Browsing Category

giovani

economics, giovani, lavoro, scuola Febbraio 25, 2013

Due pensieri sui giovani

Serie: tutto per i ragazzi, restituiamo loro almeno parte del debito mostruoso che gli abbiamo caricato sulle spalle.

1. Ha ragione Ivan Lo Bello, vicepresidente di Confindustria, quando chiede “di introdurre tirocinii e praticantati durante i corsi universitari, visto che oggi i nostri ragazzi incontrano il lavoro mediamente tre anni più tardi rispetto ai loro colleghi europei” (Corriere di ieri).

Intenderei la cosa in senso molto ampio: non solo, per esempio, stage in uno studio legale per chi vuole fare l’avvocato o in uno studio di architettura per chi intende fare quel mestiere, ma esperienze lavorative in senso lato, preferibilmente convertibili in crediti universitari, per sperimentare il lavoro in sé, e per verificare sul campo se la scelta di studio è stata quella giusta, rendendo possibili eventuali correzioni di rotta con piani di studi molto flessibili e tagliati su misura. Se, poniamo, uno studente di legge scoprisse in corso d’opera che la sua vera passione è la ristorazione -esagero- potrebbe orientare il suo piano di studi in senso commercial-gestionale, completare il triennio in studi giuridici e poi dedicarsi pienamente ad apprendere la sua professione. Perché poi ritrovarsi a fare il lavoro sbagliato è quasi peggio che fare il matrimonio sbagliato, oltre che garanzia di sicuro insuccesso e perdita secca per la comunità. E’ a vent’anni, e non a trenta, che uno impara bene un mestiere, e incastrarsi fino a 27-28 in una lunga teoria di master e contromaster non può essere la strada per tutti.

2. Sogno da tempo hub creativi permanenti nelle nostre città, dove le idee in embrione dei ragazzi possano incontrare liberamente l'”how to do it” e l’esperienza degli adulti, con relativi incubatori di progetto e d’impresa, microcredito e debito d’onore, convenzioni con aziende, canoni agevolati o comodati per l’affitto di spazi ecc. ecc.

Cosa dite? Ci si prova?

economics, giovani, lavoro, Politica Febbraio 11, 2013

#Regionelombardia: per i giovani, tutto

 

Siamo in par condicio, lo so, mi devo frenare, avrei un sacco di cose da dire, dovete tenere conto che io sto qui in Ohio, dove si gioca la partita perfetta. E ancora più decisiva di quella al Senato, quella per Regione Lombardia. Sondaggi non se ne vedono più, probabilissimo un vero testa a testa al fotofinish tra il centrosinistra di Ambrosoli, attorno al quale si stanno coagulando i salvifici consensi di parte dei centristi di Monti (forse in numero maggiore di quelli ufficialmente dichiarati) e il centrodestra di Maroni. Questi ultimi giorni di campagna sono decisivi, ogni singolo voto vale oro puro, è la piuma sul piatto della bilancia, c’è da stare all’erta perché ne vedremo di tutte e ne sentiremo di ogni.

Due scenari diversissimi: la macroregione del Nord, nel caso di vittoria di Maroni, con le sue tentazioni autonomiste e autarchiche (anche se queste medesime tentazioni in un quasi ventennio di solidissimo governo di centrodestra non hanno mai prodotto fatti decisivi); la rottura di questo blocco, nel caso di vittoria di Ambrosoli, leggibile come estensione a tutta la regione -e in progress al resto del Paese- del modello Milano a forte impronta civica.

Se la battaglia per il Senato sarà decisiva per il qui e ora della prossima legislatura, da molti osservatori intesa come a breve e di transito, quella per la Regione potrebbe delineare gli scenari politici per i decenni a venire, e dovrebbe essere guardata con attenzione da tutti, non solo dai lombardi. Il futuro del Paese si gioca qui.

Dico solo una cosa, da milanese e da lombarda, e sono sicura che tanti miei cittadini la pensano come me: sarei disposta ad altri sacrifici, a reggere il peso di tasse oggettivamente insostenibili, a rinunciare anche a molto, a congelare e a diminuire ulteriormente i consumi, se vedessi che qualcosa si muove da subito per i giovani. Parlo di lavoro, parlo di casa, parlo di istruzione, parlo di minime garanzie di cittadinanza.

