L’ultim’ora è davvero brutta: morto di Ebola in Germania un medico sudanese dipendente Onu e proveniente dalla Liberia. Dopo il missionario in Spagna è il secondo decesso per Ebola in Europa.

L’altra notizia, che invece non viene data, è che ogni anno vengono riscontrati in Italia 4 mila nuovi contagi da Hiv -il che significa che i contagi effettivi, non verificati da analisi mediche, sono almeno il doppio-. Giovani e giovanissimi, prevalentemente eterosessuali -ma anche tra gli omosessuali la vigilanza è ormai allentata- e over 65 che continuano ad avere una vita sessuale grazie ai farmaci che la prolungano.

In qualità di ambasciatrice per la lotta contro l’Aids, “onorificenza” di cui mi ha insignito NPS Italia, network persone sieropositive, ne parlo con Rosaria Iardino, che dell’associazione è presidente oltre che consigliera comunale a Milano

“E’ molto umano pensare che prima c’era l’Aids, e ora c’è Ebola. Una specie di turn over tra virus. Aut-aut. Ma le cose non funzionano così. Ebola c’è, e continua a esserci anche l’Hiv. Et-Et”.

“Soprattutto” dice Iardino “si è totalmente smobilitato sul fronte dell’informazione e della prevenzione. Se oggi vai in una scuola per parlarne con i ragazzi ti dicono che l’Aids è una malattia africana. Non ne sanno più niente. Non sanno come ci si contagia e come ci si protegge. Le informazioni sono state completamente dimenticate. Tant’è che anche nella comunità omosessuale, che sull’Hiv era la più informata e quindi la più protetta, il numero dei contagi è in crescita, l’80 per cento dei casi da rapporti sessuali senza protezione”.

Il fatto è di Ebola si muore in 3 settimane o poco più, mentre con l’Aids si convive.

Si continua a morire di Aids, anche se molto meno. Ma l’Aids ha un’incubazione di 10 anni. Se non scopri per tempo la tua sieropositività, arrivi in ospedale già con i sintomi. E comunque i farmaci che devi assumere per controllare la malattia sono molto pesanti. Io  per mia fortuna non ho patologie correlate e sono aiutata da un temperamento combattivo, ma da 30 anni assumo 4 pastiglie di antiretrovirale al giorno, con problemi ai reni, al fegato, alle ossa. E’ una malattia grave, non un’influenza. E costa moltissimo al sistema sanitario nazionale: per ogni persona sieropositiva si spendono in media 12 mila euro l’anno. Una campagna informativa e la distribuzione di profilattici costerebbe infinitamente meno, senza contare i costi del disagio sociale”.

E invece?

“Invece su questo il Ministero per la Salute ha totalmente smobilitato. La Commissione Nazionale sull’Aids non si riunisce nemmeno più. E’ un gravissimo errore. Si deve riprendere a informare, soprattutto i giovanissimi che non ne sanno più nulla e hanno abbassato la guardia a zero“.

L’esperienza sull’Aids può servirci sul fronte Ebola?

“Certamente. Anzitutto ci insegna che i virus non si combattono con le ideologie: Ebola non è una malattia dei neri così come l’Aids non è una malattia degli omosessuali e dei tossicodipendenti. Sull’Hiv abbiamo cominciato a ottenere risultati quando ci siamo tolti i paraocchi ideologici. Ideologia + panico ti fa commettere gravi errori. Ieri a Milano è stata sospesa un’udienza e sbarrata l’aula quando l’imputato, un ghanese, ha accusato un malore. L’ospedale ha accertato che non si trattava di Ebola. Il rischio è che ogni nero venga visto come un untore, che parta una caccia al migrante (chi arriva sui barconi generalmente è in viaggio da mesi, se avesse Ebola non arriverebbe vivo, ndr) Quel tipo di discriminazione l’ho provata sulla mia pelle, e so che aggrava i problemi, non contribuisce a risolverli. Il virus va dove trova la porta aperta, non guarda se sei bianco o nero”.

Che cosa si dovrebbe fare, invece?

“E’ stato e continua a essere un grave errore portare in Europa gli occidentali che si sono ammalati  nei Paesi africani dov’è in corso l’epidemia, come Sierra Leone e Liberia. Si dovrebbero istituire task force che vanno a curare i malati in loco. E poi ci vogliono accurati controlli in entrata: chi arriva da quei Paesi dev’essere attentamente monitorato per almeno 3 settimane, che è il tempo di incubazione di Ebola. O sospendi i voli in ingresso, o istituisci la “quarantena”. E poi gli ospedali: con i pesanti tagli alla sanità è difficile che i reparti di malattie infettive riescano a garantire le misure di sicurezza necessarie”.

Poi c’è il tema dei farmaci.

“Non se ne sa nulla: che cosa sta facendo l’Azienda del Farmaco? C’è un caso americano in cui un certo cocktail di farmaci ha funzionato: se ne può sapere di più? Non vorrei che si facesse l’errore di non curare gli africani con farmaci che hanno dimostrato di funzionare solo perché gli africani non hanno i soldi per pagarli. Se pensiamo di curare soltanto chi i soldi ce li ha non fermeremo la propagazione del virus”.

Chiudiamo sull’Aids.

Mi appello alla ministra Lorenzin perché si ricominci con le campagne di informazione e di prevenzione. Aver mollato sul fronte Hiv è stato un grave errore, che ci sta costando moltissimo“.

 

 

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