Cara Daniela Santanché,

ogni tanto le scrivo, se ricorda. Per dichiarare in premessa, ogni volta, la mia più assoluta distanza politica da lei. Insomma, io non la voterò mai. Cosa per la quale lei, com’è legittimo, non farà un plissé.

Ma stavolta le scrivo per esternarle il mio giubilo. Sono davvero lieta che -Berlusconi non aveva neanche finito di dire che si ritirava- lei si sia buttata per candidarsi alle primarie del suo schieramento con coraggio, baldanza, e quel filo di indispensabile spacconeria. Sono felice di avere di fronte la prospettiva quanto meno teorica che stavolta tocchi a due donne, Laura Puppato e lei, sfidarsi per la premiership. Per il nostro Paese sarebbe in sé uno straordinario cambiamento.

Io non la voterò manco morta: ma spero che donne e uomini del suo schieramento considerino attentamente la sua candidatura. Spero di vederla, quella disfida, e di potermi lasciare andare a un tifo sconsiderato.

Spero soprattutto che, passata la tempesta elettorale, le donne delle nostre istituzioni rappresentative, di sinistra e di destra, in nome di un patto silenzioso e di un’empatia possibile facciano il meglio che possono, e ogni volta che possono insieme -come talora è già capitato- per questo Paese affaticato, e specialmente per le donne di questo Paese, a cui tocca il più della fatica.

E ora, se permette, vado a nascondermi, perché sta per partire la sassaiola.

 

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