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scuola

Politica, scuola Novembre 5, 2012

Maledetto familismo

Ieri sera ho partecipato a Omnibus notte su La7. Tema: scuola, ricerca, università. Tra gli ospiti, il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria e Antonio Iavarone, cervello in fuga -dal Policlinico Gemelli alla Columbia University- causa nepotismo: le sue promettenti ricerche sui tumori al cervello qui non trovavano finanziamenti ed erano ostacolate da un primario che aveva il figlio da sistemare.

In realtà, come spiega bene un articolo su La Lettura del Corriere, la media italiana dei “cervelli in fuga” non supera quella europea. Belgi e tedeschi emigrano più di noi. Il vero problema è che non c’è immigrazione: qui cervelli stranieri non ne arrivano. Ci fuggono come la peste, anche se forse vivrebbero volentieri nel nostro Bel Paese. Sanno bene che, insieme agli scarsi investimenti, la burocrazia, la corruzione, il nepotismo -ampiamente mediati dalla politica- ucciderebbero le loro ricerche, il loro talento e i loro sogni.

In trasmissione si parla di task force, di organismi di esperti che discutono su università e ricerca. C’è poco da studiare: si chiama familismo amorale, è già stato ampiamente studiato e alligna feroce. In tutte le professioni, in tutti i mestieri, quelli che sono lì per merito e non per parentele e relazioni sono la minoranza. Il sistema è fortissimo e devastante, problema dei problemi in questo Paese. Organismi e task force andrebbero istituiti su questo, per capire come eradicare il male. A che serve garantire i finanziamenti, se andranno a ingrassare la mediocrità?

Sono figlia di un papà e di una mamma meravigliosamente semplici, di aiuti non ne ho avuti, nemmeno mezzo, e avverso le logiche familiste con tutte le mie forze. L’aiuto l’ho avuto da una splendida e severa maestra, da alcuni ottimi professori, da quelli che generosamente mi hanno insegnato e guidato.

Quando anche a sinistra si conferisce un incarico politico alla vedova di -anche se vedova di un eroe o di un martire-, o si nomina un cognome -cognome che non garantisce proprio nulla- mi pare di perdere ogni speranza.

Da che parte si potrebbe cominciare?

scuola Ottobre 5, 2012

Caro Sindaco Giuliano

la polizia carica gli studenti oggi a milano

Caro Sindaco Giuliano,

te lo ricordi come eravamo da ragazzi, vero?

E anche tu ti sarai chiesto tante volte com’è che i ragazzi di oggi sopportano tutto, mandano giù tutto, privati del futuro, umiliati dalla mancanza di lavoro, dal fatto di dover vivere ad libitum in famiglia, dall’impossibilità di progettare, di fare coppia, di avere bambini. Rimbambitevi con le canne e gli happy hour, lavorate precariamente e dite anche grazie, accettate lo scadimento della scuola e della formazione disastrate dai tagli e state zitti.

Io non ero a Milano, oggi, ma le immagini tv delle cariche della polizia mi hanno restutuito un’immagine intollerabile della nostra città.

Io spero, caro Sindaco, che tu ritenga opportuno, insieme alla ferma condanna di ogni gesto violento da qualunque parte provenga, ribadire che Milano non tollera che i suoi ragazzi vengano caricati selvaggiamente, che la loro protesta è sacrosanta, e che le forze dell’ordine sono tenute a comportarsi responsabilmente, elevando la tua protesta alla Ministra degli Interni.

Milano non accetta lo stile “Diaz”.

AMARE GLI ALTRI, lavoro, scuola Agosto 27, 2012

I giovani! I giovani! I giovani!

Rieccomi amic*! Non mi farò tentare dalle disgustose risse a sinistra. Non intendo certo dedicare il primo post della ripresa a questo spettacolo immondo -solo, mi domando: chi si candida alla premiership, mi riferisco a Pierluigi Bersani, crede di guadagnare fiducia da una simile scompostezza?-.

