Per i
Per il suo documentario “Il corpo delle donne” (5 milioni di contatti online), la mia amica Lorella Zanardo è stata amata, odiata, celebrata, detestata, perfino un po’ perseguitata. Lì si vedeva semplicemente quello che ogni giorno vedevamo in tv: non c’era niente di diverso, se non lo sguardo. In questo caso, lo sguardo di un’italiana poco italiana e non assuefatta, grazie alla frequentazione assidua con altri Paesi. Prova del fatto che il cambio di sguardo sulle cose è tanto, è quasi tutto, e quindi che molto dipende da noi, dalla nostra volontà e dal nostro desiderio.
“Il corpo delle donne” è stato anche un libro, edito da Feltrinelli. Recentemente per lo stesso editore Lorella ha pubblicato “Senza chiedere il permesso-Come cambiamo la tv e l’Italia”, dedicato ai ragazzi. L’intento è l’educazione alla cittadinanza attiva, attraverso un uso consapevole dei media. Le chiedo di raccontarmi il cambio d’oggetto.
“Semplice” dice. “Quando uscì il documentario centinaia di docenti di tutta Italia ci chiamarono per presentarlo e commentarlo nelle scuole. Insegnanti appassionati e responsabili, ma in qualche modo “vinti” dalla concorrenza imbattibile della tv. Ci siamo andati: qui è l’embrione di questo progetto di educazione ai media, che in altri Paesi è materia obbligatoria. Se non conosci il linguaggio dei media, a cominciare dalla tv, hai scarse possibilità di essere un cittadino attivo e consapevole.
La gente guarda moltissima tv, che resta in assoluto il primo mezzo di accesso alle informazioni. Secondo l’Istat la penetrazione è del 98 per cento. In gran parte delle case ci sono 2 o 3 apparecchi televisivi, e i programmi più guardati in assoluto sono quelli della tv generalista. Questo dà un’idea della potenza del mezzo e del livello di responsabilità. Altro dato da smentire è che i ragazzi guardino poco la tv: i bambini la guardano tantissimo, adolescenti e giovani vanno a cercarsi i programmi online. Anche la rete è invasa dalla tv.
A questi dati ne vanno intrecciati altri: il più alto tasso di abbandono scolastico in Europa, il più alto tasso di analfabetismo di ritorno -intendo gente che ormai fa fatica a leggere-, la più bassa percentuale di iscritti all’università (quest’anno c’è stato un crollo).
L’audience di tutti i quotidiani messi insieme probabilmente non raggiunge quella di una puntata di “Striscia la notizia”, 8 milioni di persone. Questo è il Paese con cui abbiamo a che fare. Questo significa non avere avuto, tra le tante altre cose, la legge sul conflitto di interessi. E nel frattempo la scuola viene messa in ginocchio.
Quando giriamo le scuole per portare il nostro corso di alfabetizzazione all’immagine, “Nuovi occhi per i media”, il cui schema è riprodotto nel manuale della seconda parte del libro, partiamo proprio dagli stereotipi di genere: qui sta l’anello di congiunzione con “Il corpo delle donne”. Questi stereotipi producono ancora disastri, in particolare sulle ragazze. In questi giorni ci tocca ancora subire lo spettacolo della valletta muta e seminuda, mi riferisco a una trasmissione di Paolo Bonolis. Fanno come se niente fosse.
Il modello è sempre quello, il vecchio maschio 50-60 enne e la ragazzina passivizzata, presentata come un oggetto, muta e senza cervello. E’ lo stesso vecchio maschio che detta legge dappertutto, in tv, in politica, nei consigli di amministrazione. Tutto il Paese, in ogni settore, è bloccato da questa figura.
Toccherebbe al Ministero della Pubblica Istruzione occuparsi di alfabetizzazione all’immagine, oltre che alla parola. C’è una grandissima domanda, a cui non corrisponde alcuna offerta. Noi riempiamo questo vuoto con i nostri mezzi. Particolarmente interessanti le esperienze che abbiamo realizzato in Toscana e in Trentino, dove abbiamo lavorato sui formatori”.
Il libro è un’ottima guida per gli educatori che vogliano acquisire consapevolezza e metodo per lavorare con i ragazzi sul linguaggio mediatico e la cittadinanza attiva. Un efficace corso di “educazione civica”, che veicola tra gli altri due importanti messaggi: il cambiamento di sguardo è un passaggio decisivo per cambiare ciò che guardi -o sei costretto a guardare-; ogni nostro atto politico oggi deve mettere al centro i piccoli -bambini e giovani, animali e piante- in una chiave di restituzione almeno parziale di ciò che la “generazione perduta” -la nostra- ha loro violentemente sottratto.