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scuola

AMARE GLI ALTRI, esperienze, scuola Gennaio 29, 2011

W I PROF!

Ho visto una notizia, qualche settimana fa, che forse vi è sfuggita, e mi ha commosso: da un sondaggio SWG emerge che l’85 per cento degli insegnanti italiani è soddisfatto del mestiere che fa. Pur con tutti i guai: stipendi bassi, caduta verticale del prestigio sociale, inadeguatezza di strutture e mezzi. Eppure si dicono “orgogliosi”.

Orgoglio che conosco: ero poco più che una bambina e mi capitò una supplenza in un istituto tecnico maschile. Una ragazza sui 25 anni con trenta belve aggressive e testosteroniche. Be’ fu duretta. Ho ancora i sudori freddi. Ma dopo venti giorni di quell’andazzo–andavo in bagno a piangere, nei momenti più tosti, una furiosa battaglia di cancellini o una battutaccia sessuale- all’improvviso quella luce nello sguardo di alcuni, proprio fra i più riottosi. Come se improvvisamente, ascoltandomi, avessero intravisto altro. Altro rispetto alla violenza del nostro rapporto, alla miseria della loro condizione, alla turpitudine dell’ignoranza, al fatalismo sul loro futuro. La possibilità di uno scarto, di un colpo di reni che li avrebbe portati fuori di lì. Uno che mi disse, al congedo, con un’occhiata tenera e grata, dandomi una protettiva pacchetta sul braccio: “E allora grazie, prof. Bella lì, prof”, che in slang stava a dire tutta la sua approvazione. Gli avevo lasciato in dono un lumicino. Adesso stava a lui tenerlo vivo, alimentarlo nel fuoco che spero poi sia divampato.

Sì, capisco i guai degli insegnanti, ma invidio questo loro bellissimo orgoglio. E il privilegio che hanno: quello di stare a contatto con l’aurora, con lo statu nascenti, che è un po’ come essere sempre innamorati. E ripenso, oltre che alla mia amata e severissima maestra Elide Andreoni, alla professoressa Luciani, con quella sua cotonatura un po’ Fifties e quei modi garbati: le piacevo, per quanto casinista. Il suo: “Terragni… Mi meraviglio di te”, mi ri-baricentrava istantaneamente.

E poi al liceo: il prof Renato Fabietti, Storia e filosofia. Un partigiano, toscano sanguigno, strepitoso oratore. Mi fece amare Giordano Bruno come nessun altro. La mattina che arrivò la notizia della strage di piazza della Loggia abbandonò la cattedra, pallido come un morto. E il professor Salvatore Guglielmino, siciliano ombroso e malinconico, autore di una splendida Guida al Novecento. Li abbraccio tutti. Gratitudine!

Politica, scuola, Senza categoria, TEMPI MODERNI Dicembre 2, 2010

IL GIOCO DELLA TORRE

Flashmob, mobilitazioni lampo. Rampicate sui tetti. Pacifico assalto ai simboli della cultura italiana, dalla Torre di Pisa al Colosseo. Come sempre il medium è il messaggio. Il linguaggio del nuovo movimento degli studenti (e dei ricercatori) italiani parla in modo immediato ed efficace dei contenuti della protesta, e indica una direzione politica.

La leggerezza del movimento, che si avvale della rete e della sua velocità, riducendo a brevi apparizioni fortemente simboliche i momenti di presenza fisica.

L’alto dei tetti, come per farsi vedere dal mondo. L’idea di una barca alla deriva, il nostro paese, da cui lanciare un SOS al resto del pianeta.

I monumenti, simboli della struggente bellezza italiana, a indicare proprio la bellezza come il principale dei nostri talenti, come la direzione verso la quale muoversi, come la risorsa da “sfruttare” politicamente.

Nessuna agenzia di comunicazione avrebbe saputo fare di meglio.

esperienze, scuola Giugno 22, 2010

NON HO STUDIATO STORIA

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Solidarietà con i ragazzi che stamattina sudano sul tema (io il mio lo feci su Pirandello) o generica angoscia? Stanotte ho sognato che facevo l’esame di maturità. Lo facevo nella stessa classe di mio figlio (nella realtà ho patito il suo quasi quanto il mio). Stavo andando bene, ma era la volta del commissario di storia, e io il libro di storia non l’avevo nemmeno aperto. In genere mi capita con matematica, ma stavolta è stato con storia.

Sono terrorizzata. Cincischio un po’ con il commissario, parlo del più e del meno, cerco di portare via un po’ di tempo. A un certo punto lui prende un disco, uno di quei vecchi lp di vinile, e lo piazza su un giradischi antidiluviano. Io so che si tratta dell’Aida, e che la domanda sarà sugli ebrei. Non chiedetemi perché, ma è così. Panico. Dovrò parlare del conflitto israelo-palestinese? C’è un mio collega ebreo lì ad assistere: lui sa tutto, ma mi guarda beffardo. So che non farà nulla per aiutarmi. A un certo punto la domanda è su Gesù. Si parla del figlio di Gesù, ma anche del fatto che Gesù è un figlio. L’angoscia diventa acutissima e mi sveglia. Constato con un certo sollievo che non sto facendo nessun esame.

Materiale occasionale del sogno: maturità in corso, compleanno di mio figlio che oggi compie 21 anni, e ieri sera mi ha detto “Angoscia. Adesso sono maggiorenne in tutto il mondo”. Anniversario (domani) della scomparsa di mio padre. Una scena di un filmetto con Renée Zellweger, una che le dice “Hai già trovato Gesù?” e lei che risponde: “Non sapevo che si fosse perso”. mentre lo dice penso che nella vita reale lei è ebrea, e che quella è una domanda inopportuna da fare a un’ebrea. Penso anche al mio ex-analista, che era ebreo.

Onore ai prodi che questa mattina hanno cominciato a loro volta a confezionarsi il loro incubo preferito. Se potessi decidere, ai ragazzi che fanno la maturità proporrei questo tema: “Scrivi al mondo adulto”.

Analizzare il mio sogno, prego.

economics, scuola, TEMPI MODERNI Ottobre 28, 2009

MI RI-MANDA PICONE

madonna dei raccomandati

madonna dei raccomandati

Un ragazzo del Sud, un bravo ragazzo che conosco. “Giù” andava bene a scuola, poi è salito al Nord per l’università e non è riuscito a passare nemmeno un esame. Nessuno gli aveva davvero insegnato come si fa a studiare. Cambio di rotta. Niente università. Forse andrà in Marina. “Sì” mi dice. “Ho una bella raccomandazione allla Capitaneria di Porto di….”. Me lo dice serenamente, come se fosse un qualunque titolo di merito o di studio, come se fosse una cosa lecita, normale e scontata. Un ragazzo come tanti, con orecchino e tutto quanto, uno di quelli che va al pub, agli happy hour, cuffiette in testa. Il suo aspetto up to date contrasta con la vecchiezza della pratica. Lui crede di essere fortunato, e invece è una vittima. Picone è il suo aguzzino. Non provo nemmeno a spiegarglielo. Vorrei abbracciarlo. Sono molto sconsolata.

AMARE GLI ALTRI, scuola Luglio 29, 2009

PROF, MI PASSI LA CADREGA

La signora onorevole Paola Goisis, deputata della Lega veneta ed ex professoressa, ha una faccia da casalinga perbene, con i capelli rossi un po’ a pagoda. Ha avuto un’ideona, che ha proposto in commissione Cultura della Camera, dove si sta discutendo di riforma della scuola. Che i professori siano sottoposti a un «test dal quale emerga la loro conoscenza della storia, delle tradizioni e del dialetto della regione in cui intendono insegnare». Conoscenza, questa sì, meritoria, altro che alla selezione basata sui titoli di studio. Alla presidente della commissione, Valentina Aprea (Pdl), dev’essere venuto un colpo, tant’è che ha sconvocato il comitato ristretto, investendo della questione la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. La Lega però si è opposta, e la riforma si è bloccata.

Intanto l’idea non è dell’onorevole Goisis, ma di Aldo Giovanni e Giacomo, che nella gag -qui sopra- cercano di smascherare il terrone chiedendogli che cos’è la cadrega. E poi vedo che l’onorevole Goisis è nata a Livorno, quindi è quasi terrona: la prova di veneto, per candidarsi su al Nord e ottenere un cadreghino giù al Sud, gliel’avranno fatta fare?


scuola Giugno 25, 2009

ITALIA SVEVO

Ecco i temi su cui stanno maturando i nostri bambini:

  • Analisi di un testo letterario – Coscienza di Zeno – Innamoramento e amore Catullo e altri;
  • Produzione di un saggio breve – 2009 l’anno dell’innovazione;
  • Produzione di un articolo di giornale – 20 anni da muro di Berlino;
  • Tema di argomento storico – 2011 – 150 anni dell’Unità d’Italia;
  • Tema di attualità – Social Network e Internet
  • Nel sito Cnrmedia si parla di Coscienza di Svevo
  • Il Tg1 delle 9 ha parlato di Italia Svevo
  • Wow. Siamo a cavallo.

scuola Marzo 3, 2009

IL PROFESSOR G.

Dev’essere il periodo delle coincidenze. Proprio un paio di giorni fa pensavo a Giorgio Gaber: l’avevo conosciuto, era un uomo intensamente schivo e gentile, molto attento e aperto ai giovani, alla loro energia e la loro innocenza, con uno sguardo acutissimo, capace di profezie. Pensavo al fatto che quello che ha detto si è realizzato, e pensavo che mi manca. I suoi spettacoli al Lirico sono stati probabilmente l’ultimo saggio di quel teatro civile che ha dato tanto a Milano e al paese. Pensavo a lui, dicevo, ed ecco: leggo che su iniziativa della ministra Maria Stella Gelmini, il signor G si studierà a scuola. Un concorso, “Giorgio Gaber, parole per pensare”: agli studenti saranno proposti 12 brani di Gaber, di cui rielaborare il contenuto attraverso varie forme espressive (testo, audio, grafica etc.). E poi studiosi ed artisti che terranno lezioni nelle scuole.

La ministra dice: “Sono convinta che il signor G. abbia tantissimo da insegnare a questi giovani. Portare l’arte di Giorgio Gaber nelle scuole ha la funzione di insegnare a pensare al di là degli schemi e delle ideologie. Gaber è l’esempio più illuminato di libero pensatore che ha saputo fornire una lettura, con chiave non scontata, sulla nostra società. È uno stimolo per le nuove generazioni. Gaber era allo stesso tempo libertà e rigore: anticonformista sì, ma non trasgressivo per forza”. Be’ è una bella cosa. Sono proprio contenta.

esperienze, scuola Febbraio 1, 2009

CAVOLO, RINEVICA

Accidenti. Qui al Nord rinevica (notizie dal Sud?) Sono i cavolissimi giorni della merla. Poi speriamo che la pianti lì. Devo perdere un paio di chili, e con questo freddo penso solo alla polenta. Credo che ora cucinerò uno stinco al forno.

Corpo-anima, Politica, scuola, TEMPI MODERNI Novembre 16, 2008

ED ECCO IL NEW-NEW DEAL

Stralcio del videodiscorso di Obama, ieri:

“…. Make no mistake: this is the greatest economic challenge of our time. And while the road ahead will be long, and the work will be hard, I know that we can steer ourselves out of this crisis — because here in America we always rise to the moment, no matter how hard. And I am more hopeful than ever before that America will rise once again.

But we must act right now. Next week, Congress will meet to address the spreading impact of the economic crisis. I urge them to pass at least a down-payment on a rescue plan that will create jobs, relieve the squeeze on families, and help get the economy growing again. In particular, we cannot afford to delay providing help for the more than one million Americans who will have exhausted their unemployment insurance by the end of this year. If Congress does not pass an immediate plan that gives the economy the boost it needs, I will make it my first order of business as President.

Even as we dig ourselves out of this recession, we must also recognize that out of this economic crisis comes an opportunity to create new jobs, strengthen our middle class, and keep our economy competitive in the 21st century.

That starts with the kinds of long-term investments that we’ve neglected for too long. That means putting two million Americans to work rebuilding our crumbling roads, bridges, and schools. It means investing $150 billion to build an American green energy economy that will create five million new jobs, while freeing our nation from the tyranny of foreign oil, and saving our planet for our children. It means making health care affordable for anyone who has it, accessible for anyone who wants it, and reducing costs for small businesses. And it also means giving every child the world-class education they need to compete with any worker, anywhere in the world.

Doing all this will require not just new policies, but a new spirit of service and sacrifice, where each of us resolves to pitch in and work harder and look after not only ourselves, but each other. If this financial crisis has taught us anything, it’s that we cannot have a thriving Wall Street while Main Street suffers – in this country, we rise or fall as one nation; as one people. And that is how we will meet the challenges of our time -together. Thank you.

