Si tratta di “andare in giro per il mondo incinti di quello che il mondo, di fatto, al momento, non è, non sa, non può. O, per chi ha la vista buona, (di) andare incontro al mondo e vedere che è incinto del suo plus”. Meglio di così non saprei dirlo. E perciò, quando qui, nel mio blog e ovunque, mi capiterà come capita sempre di imbattermi nella disperazione di chi non fa che nominare il male che c’è, spargendolo dappertutto, risponderò con le parole con cui la filosofa Luisa Muraro chiude suo nuovo libro (Al mercato della felicità, Mondadori).
In un libro, come al mercato, ognuno trova quello che gli serve, e la possibilità di continuare il lavoro di chi l’ha scritto. Io qui, tra tante cose belle, trovo soprattutto un contravveleno alla disperazione politica, al senso di essere definitivamente sopraffatti e senza vie d’uscita. Traendolo dalla mistica islamica, Muraro fa l’esempio di quella vecchia che pur senza alcuna possibilità di farcela, ha l’audacia di mettersi in gara al mercato degli schiavi per comprare lo splendido Giuseppe, offrendo in cambio qualche gomitolo di lana. E a chi la deride, risponde che ciò che conta è che si dica che “anche lei ci ha provato”. Perché senza desideri grandi, senza grandi orizzonti, che vita sarebbe?
Come non cedere sui desideri quando il confronto con la realtà sembra perdente?”, è la domanda del libro. In un momento in cui uno o una, appena si muove, trova muri da ogni parte, e l’unica mossa che gli è consentita è consumare, e oggi nemmeno più tanto quella, è forte la tentazione di cedere sui desideri e di rassegnarsi all’angustia e al male, alla propria inconsistenza e a un’economia senza gioia. Qui non ho modo di dire di più -vi rimando alla lettura del libro- se non menzionare la fiducia con cui Muraro promette a se stessa e a chi si pone in ascolto, che “il reale… non assiste indifferente alla passione del desiderare” e per questo si deve e si può, come la vecchia, e senza esagerare “il potere del potere”, “restare nella fila dei compratori”, intenti in una “contrattazione instancabile” con il reale realizzato, aprendo “un passaggio tra il tutto già deciso e il non ancora”. Per guadagnare il nostro stesso essere, e insegnare al mondo il suo “plus”.

(pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 7 marzo 2009)

  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •