Leggo che anche la Germania non sta tanto bene, che i sindacati invitano Merkel a mettere in cima alla sua agenda il salvataggio dell’euro, che crolla l’indice di fiducia nelle aziende tedesche, che la politica isolazionista è alle corde, anche se presumibilmente la Cancelliera terrà durissimo finché i sondaggi elettorali (l’ultimo realizzato da “Stern”) la faranno sentire Uber Alles (sugli altri sfidanti Spd).

Comincia il valzer anche per voi, eh, amici? Fa caldo, i freni inibitori si allentano, e decido di lasciarmi andare al più scellerato umore antitedesco, quello che ci procura un plus di godimento ogni volta che li stendiamo a calcio. Mi faccio beffe interiori del loro rigore: prontissimi a contravvenire appena vengono qui, ho in mente un signore che ogni sera, per un mesetto buono, ha installato il suo barbecue teutonico nello stretto carrugio del mio paesello al mare, tutti quanti impestati da fumi di wurstel. Provate a farlo a Francoforte). Guardo con scetticismo alla loro potente macchina sistematica tritatutto, anche Hegel stamattina mi fa il solletico. Si spezzano ma non si piegano, ecco qua. Mancano totalmente di cortesia e di grazia. Penso al corazziere di Hitler ubriaco che pistola alla mano voleva prendersi mia madre, poco più che una bambina, fucilato dal plotone dei suoi commilitoni e ancora sepolto sotto a un cortile milanese. E a quella trattoria per cavatori di marmo sulle Apuane gestita da un vecchio anarchico dalla memoria lunga, lardo e vino rosso, credo uno dei pochissimi posti al mondo dove i tedeschi non sono ammessi, senza eccezioni. Eccetera. Me le concedo proprio tutte.

Mi depuro di questi inutili cattivi sentimenti, li lascio correre e andare via spero di incontrare tanti tedeschi, quest’estate, per stupirmi e apprendere la loro differenza, e a cui proporre la nostra, se gli va (ma gli va?).

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