Voglio ricominciare da quello che conta davvero, e se permettete parto dai miei principi politici assoluti, che voglio ribadire. Sono due, e semplicissimi: riduzione del danno per il maggior numero, tenere i più piccoli -piccoli umani, animali, piante- al centro di ogni decisione pubblica. Sono convinta che le cose andrebbero molto meglio per tutti se passassimo ogni scelta al vaglio di questi due principi.

Dal governo Monti mi aspetto che i giovani -e i piccoli in generale- siano il fuoco del rush finale, di qui alle prossime elezioni. Pensare a loro. Ascoltarli. Interpellarli. Coinvolgerli. Mobilitare la loro attenzione e la loro partecipazione. Ma più l’orribile espressione “generazione perduta”. La generazione perduta sarà la nostra, se non sapremo finalizzare ogni sforzo e ogni sacrificio a questo irrinunciabile obiettivo.

Il governo Monti finora ha fatto davvero poco per i giovani. La riforma del lavoro è stata una grande delusione soprattutto su questo fronte. A breve dovrebbe entrare in vigore il provvedimento sullo start up delle aziende innovative, che tra l’altro consentirebbe agli under 35 di aprire una srl con un solo euro. Perfetto, ma serve ben altro. Sappiamo tutti benissimo che cosa: misure davvero efficaci contro il precariato, incentivi alle aziende virtuose e penalità per gli sfruttatori, efficaci misure per l’apprendistato, serie politiche per la casa, mutui agevolati, servizi per le giovani coppie e i loro bambini, e così via.

Qui voglio dire qualcosa di più sul tema della formazione: di cui va garantito l’alto standard, ma l’imbroglio della formazione-parcheggio deve finire. Università, specializzazione, master, corsi e contro corsi: se va tutto bene si arriva alle soglie dei trent’anni. Ma è a venti e something che si apprende un lavoro.

Parlo ad esempio del mio mestiere, quello di giornalista. Dopo la laurea (da tre a cinque anni, se va tutto liscio), le strade possibili sono due: il praticantato di 18 mesi in una redazione (con regolare assunzione) al termine del quale si affronta l’esame di stato, opzione oggi meramente teorica; o un biennio di scuola di giornalismo -se non ho capito male solo scuole italiane: i master all’estero, incredibilmente, non sono riconosciuti-. A cui vanno aggiunti eventuali corsi specialistici, più quelli obbligatori di lingue, e via dicendo. Se tutto va come deve, insomma, si comincia a lavorare -precariamente, e chissà per quanto- solo sui 27-30 anni. Da quello che pare l’intenzione sarebbe quella di abolire del tutto la via del praticantato sul campo per rendere obbligatoria la scuola. Insomma, di fatto si abolirebbe l’apprendistato, che a mio parere resta la via maestra per imparare un mestiere. Una follia. L’apprendistato andrebbe favorito, introdotto, regolamentato, defiscalizzato in tutte le professioni e i mestieri. Si sta andando invece nella direzione opposta.

Così proprio non va. I ragazzi devono cominciare a lavorare prima possibile, alternando lavoro e formazione -solo strada facendo si capisce che cosa è necessario approfondire-. Il business dei corsi e dei master, per i quali le famiglie si costringono a enormi e spesso inutili sacrifici, va in ogni modo ostacolato.

Su questa sterminata questione -i giovani, cioè le nostre famiglie, la nostra vita- ancora un paio di cose: tutti dovremmo darci da fare per loro, mettendo in campo con generosità politica la nostra esperienza, offrendo le nostre consapevolezze e il nostro meglio. E infine: è assolutamente impensabile che la nostra futura rappresentanza politica non ringiovanisca, oltre a femminilizzarsi.

Ma a quanto pare non ci stanno pensando affatto.