Per i giovani si deve fare tutto: dal debito d’onore concesso dalle banche per gli studi o per l’avvio di un’attività lavorativa, a mutui stra-agevolati, ad affitti pubblici a canoni simbolici o poco più – le nuove generazioni sono molto mobili, poco propense a incastrarsi con una casa di proprietà-, alla concessione di spazi attualmente sfitti, parlo di negozi, magazzini e altro- per generare attività e imprese, agli incubatori di progetto, alla defiscalizzazione delle assunzioni di giovani e delle imprese giovanili, fino al reddito minimo di cittadinanza. Si prenda il modello Berlino, capitale giovanile europea, e lo si adatti alla situazione italiana. Si cominci da Milano e dalla Lombardia, perché in Italia comincia quasi tutto qui.

Non ce la faccio più a sentire, come mi è capitato sabato in un convegno bolognese, una ragazza di 27 anni dire: “Sono affaticata da tutto, anche la politica delle donne è faticosa. Non è che non vedo il futuro, io non vedo nemmeno il presente. Se penso al futuro vedo solo i nostri corpi sfatti dalla fatica di vivere così. Non ho tutta questa fiducia nelle istituzioni, ma due o tre cose si potrebbero fare: migliorare il trasporto pubblico… un sostegno alla maternità… Siamo sempre più stanche“.

Intendo questo: fare per i giovani significa fare per tutti, ridare fiducia e vitalità a tutti. Si deve cominciare di lì.

Donne e Uomini, economics, giovani, Politica, sud Gennaio 17, 2013

MacroNord e MacroSud

 

Non vi nasconderò, amiche e amici, che questa idea della Macroregione del Nord -Piemonte, Lombardia, Veneto e staterelli annessi-  che si tiene il 75 per cento delle tasse, provvede a darsi i suoi propri servizi sostituendosi in buona parte allo Stato -sanità, scuola, assistenza ecc.-, che chiede uno statuto speciale eccetera, insomma, una secessione sostanziale, qui in Nordland sta riscuotendo un certo successo. Anche se poi sono tanti anni che sentiamo parlare di federalismo e cose simili e non è mai successo niente, e non è escluso che anche stavolta siano le solite chiacchiere e distintivi.

Perché poi una domanda sorgerebbe spontanea: avendo tanti in Regione Lombardia rubato alla grande, gente da cui non si comprerebbe mai un’auto usata, voi le affidereste il 75 per cento dei soldi che ci vengono mensilmente trattenuti in busta paga, più o meno la metà, salvo conguaglio? Insomma: ne avremmo, noi di Nordland, qualche pur egoistica convenienza, o ce l’avrebbero solo coloro che andranno ad amministrare la macroregione e i loro clientes? E poi ne sorge un’altra: se già oggi che siamo regioni a statuto ordinario e non tratteniamo una così cospicua quota-tributi siamo così appealing per la grande criminalità organizzata, con particolare riferimento alla ndrangheta (la mafia in Lombardia fa redditi per 10 milioni al giorno), che cosa capiterebbe se il giro di soldi pubblici levitasse? Dovremmo tutti comprarci un canne mozze (magari con incentivi regionali)?

Nel frattempo, però, si può dire che quello che capita al Nord forse sta capitando un po’ meno al Sud, parzialmente alleggerito nella sua quota-criminalità. Che l’immagine perfino un po’ olegrafica del Sud mafioso si va scolorendo, e forse qualche maggiore spazio di inziativa lì si apre. Consiglierei quindi, e in particolare ai giovani della “restanza” meridionale: invece di preoccuparsi per l’eventualità di un Macronord, di cominciare a pensarsi come un Macrosud. Di coordinarsi, di dare vita a iniziative unitarie -qualcosa vedo già muoversi, anche sul fronte informativo-, di immaginare se stessi come possibile baricentro della rinascita anche economica del Paese, di approfittare della libertà e dello spazio di manovra che può dare non essere oggetto di interesse per nessuno.

