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Pensavo stamattina, ricordando l’energia di Mary Daly, che forse i preti sono gli unici autorizzati a usare un linguaggio allegorico senza essere in qualche modo sanzionati. Nei loro discorsi possono disinvoltamente ricorrere a figure come gli angeli, Satana e lo Spirito Santo senza che nessuno pensi: “Questi sono pazzi”, e li rinchiuda. Provateci voi, nella vostra vita quotidiana, e mi direte quello che succede. Ai preti quindi -insieme ai bambini entro una certa età, agli psicotici, e in parte agli artisti– è riservato il privilegio di delirare linguisticamente, e non lo dico affatto per offendere, anzi, è un privilegio che invidio molto. Ci sono state donne, quasi un millennio fa, che hanno provato a mantenere anche per sé questo privilegio, e la cosa non è finita affatto bene. Penso per esempio alle povere Sibilla e Pierina, streghe bruciate a Milano in Sant’Eustorgio -fu proprio l’inizio della grande caccia- il cui caso è stato splendidamente raccontato da Luisa Muraro nel suo libro “La Signora del gioco“. Insistere a parlare ai giudici dell’Inquisizione di suddetta Signora Oriente costò loro molto caro. La Befana in arrivo, anche lei una specie di strega, ma resa innocua e addomesticata nel linguaggio e nell’ordine simbolico dei vincitori, mi ha fatto ripensare a queste due povere donnette della mia città. Io la calza la voglio da loro.

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