 

scuola Agosto 9, 2012

Test e cast: quelli che rubano ai bambini

Ok, sarei in vacanza, ma leggo stamattina sul “Corriere” che per la preparazione ai test di ingresso all’università le famiglie sono costrette a spendere fino a 4 mila euro e mi imbufalisco, e allora ritardo la spiaggia e riapro il blog.

Non so se i test d’ingresso siano una buona idea, io sono di mia costituzione per la massima apertura, vedo che i ragazzi maturano più tardi rispetto alle generazioni preceeenti, e l’idea che un solo talento della medicina o della fisica vada perduto solo perché a 19 anni era troppo bighellone per studiare per il test mi pare una follia. Mi dicono che oggi l’orientamento espresso dagli insegnanti alla fine delle scuole medie inferiori può pregiudicare l’iscrizione a un buon liceo: anche in molti licei c’è il numero chiuso, e quel giudizio rischia di essere definitivo.

Anyway: se sono abbastanza contro i test d’ingresso, sono risolutamente contro l’odioso business dei test d’ingresso, che raddoppia lo sbarramento in base alle possibilità economiche della famiglia. Quindi, nei panni del Ministro della Pubblica Istruzione riprenderei in esame tutto quanto il pacchetto. Di riforme del sistema formativo si parla troppo poco, e invece è proprio lì che dovremmo “crescere”.

L’altro giorno incontro una ragazzina. Carina, con una gran massa di riccioli neri. La bellezza dell’asino, come si dice, e forse qualcosa in più. Mi racconta che vuole fare la modella. Qualche delinquente che ha messo in piedi un’agenzia per povere piccole gonze l’ha convinta che ha tutti gli atout. Non è vero: le mancano almeno venti centimetri, è vezzosamente tonda, i fianchi ampli, e che Dio ce la conservi. Ma una modella, proprio no. La povera piccola, e quell’idiota di sua madre, pagano il delinquente perché la infili in miserabili concorsini di bellezza e la faccia sfilare per qualche sarta di paese. Non solo non prende nulla, ma deve pure pagare per essere fatalmente disillusa.

Ecco, io edificherei un apposito girone dell’inferno per quelli che rubano i bambini, per quelli che li illudono e li imbrogliano.

(se siete al corrente di storie del genere raccontatele qui)

esperienze, lavoro, scuola Gennaio 25, 2012

Sfigati cum laude

Il viceministro Martone dovrebbe usare un altro linguaggio.

Amo il turpiloquio, ma non era il caso. Ha detto, per chi non lo sapesse, che i ragazzi che si laureano dopo i 28 anni sono “sfigati”. Purtroppo sono sfigati anche quelli si laureano a 23, perfettamente nei tempi, e anche cum laude, e cominciano a girare a vuoto, tra la ricerca di un lavoro e un master a tempo perso. “Tutta la vita davanti” l’avrà visto anche lui.

E’ vero che ai ragazzi va data una scossa: nati nel burro e negli agi, non sono affatto attrezzati per la lotta. Gli va spiegato con chiarezza che è più facile imparare un lavoro nella prima metà della ventina, che poi. Che ciondolare ad libitum nei chiostri delle nostre antiche università non è buona cosa.

Ma è anche vero che nelle nostre università non si impara a lavorare. E allora è meglio uno che si laurea non dico a 28 ma a 25 o 26 avendo già una buona pratica lavorativa, alternando momenti di studio più intensi a fasi di apprendistato serio, perchè tra i 20 e i 25 è il momento giusto per “farsi le ossa”, che uno che si laurea perfettamente nei tempi e si ritrova scaraventato nel nulla.