Voi avete il Mediterraneo, la madre di ogni civiltà.

Lasciatevi ispirare nella vostra azione da quello che hanno fatto le donne: senza soldi, oppresse dal dominio, messe ai margini, senza rappresentanti elette, hanno scaravoltato il mondo (approfittare dell’assenza, come l’ha definito qualcuna).

Si può fare.

 

 

giovani, lavoro, Politica Dicembre 15, 2012

Un miliardo in dono agli spiaggiaroli

Oggi faccio silenzio-primarie (in Lombardia si vota per il candidato presidente di centrosinistra- e parlo del regalo di Natale agli spiaggiaroli d’Italia.

In parole povere: l’Europa obbligava l’Italia a rimettere all’asta le concessioni demaniali in scadenza il 31 dicembre 2015. Sulle vostre spiagge a tariffe salate la scorsa estate avrete già visto manifesti di protesta da parte degli spiaggiaroli, decine di migliaia di piccole imprese sparse sui nostri 7500 km di costa, che esercitano il loro diritto in cambio di canoni quasi sempre irrisori. Insomma un vero terno al lotto. I quali spiaggiaroli, con una fortissima azione di lobbying, chiedevano una megaproroga di 30 anni.

Il governo ha concesso una proroga di “soli” 5 anni, che potrebbe costarci una sanzione giornaliera Ce di 652 mila euro al giorno. Questo significa che le tasse mie, vostre, di tutti -di tutti quelli che le pagano, s’intende, categoria nella quale i gestori di stabilimenti balneari, come da esperienza diffusa, rari gli scontrini e le ricevute, sembrerebbero sottorappresentati- serviranno anche a pagare una maximulta di quasi un miliardo e duecento milioni di euro.

Un finanziamento alla categoria che, in tempi meno grami, potrebbe anche starci. Possibilmente in cambio di un maggiore rispetto della legge (tipo la legge Galasso, che obbliga a consentire il libero accesso al mare, spesso non applicata, oltre che a una più entusiatica adesione ai propri doveri fiscali). Ma sono questi tempi in cui mandiamo a scuola i bambini con la carta igienica in tasca perché i bagni non ne sono dotati:  insomma, avremmo altre priorità.

Ma a quanto pare le lobby della corporazione sono talmente forti che il governo sarebbe potuto cadere inciampando in un pedalò.

Una mediazione andava trovata -la politica serve a questo- ma quella individuata mi pare inaccettabile. Quanto meno si poteva prevedere, in cambio della proroga, un aumento dei canoni d’affitto che servisse a ripagare almeno in parte la sanzione.

Nel mio Paese ideale la gestione delle spiagge andrebbe affidata, con regolare asta e a canoni agevolati, a cooperative di giovani. Che hanno bisogno di lavorare, e che di vita di spiaggia, come è noto, se ne intendono.

 

 

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, giovani, media, scuola, tv Dicembre 6, 2012

Per i giovani, tutto

Per i

Per il suo documentario “Il corpo delle donne” (5 milioni di contatti online), la mia amica Lorella Zanardo è stata amata, odiata, celebrata, detestata, perfino un po’ perseguitata. Lì si vedeva semplicemente quello che ogni giorno vedevamo in tv: non c’era niente di diverso, se non lo sguardo. In questo caso, lo sguardo di un’italiana poco italiana e non assuefatta, grazie alla frequentazione assidua con altri Paesi. Prova del fatto che il cambio di sguardo sulle cose è tanto, è quasi tutto, e quindi che molto dipende da noi, dalla nostra volontà e dal nostro desiderio.

“Il corpo delle donne” è stato anche un libro, edito da Feltrinelli. Recentemente per lo stesso editore Lorella ha pubblicato “Senza chiedere il permesso-Come cambiamo la tv e l’Italia”, dedicato ai ragazzi. L’intento è l’educazione alla cittadinanza attiva, attraverso un uso consapevole dei media. Le chiedo di raccontarmi il cambio d’oggetto.

