Dopo aver incassato l’orribile notizia delle 179 morte ammazzate quasi sempre da mariti, fidanzati o ex nel 2013 (+14 per cento rispetto all’anno precedente, un giorno sì e uno no) osservo sconcertata quello che sta capitando sul corpo ancora insepolto di Elena Ceste, ripescato dopo molti mesi in un fosso fangoso di Costigliole d’Asti, a un tiro di schioppo da casa. Addirittura un millantatore che si è inventato un profilo Facebook con finte chat tra lui e Elena. “E’ stato per andare in tv” ha detto ai Carabinieri una volta smascherato. Almeno duecento i mitomani che si sono fatti vivi, secondo gli investigatori. Prima del ritrovamento del suo cadavere, Elena è stata avvistata in un autogrill della Torino-Venezia mentre compra giocattoli per i figli. In vacanza a Capo Verde con un ragazzo straniero. A Tenerife. In un centro commerciale di Asti insieme a un uomo brizzolato. A Torino su un tram. A Bari insieme ai Rom. Nel pubblico di uno show di Red Ronnie (!). In una setta religiosa. In un convento di clausura. Nemmeno il ritrovamento del corpo ha fermato la giostra.

Una specie di sagra mediatica, ormai ai livelli “villetta di Cogne”, che ha il suo focus nella vecchia cara dialettica santa-puttana (e mi scuso molto per il termine): in sostanza, l’Elena mamma amorosissima, premurosa, religiosissima, felicemente ed esclusivamente dedita ai suoi quattro bambini, a cui viene opposto un suo doppio perturbante, l’Elena inquieta, infelice, in cerca di amanti (addirittura sei, secondo alcuni media gossippari). O di qua, tra le mura domestiche a fare biscotti, o di là, su spiagge esotiche in compagnia di non meno esotici amanti.

L’ipotesi che Elena potesse essere, come tutte noi, una madre attenta ma anche affaticata dai pesi (quattro figli, un marito e tutto il resto da mandare avanti non sono uno scherzo); che non mancasse ad alcuno dei suoi doveri, ma magari vagheggiasse bovaristicamente qualche sogno romantico, come capita a tante per trovare la forza di andare avanti; che fosse felice e anche infelice, premurosa e anche insofferente, adultamente responsabile ma anche in cerca di una nuova giovinezza: che fosse, insomma, una donna normale… Bene, questa idea risulta insopportabile per la fragilità dell’immaginario maschile.

“Nessuno… va a pensare che una madre abbia un corpo di donna”, scrive Elena Ferrante.

Io intendo invece, da donna,  immaginarla in questo modo. Una normale, una come noi. Mi pare il modo migliore per onorare la sua memoria. Povera Elena, finita così.

 

 

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