Insomma, da un viceministro ci si aspetta che indichi qualche soluzione, e non solo, un po’ sprezzantemente, il problema.

esperienze, scuola, TEMPI MODERNI Ottobre 10, 2011

L'Università di Dappertutto

Proprio oggi, appena qualche giorno dopo l’addio a Steve Jobs, parte a Stanford il corso online sulle Intelligenze Artificiali. Ci sono già 140 mila iscritti distribuiti in 175 nazioni. La lezione si segue da casa, dal parco o dal pub, in diretta o quando fa più comodo, ascoltandola una volta, dieci, o quante volte serve. E’ L’University of Everywhere, gratuita, aperta a tutti, in qualunque posto del mondo. Uno scenario che l’ex direttore del New York Times Bill Keller sul suo blog immagina così: “I corsi saranno online e saranno votati dagli allievi come i libri su Amazon; l’insegnamento sarà organizzato con aste modello eBay; gli studenti invece del titolo di studio conquisteranno dei livelli di abilità come nei videogame. E presumibilmente, la birra del venerdì sera la prenderanno al Genius Bar della Apple”. Il tutto mentre qui noi stiamo ancora muffosamente a cincischiare con i test e i tunnel per neutrini.

Indispensabile una perfetta conoscenza della lingua inglese, oltre a una certa capacità di organizzarsi. E al momento non è ancora chiaro come organizzare esami e valutazioni a distanza -oggi chiunque potrebbe sostenerli al posto tuo- per rendere il titolo di studio effettivo. Ma si confida di trovare presto una soluzione, e allora la rivoluzione sarà completa.
Probabilmente questo modo di studiare comporta problemi inediti legati alla virtualità e all’impossibilità di relazioni reali tra studenti e con i docenti. E inoltre, non si corre il rischio di omologazione didattica? Aspettiamo di capire come va, per un primo bilancio. Ma non c’è dubbio: oggi è un gran giorno per l’istruzione. L’idea che un talentuoso ragazzo che vive nel cuore della Mongolia o in qualche isola sperduta possa accedere alla migliore formazione sulla piazza è commovente ed entusiasmante.

Colgo l’occasione per segnalarvi una cosa nello stesso spirito, anche se più piccola, e gestita interamente da under 25:
Oilproject.org è la più grande scuola online gratuita in Italia, un progetto (maggiori info su http://www.oilproject.org/pagine/ChiSiamo/
http://www.oilproject.org/pagine/IlProgetto/) nato e gestito da studenti under 25, sostenuto da Telecom Italia e Studenti.it e sviluppato con le principali associazioni studentesche nazionali.

Anche Oilproject annuncia oggi un ciclo di lezioni in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia (gestito da Ministero dell’Istruzione e Ministero dell’economia): durante quattro incontri serali interattivi alcuni dei direttori di Dipartimento parleranno dei risultati e delle sfide che la ricerca applicata offre al nostro futuro, dalle nanotecnologie alle neuroscienze, all’intelligenza artificiale. In programma, inoltre, videochat di attualità su politica, economia e business.

AMARE GLI ALTRI, scuola, TEMPI MODERNI Settembre 6, 2011

Uno strano "straniero"

A proposito della scuola di via Paravia a Milano, dove la ministra Gelmini ha ritenuto di cancellare la prima classe perché sarebbe stata formata  da bambini quasi tutti stranieri, ricevo e pubblico la lettera aperta che un immigrato ha scritto al sindaco Pisapia.

Carissimo Sindaco,

tornando a Milano ho seguito la vicenda della scuola di Via Paravia in Zona San Siro (la mia zona) dove stanno per cancellare la prima classe perché 15 su 17 iscritti sono figli di stranieri. Avrei voluto scrivere una lettera ai giornali per dare l’opinione di un immigrato (Io), ma temo che nessuno la pubblicherà visto che il conformismo diffuso (la sinistra, la stampa di sinistra ecc.) ha deciso di bollare come discriminatoria l’idea di spargere questi  bambini in altre scuole della zona con la maggioranza degli iscritti figli di Italiani.

Dalle mie esperienze ho tratto alcune ragioni semplici per cui credo che il provvedimento della Gelmini non è necessariamente discriminatorio – ragioni per cui non avrei iscritto i miei figli in una tale scuola (tengo a precisare che non sono un fan della Gelmini). Sono concetti apparentemente banali ma frutto della mia esperienza come immigrato e genitore a Milano. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola in cui gli altri genitori leggono regolarmente i giornali Italiani e seguono i telegiornali Italiani – Io so bene che non lo fa la grande maggioranza dei genitori stranieri (per motivi probabilmente giustificabili) dunque sono poco informati sulle vicende italiane. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola in cui gli altri genitori hanno almeno un metro di libri in casa (la famosa proposta di Cesare Zavattini) – Io so per esperienza diretta che per 1000 ragioni giustificabili i genitori stranieri non leggono e non trafficano con i libri. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola dove i genitori partecipano attivamente alle attività scolastiche dei figli frequentando gli incontri dei comitati di classe e partecipando attivamente con suggerimenti sulla programmazione didattica. Pochissimi stranieri lo fanno e quando lo fanno sono spettatori passivi – per ragioni comunque giustificabili. Insomma se fossi un operaio straniero di Zona San Siro preferirei iscrivere i miei figli in una scuola con alunni provenienti da classi socioculturali (e forse economiche) più elevate della mia perché credo che la migliore educazione è l’osmosi socioculturale – impossibile in quella classe  di Via Paravia. Si, i bambini di Via Paravia sono nati a Milano ma hanno genitori nati all’estero e spesso i genitori devono (o preferiscono) pensare ad altro (lavoro) e non alla qualità della scuola.

Caro Sindaco, ho l’impressione che questa grande voglia per le cosiddette scuole multietniche è  frutto della fantasia degli Italiani di sinistra a cui piace immaginare un circo esotico di bambini stranieri; infatti le varie associazioni che si battono per mantenere i bimbi in quella scuola di Via Paravia sono gestite da Italiani – con alcuni partecipanti stranieri che fanno la parte di osservatori passivi – come nelle riunioni dei genitori a scuola.  Io mi considero un ‘liberal’  di sinistra (in senso americano) e mi ricordo che una delle grandi conquiste delle battaglie per i diritti civili negli USA negli anni 50/60/70 era il ‘busing’ –  la pratica di assegnazione e il trasporto di studenti a scuole fuori dai loro quartieri in modo da porre rimedio alle precedenti segregazioni razziali e residenziali che avevano un impatto sulla demografia scolastica.

Grazie

SkepticAfro

Suo grande tifoso + elettore mancato

AMARE GLI ALTRI, scuola, TEMPI MODERNI Settembre 6, 2011

Uno strano "straniero"

A proposito della scuola di via Paravia a Milano, dove la ministra Gelmini ha ritenuto di cancellare la prima classe perché sarebbe stata formata  da bambini quasi tutti stranieri, ricevo e pubblico la lettera aperta che un immigrato ha scritto al sindaco Pisapia.

Carissimo Sindaco,

tornando a Milano ho seguito la vicenda della scuola di Via Paravia in Zona San Siro (la mia zona) dove stanno per cancellare la prima classe perché 15 su 17 iscritti sono figli di stranieri. Avrei voluto scrivere una lettera ai giornali per dare l’opinione di un immigrato (Io), ma temo che nessuno la pubblicherà visto che il conformismo diffuso (la sinistra, la stampa di sinistra ecc.) ha deciso di bollare come discriminatoria l’idea di spargere questi  bambini in altre scuole della zona con la maggioranza degli iscritti figli di Italiani.

