta per tutti noi, individualmente, di vivere come se questo mondo ci fosse già, se questo altrove fosse già qui: pratica femminile, quella di stare vicino a ciò che ancora non c’è, e nutrirlo, e anche gandhiana. Non si tratta di chiedersi come si fa a fare questo. E’ mentre lo fai, che trovi la risposta. Ho già scritto in un commento stanotte, e ve o ripropongo qui, più in vista: il mutamento potrebbe capitare all’improvviso, così come le catastrofi -nel senso di riuscita, scioglimento del dramma- che sembrano inaspettate e invece sono lungamente preparate. Quello che conta è spasimare il cambiamento, e aspettarcelo tutti. Allora arriverà, e lo sapremo riconoscere. Quello che conta è comportarsi come se il cambiamento fosse già avvenuto -quello che sta capitando all’economia fa parte dei prodromi-in tutte le cose che facciamo. Vivere come delle premonizioni viventi, in un mondo in cui la catastrofe c’è già stata. E allora il mondo dovrà adeguarsi allo sguardo con cui lo guardiamo.

  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •