Quando qualcuno che abbiamo amato se ne va, gli amici gli rendono omaggio parlando del grande vuoto che lascia. Non è una formula retorica. Il sentimento immediato è questo, per i più intimi soprattutto, per tutti quelli che hanno goduto più da vicino di quell’esistenza: una mancanza incolmabile, una smagliatura violenta nella trama della propria vita. Eppure nel parlare di vuoto, anche se per amore, c’è qualcosa di ingiusto e di disperante.
E’ vero: chi da vivo ha fatto molto, chi la sua vita l’ha ben spesa, quando se ne va non potrà più fare nulla, e questo mancherà a tutti coloro che da quel fare hanno tratto beneficio. Specie se il cerchio dei beneficiari è stato ampio. Ma questo significa lasciare un “pieno”. Significa avere seminato a piene mani e generosamente, lasciando profonde tracce di sé negli altri e lungo le strade che si sono percorse. Questo vuol dire che quella vita sarà in qualche modo eterna, che quella coscienza continuerà a germogliare e fruttificare.
Quando una vita si sporge verso gli altri, e in questo sporgersi, con tutto il suo bene e anche con i suoi errori, trova il suo senso più profondo –e non c’è bisogno di essere intellettuali, né di raggiungere chissà quali vette: basta un po’ d’amore- la sua fine illumina un “pieno”, una ricchezza che non si esaurirà. Attraverso il vuoto dell’assenza continuerà a fluire ciò che di meglio quella vita è stata. Quel vuoto è solo un passaggio aperto da chi se ne è andato, una strada che chiama a incamminarvisi, a seguire il percorso.
Il vuoto vero, secondo me, lo lasciano altri. Chi ha vissuto rapacemente, intento solo a se stesso. Chi non ha fatto che prendere per sé, spargendo sale intorno dopo essersi riempito le braccia. Chi ha pensato solo al danaro, dimenticando che il danaro è solo la più comoda, non necessariamente la più feconda, tra le mediazioni possibili. Chi non ha sbagliato mai, sempre via dritto e a petto in fuori, per totale mancanza di generosità e di passione. Chi non ha saputo capire per tempo che tutti abbiamo bisogno di tutti, e che quel poco di senso della vita che ci è dato di intendere sta nel darsi da mangiare l’un l’altro.
Chi ha vissuto così quando se ne va lascia un vuoto tremendo, davvero incolmabile. Quel pezzetto di terra che ha abitato è così arido e prosciugato che ci vorranno molto tempo, molto lavoro e le energie generose di tanti per vederlo rifiorire.
(pubblicato su “Io donna”- “Corriere della Sera”)