Dalle mie esperienze ho tratto alcune ragioni semplici per cui credo che il provvedimento della Gelmini non è necessariamente discriminatorio – ragioni per cui non avrei iscritto i miei figli in una tale scuola (tengo a precisare che non sono un fan della Gelmini). Sono concetti apparentemente banali ma frutto della mia esperienza come immigrato e genitore a Milano. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola in cui gli altri genitori leggono regolarmente i giornali Italiani e seguono i telegiornali Italiani – Io so bene che non lo fa la grande maggioranza dei genitori stranieri (per motivi probabilmente giustificabili) dunque sono poco informati sulle vicende italiane. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola in cui gli altri genitori hanno almeno un metro di libri in casa (la famosa proposta di Cesare Zavattini) – Io so per esperienza diretta che per 1000 ragioni giustificabili i genitori stranieri non leggono e non trafficano con i libri. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola dove i genitori partecipano attivamente alle attività scolastiche dei figli frequentando gli incontri dei comitati di classe e partecipando attivamente con suggerimenti sulla programmazione didattica. Pochissimi stranieri lo fanno e quando lo fanno sono spettatori passivi – per ragioni comunque giustificabili. Insomma se fossi un operaio straniero di Zona San Siro preferirei iscrivere i miei figli in una scuola con alunni provenienti da classi socioculturali (e forse economiche) più elevate della mia perché credo che la migliore educazione è l’osmosi socioculturale – impossibile in quella classe  di Via Paravia. Si, i bambini di Via Paravia sono nati a Milano ma hanno genitori nati all’estero e spesso i genitori devono (o preferiscono) pensare ad altro (lavoro) e non alla qualità della scuola.

Caro Sindaco, ho l’impressione che questa grande voglia per le cosiddette scuole multietniche è  frutto della fantasia degli Italiani di sinistra a cui piace immaginare un circo esotico di bambini stranieri; infatti le varie associazioni che si battono per mantenere i bimbi in quella scuola di Via Paravia sono gestite da Italiani – con alcuni partecipanti stranieri che fanno la parte di osservatori passivi – come nelle riunioni dei genitori a scuola.  Io mi considero un ‘liberal’  di sinistra (in senso americano) e mi ricordo che una delle grandi conquiste delle battaglie per i diritti civili negli USA negli anni 50/60/70 era il ‘busing’ –  la pratica di assegnazione e il trasporto di studenti a scuole fuori dai loro quartieri in modo da porre rimedio alle precedenti segregazioni razziali e residenziali che avevano un impatto sulla demografia scolastica.

Grazie

SkepticAfro

Suo grande tifoso + elettore mancato

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, Politica, scuola Marzo 7, 2011

SEMINATECI BENE

novembre 2009: sgombero del campo rom di via rubattino, milano.

Il mio regalo per l’Ottomarzo è un film sullo straordinario lavoro che un gruppo di mamme e maestre di zona via Rubattino, Milano, sta facendo da tempo con alcune famiglie Rom e con i loro bambini.

Qui capirete due cose: che cos’è lo sgombero di un campo Rom, e che cos’è la politica, quella vera, quella fatta soprattutto dalle donne, una politica di relazione che non ha bisogno di rappresentanti e di elezioni.

“Seminateci bene”, questo il titolo del film, dura una ventina di minuti ed è molto bello: trovate il tempo di guardarlo. A questo link:

http://www.premioanellodebole.it/SchedaVideo.aspx?id=399

Buona visione.

Donne e Uomini, media, scuola Febbraio 26, 2011

BIMBI E SEDERI

Mamme e maestre della scuola elementare di via delle Puglie, Milano zona Corvetto, si sono ribellate per un maxi-cartellone con una foto di Terry Richardson, la solita ragazza con i glutei seminudi, affisso sulla fiancata di un palazzo confinante con il cortile, e hanno chiesto l’ immediata rimozione. “Non per moralismo,” hanno precisato “ma per questioni di opportunità”.

In qualunque altro momento la protesta si sarebbe potuta giudicare eccessiva. Ma oggi segnala un’allerta che ha le sue ragioni. Un mutamento profondo e diffuso della sensibilità, e l’assunzione capillare di un progetto educativo che pone il rispetto della donna al suo centro.

Il che ha le sue ottime ragioni.