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Ricordo di essere anche stata sentita da un magistrato per quella notte di rissa tra trans italiane e viados. A Milano, in quello che sarebbe diventato il quartiere Isola. Botte furiose per il monopolio della piazza. Avevo vent’anni o giù di lì, ed ero l’unica giornalista presente. Seguivo da vicino le lotte del Mit, il Movimento Italiano Transessuali, per il riconoscimento anagrafico del cambiamento di sesso -battaglia poi vinta- quando la parola trans non significava ancora niente per nessuno. Ero diventata amica di molte di loro, a cominciare dalla monumentale presidente del movimento, Pina Bonanno, che saluto e abbraccio.

Questo per dire quanto sono omofobica, transfobica, queerfobica.

Tra le più colossali stupidaggini che occorre fare fuori se si vuole davvero discutere seriamente della questione utero in affitto, questa è la prima. Lo dico in particolare agli amici gay che ricorrendo a questo argomento censurano e bloccano ogni possibile confronto. Trovatene altri.

Ecco un breve elenco di cretinate.

1. CHI SI OPPONE ALL’UTERO IN AFFITTO E’ OMOFOBICA/O

Può essere che Adinolfi sia omofobico, che Ruini sia omofobico, non so. Le femministe che resistono all’utero in affitto non lo sono. L’omofobia, del resto, è prevalentemente una questione maschile. E’ parte della questione maschile. E le leader, per così dire, del movimento delle resistenti, a cui va la guida dati i conflitti tremendi a cui si espongono, sono lesbiche dichiarate e militanti, in Italia e nel resto d’Europa. Difficile che una lesbica sia omofobica. Casomai una lesbica può entrare in conflitto con i maschi, gay o etero, esattamente come una donna eterosessuale. Accettare e sostenere il conflitto vuole dire essere femminista. Quindi basta per favore con questa assurdità dell’omofobia.

 2. CHI SI OPPONE ALL’UTERO IN AFFITTO E’ CONTRO L’OMOGENITORIALITA’

Idem come sopra. Una cretinata mai vista. Le femministe etero e lesbiche che resistono all’utero in affitto non hanno un bel niente contro l’omogenitorialità, tant’è che sono pronte fin d’ora alla lotta per l’adozione anche alle coppie di fatto e ai single. Essere contro l’omogenitorialità significa pensare di poter proibire a un uomo o a una donna di orientamento omosessuale di avere dei figli. Il che è impraticabile e insensato, e non ci interessa affatto. Ogni uomo può diventare padre e ogni donna può diventare madre, come peraltro è sempre capitato. A noi interessa che il figlio/a non venga separato da sua madre. Vale per i maschi gay come per i maschi etero.

3. CHI SI OPPONE ALL’UTERO IN AFFITTO E’ CONTRO LA STEPCHILD ADOPTION

Altra balla. Siamo tutte per una stepchild tombale, che sistemi la situazione dei bambini “arcobaleno”. Sappiamo anche che la stepchild ad libitum e per sempre potrebbe incentivare e incoraggiare il ricorso a utero in affitto. Quindi si deve trovare una onorevole mediazione, che salvaguardi i bambini già al mondo ma eviti –questo è il nostro punto di vista- ulteriori nascite da utero in affitto, che non può e non deve diventare un modo “normale” di nascere.

4. CHI SI OPPONE ALL’UTERO IN AFFITTO IMPEDISCE IL LIBERO DONO DELLE DONNE

Questa poi è esilarante. Di tutte le portatrici di cui abbiamo notizia, non c’è n’è nemmeno una che non si sia fatta pagare, anche sotto forma di “rimborso”. Tolti quei rari casi tra madre e figlia, tra sorelle, tra amiche del cuore: anche in Italia ce ne sono stati, autorizzati dai Tribunali. Una madre che ha condotto la gestazione per la figlia –purtroppo non andata a buon fine-, e una donna che si è prestata per una coppia amica. In questi casi non è stato pagato nulla. Al posto dei soldi c’è stata relazione autentica tra la gestante, i “committenti” e la creatura (che nel secondo caso è venuta al mondo). Quelle donne sono –o sarebbero- rimaste nella vita del bambino, non erano costrette a levarsi di torno o a farsi vive solo a Natale e Pasqua via Skype. Il dono della gestazione e di un figlio è una fattispecie di dono inesistente. I più onesti, tra chi è ricorso alla pratica, riconoscono di aver sborsato i loro ordinari 120-150 mila dollari, e non raccontano balle. Dove non corrono soldi nessuna dona un bel niente, come capita anche per i gameti in Italia: né donatrici, né donatori. Del resto non si capirebbe per quale ragione una donna dovrebbe abnegarsi fino a questo punto: questa idea un po’ tragicomica della naturale generosità femminile è a tutti gli effetti un’idea patriarcale. 

Alla questione del supposto dono ho dedicato un capitolo del mio libro “Temporary Mother – Utero in affitto e mercato dei figli” (VandA) intitolato “La Leggenda della Santa Donatrice”. Chi ha voglia e tempo può dargli un’occhiata.

Quindi, se vogliamo discutere, sgombriamo il campo da queste accuse e da queste falsità.

 

 

 

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