“Semplice” dice. “Quando uscì il documentario centinaia di docenti di tutta Italia ci chiamarono per presentarlo e commentarlo nelle  scuole. Insegnanti appassionati e responsabili, ma in qualche modo “vinti” dalla concorrenza imbattibile della tv. Ci siamo andati: qui è l’embrione di questo progetto di educazione ai media, che in altri Paesi è materia obbligatoria. Se non conosci il linguaggio dei media, a cominciare dalla tv, hai scarse possibilità di essere un cittadino attivo e consapevole.

La gente guarda moltissima tv, che resta in assoluto il primo mezzo di accesso alle informazioni. Secondo l’Istat la penetrazione è del 98 per cento. In gran parte delle case ci sono 2 o 3 apparecchi televisivi, e i programmi più guardati in assoluto sono quelli della tv generalista. Questo dà un’idea della potenza del mezzo e del livello di responsabilità. Altro dato da smentire è che i ragazzi guardino poco la tv: i bambini la guardano tantissimo, adolescenti e giovani vanno a cercarsi i programmi online. Anche la rete è invasa dalla tv.

A questi dati ne vanno intrecciati altri: il più alto tasso di abbandono scolastico in Europa, il più alto tasso di analfabetismo di ritorno -intendo gente che ormai fa fatica a leggere-, la più bassa percentuale di iscritti all’università (quest’anno c’è stato un crollo).

L’audience di tutti i quotidiani messi insieme probabilmente non raggiunge quella di una puntata di “Striscia la notizia”, 8 milioni di persone. Questo è il Paese con cui abbiamo a che fare. Questo significa non avere avuto, tra le tante altre cose, la legge sul conflitto di interessi. E nel frattempo la scuola viene messa in ginocchio.

Quando giriamo le scuole per portare il nostro corso di alfabetizzazione all’immagine, “Nuovi occhi per i media”, il cui schema è riprodotto nel manuale della seconda parte del libro, partiamo proprio dagli stereotipi di genere: qui sta l’anello di congiunzione con “Il corpo delle donne”. Questi stereotipi producono ancora disastri, in particolare sulle ragazze. In questi giorni ci tocca ancora subire lo spettacolo della valletta muta e seminuda, mi riferisco a una trasmissione di Paolo Bonolis. Fanno come se niente fosse.

Il modello è sempre quello, il vecchio maschio 50-60 enne e la ragazzina passivizzata, presentata come un oggetto, muta e senza cervello. E’ lo stesso vecchio maschio che detta legge dappertutto, in tv, in politica, nei consigli di amministrazione. Tutto il Paese, in ogni settore, è bloccato da questa figura.

Toccherebbe al Ministero della Pubblica Istruzione occuparsi di alfabetizzazione all’immagine, oltre che alla parola. C’è una grandissima domanda, a cui non corrisponde alcuna offerta. Noi riempiamo questo vuoto con i nostri mezzi. Particolarmente interessanti le esperienze che abbiamo realizzato in Toscana e in Trentino, dove abbiamo lavorato sui formatori”.

Il libro è un’ottima guida per gli educatori che vogliano acquisire consapevolezza e metodo per lavorare con i ragazzi sul linguaggio mediatico e la cittadinanza attiva. Un efficace corso di “educazione civica”, che veicola tra gli altri due importanti messaggi: il cambiamento di sguardo è un passaggio decisivo per cambiare ciò che guardi -o sei costretto a guardare-; ogni nostro atto politico oggi deve mettere al centro i piccoli -bambini e giovani, animali e piante- in una chiave di restituzione almeno parziale di ciò che la “generazione perduta” -la nostra- ha loro violentemente sottratto.

 

Donne e Uomini, giovani, Politica Dicembre 3, 2012

Fate una carezza ai giovani renziani

Ho votato alle primarie, e non ho votato Matteo Renzi. Sono contenta del risultato netto di Bersani. Ora inizia la corsa verso #Palazzo Pigi. Ma intorno a me c’è molta delusione, che ascolto con la massima attenzione.

I ventenni che frequentano la mia casa erano tutti fervidamente per Matteo Renzi. Per molti di loro è stata la prima vera battaglia politica. Oggi si sentono nuovamente respinti ai margini, frustrati nel loro legittimo desiderio di protagonismo, politicamente insignificanti. Matteo Renzi significava per loro poterci finalmente essere, e contare.