Tutto il videodiscorso qui: http://www.change.gov/.

scuola Novembre 2, 2008

LETTERA DA UNA MAESTRA

La furia devastatrice della politica della maggioranza ha avuto il suo epilogo in una giornata di pioggia. Il decreto “contro la scuola” è passato al Senato. La cosa non va chiusa.
Io che sono maestra di scuola dell’infanzia e madre di una bimba di nove anni e di un ragazzino di tredici, in merito ho molto da dire. La scuola infatti fa parte della mia vita. Ci ho investito tempo, energie, desideri, relazioni. E sono vent’anni che lo faccio.
Il decreto e il piano programmatico l’ho letto molto attentamente, ho letto le parole che vi sono scritte, una dopo l’altra. Non sono disinformata. Non ho frainteso. So leggere e so capire. E non ci sto. E’ troppo.
La scuola, materna ed elementare, non è né di destra né di sinistra: nei fatti è tenuta in piedi con straordinaria signoria dalle donne. Alla scuola dell’infanzia ci lavorano il 98% di donne. Alla scuola elementare una percentuale lievemente più bassa. Ci vanno i figli e le figlie che le donne hanno messo al mondo. Le madri e i padri, ma soprattutto le madri, ci hanno investito tempo, impegno, interesse.
Un’opera ammirata in tutto il mondo. Un’opera tutta femminile. Capace fino ad oggi, se pur con molti dolori, di reggere tutte le disposizioni, di ministri, di tecnici, di burocrati, calate dall’altro. Disposizioni che hanno sempre ignorano cosa in realtà significa fare scuola. Abbiamo comunque retto.
Oggi le nostre spalle non possono più portare niente, sono spiattellate per terra.
Un ministro, non ci siamo accorti che è donna, pertanto possiamo continuare a chiamarla ministro, sostenuta da altri politici eletti secondo la politica della rappresentanza, ignari della politica delle relazioni, hanno creduto di essere legittimati a fare tutto ciò che credevano giusto.
E no cari miei! C’è un’altra politica, quella delle donne che ha il suo centro attorno alle relazioni, al desiderio di metterci del proprio affinché il luogo dove lavoriamo, dove mandiamo i figli a crescere, possa essere un luogo intelligente, sapiente, accogliente, di incontro, di messa in circolo di nuove esperienze e di nuovi saperi. Ci siamo riuscite. Tutto il mondo ce lo riconosce, eccetto Voi !
Oggi abbiamo classi di 25/28 bambini, arriveremo a 30. Quante ore di scuola? Si sottolinea l’orario antimeridiano. Dunque 25 ore. In questa organizzazione saremmo una maestra, da sola, per ogni sezione.
E nelle sezioni ci saranno anche i bambini e le bambine di due anni. Se suddividessimo le  25 ore settimanali per trenta bambini, immaginando di quantificare quanto tempo potrò dedicare individualmente a ciascun bambino, scopriremmo che il risultato è di circa 50 minuti per bambino. Alla settimana, non al giorno.
La finanziaria taglia anche i bidelli, già ampliamenti tagliati negli anni precedenti.
I bambini piccoli hanno il pannolino. Con trenta, con sempre meno bidelle, li terremo bagnati fino all’ora di andare a casa? Li cambieranno i genitori a casa? Il pomeriggio nel piano programmatico viene contemplato ma solo a richiesta. A pagamento? Chi pagherà? Chi saranno le maestre del mattino e quelle del pomeriggio? Ci sarà una turnazione, o come un tempo quando c’era la maestra che faceva scuola alla mattina ci sarà quella, di serie B, che farà  assistenza al pomeriggio? Se il pomeriggio sarà a richiesta, ci sarà una decurtazione del personale? Chi si fermerà al pomeriggio? Quelli che hanno i genitori che lavorano? Quelli che hanno genitori che comprendono che alla scuola materna si impara, si cresce e si sta bene?
Oggi alla scuola materna accogliamo bambini, dai tre ai sei anni, le sezioni possono arrivare fino a 28. Siamo due insegnanti per classe. Ci turniamo per coprire mattino e pomeriggio. Tra le due maestre c’è una compresenza oraria di 10 ore. La scuola è aperta per quaranta ore settimanali. E’ previsto il prolungamento orario per i genitori che lavorano.