Qualche giorno fa ho tenuto una conferenza all’Università di Madrid. Lì non è affatto strano che un/una trentenne sia responsabile di dipartimento. Ci sono giovani e donne dappertutto. La Spagna è affaticata da una crisi economica furiosa, le cose vanno peggio che da noi. Ma in questi anni il rinnovamento e il ricambio è stato forte. Vai lì e ti rendi conto fino in fondo di quanto ci sono costati 17 anni di berlusconismo, nel caso ci fosse qualche dubbio. Dal punto di vista dei diritti -compreso quello di contare politicamente anche se non sei un maschio ultrasessantenne- ci hanno doppiato e superato.

Il nostro maschilismo e la nostra gerontocrazia fanno un tutt’uno. Capisco bene la delusione dei giovani e giovanissimi renziani di fronte alla prospettiva di rivedere “le solite facce”, di continuare con la solita vita, che NON è una bella vita. Perché è una vita orba di futuro, e priva di parola.

Nel suo discorso di ieri, che mi è piaciuto, Pierluigi Bersani ha messo al centro il lavoro e il ricambio generazionale. Non aspetterei un solo istante, se fossi in lui, per dare prova di questo secondo intento. Comincerei da subito, con una serie articolata e capillare di iniziative per chiamare i giovani a partecipare attivamente alla costruzione del programma di governo. Abbiamo bisogno di loro, della freschezza del loro punto di vista, senza il quale il Paese non può andare avanti. La loro energia e la nostra responsabilità, l’una non può fare a meno dell’altra, contro il becerismo della rottamazione, il più grave errore di Matteo Renzi.

Ricambio non significa solo mandare a casa un po’ di gente e fare primarie per le candidature, favorendo il turnover. Vuole dire uno scambio fitto a ogni livello, e da subito (vale anche per il centrodestra).

Facciamoci venire presto delle idee.

p.s. Su Renzi “comunicatore” vi suggerisco la lettura di questa ottima analisi di Giovanna Cosenza.

AMARE GLI ALTRI, economics, giovani, Politica Novembre 6, 2012

La generazione perduta: noi

Tante volte dico: dovrei fare causa all’università. Dove, facoltà di Filosofia, mi hanno fatto studiare Marx, Engels, Lenin, Rosa Luxemburg, il rinnegato Kautsky, Agnes Heller e la scuola di Budapest, perfino Toni Negri. La rivoluzione era alle porte e ci si doveva tenere pronti e attrezzati. E poi -scusate, avevamo scherzato- è arrivato l’edonismo reaganiano, il liberismo senza freni, Wall Street al centro del mondo, il godimento consumistico illimitato, e tutto quello che oggi si sta sgonfiando come un soufflé venuto male.

I ragazzi che oggi hanno sui vent’anni sono cresciuti in questo sconfinato Bengodi, barche, Coste Smeralde, Briatori, sesso compulsivo, Porsche Cayenne, calciatori e veline, labbroni, senoni, fiumi di denaro, Paese dei Balocchi in cui tutto è a portata di mano, basta allungarla senza spostarsi dal triclinio. E poi -scusate, avevamo scherzato- eccoli qua, piegati dai debiti, senza lavoro, senza casa, senza soldi, senza prospettive: e, insomma, come siete bamboccioni, quanto siete choosy, ma che generazione perduta, potreste sempre andare a Rosarno a raccogliere i pomodori anche se vi siete laureati e masterizzati, ma che volete?

Non dovrebbero farci causa, dovrebbero ammazzarci.

La generazione perduta è la mia, la nostra, ma perduta irrimediabilmente, c’è un girone dell’inferno bell’e pronto che ci sta aspettando, se non faremo da subito qualcosa per redimerci, se di qui alle fine dei nostri giorni non metteremo i giovani al centro di ogni nostro pensiero e di ogni nostro gesto politico.

Lorella Zanardo ha scritto un libro pensando ai giovani, a cui ormai dedica la gran parte del suo tempo. Si intitola Senza chiedere il permesso (Feltrinelli), ne parleremo più diffusamente, intanto guardate questo video.