Abbiamo creato l’accoglienza, le attività di routine (c’è la merenda, il tempo per andare in bagno, e con le piccole creature per queste cose di tempo ce ne vuole, il ritrovarsi insieme e iniziare una nuova giornata, c’è il pranzo, il commiato), ci sono i progetti di sezione che variano a seconda delle scuole, c’è chi come me pratica la didattica laboratoriale, c’è l’attività motoria, la biblioteca, i progetti di intersezione mirati per fasce d’età omogenea, c’è il tempo del riposo pomeridiano per i più piccoli. C’è il tempo del grande gruppo, del piccolo gruppo, del rapporto individuale. Ci sono le uscite didattiche. C’è il tempo del gioco all’aperto quando il tempo lo consente. Dell’imparare dal più grande, del confronto, della soluzione dei conflitti, dell’aiutare l’amico in difficoltà. Il tempo di attesa che qualcosa accada. C’è il tempo mio, tuo, che poi diventa nostro. Il tempo della nostre soggettività, della ricerca e della scoperta e il tempo dell’errore. E anche quello di potere guardarsi con generosità.
Siamo in due per sezione, ma alla scuola materna abbiamo costruito una scuola senza porte chiuse. Ci confrontiamo, ci sosteniamo nelle emergenze per esempio quando una bambino si fa male. Magari anche niente di grave, una botta, una ferita. C’è bisogno di curare, di disinfettare, di mettere del ghiaccio, di avvertire i genitori. Siamo in due, c’è ancora la bidella, c’è la collega dell’altra classe.
Anche così è difficile. Nel frattempo magari le tempere sono state versate tutte per terra, il bagno è stato allagato, due bambini si sono azzuffati. A volte ringrazio il cielo che alla fine, per fortuna, sono cose che si possono rimediare. E domani?
Forse si pensa che i bambini abbiano bisogno di poco. Non è così. I bambini chiedono tantissimo. Noi maestre cerchiamo di rispondere, di esserci con tutta la nostra passione. Torno a casa che le gambe non me le sento più. Il lavoro di maestra è un lavoro che ci vede sempre esposte. Spesso mi porto a casa i bambini nei pensieri. A casa leggo, studio, mi preparo le proposte, chiamo la mia collega per parlarle del bambino che non tocca cibo, della bambina che dopo due mesi di scuola non ci ha ancora fatto sentire la sua voce, del nuovo inserimento in corso d’anno, della difficile situazione famigliare della bimba dagli occhi marroni. Ci parliamo, ci confrontiamo, cerchiamo delle strade da intraprendere. Condividiamo la fatica. A scuola ci sono le riunioni, ma il tempo per parlarci non è mai abbastanza. A scuola stiamo, con consapevolezza, in presenza dei bambini. Non ci assentiamo, a volte neanche per andare in bagno.
C’è l’aiuto delle mamme, per aggiustare il libri della biblioteca, per raccogliere i fondi per la macchina fotografica, per il registratore rotto. Ci portano la carta, fanno a spese loro le fotocopie,  cuciono le tende per le finestre. Alle feste ci sono le loro torte. Si aiutano tra loro, si parlano, si raccontano, si passano i vestiti dei loro figli.
Nella scuola materna, e anche nella scuola elementare, si muove a tutto tondo un mondo di gesti e di parole che appartengono a un modo di essere e di agire delle donne. Qui le donne hanno fatto mondo. Purtroppo poche sono le maestre che scrivono. Purtroppo poco lo spazio che le buone pratiche della scuola hanno trovato sui giornali, tolti quelli di settore. Fa più notizia il bullismo. Eppure chi lavora in una scuola materna o elementare, sa che le cose le sappiamo far funzionare, lo sappiamo noi maestre, lo sanno le madri e anche i padri, lo sanno i bambini e le bambine. Non è che non ci siano problemi, anzi, è difficile lavorare con la “carne” viva delle creature. Si arriva a giugno sfinite. Chi sta nella scuola o vicino alla scuola lo sa. Conosce le gioie e le fatiche. Chi non lo sa  è prima di tutto questo ministro e poi tutti gli altri della maggioranza. Forse non tutti. Molti, diciamo così, non sanno guardare alla politica che fa chi è nelle istituzioni come la scuola, quella cioè delle donne, migliaia di donne, che agiscono tutti i giorni con dedizione e impegno verso l’infanzia; quella politica che è fatta dei gesti della cura, dei gesti dell’educare, che permette di integrare le diversità, di conoscersi mano a mano tra gli altri e con gli altri, che è capace di produrre dei cambiamenti importanti per tutti, soprattutto per le bambine e i bambini, esseri che stanno crescendo, che stanno scoprendo sé stessi e il mondo. Per concludere non ho parole più vere di quelle di  Luisa Muraro quando scrive:  “C’è tanto da indagare ancora, da inventare e da innovare in questo mondo, ma oggi finalmente abbiamo capito che niente sarà veramente guadagnato e tutto potrebbe perfino voltarsi in peggio di prima, se non avremo imparato a riconoscere, rispettare e custodire quello che di buono già esiste, già si offre a noi come un regalo quotidiano del cielo o della terra”.

LAURA FORLIN, Lugagnano (Vr)