Tutt’altra cosa, i turisti a fine stagione. Discreti. Meno svestiti. E anche meno “vestiti”. Girano per paesi e città con passo lieve. Naso in su, zainetto, guida in mano. Non schiamazzano. Non vanno al Twiga. Si alzano presto, il mattino, e spalancano subito le finestre, rabbrividendo per la frescura, abbagliati dal sole radente che non abbronza più. Sorseggiano il cappuccino guardando il mare. Leggono buoni libri sulle terrazze e nei bar. A tavola assaporano. Spendono con moderazione. Il pesce è più fresco, il vino più schietto. Un’ebbrezza dolce, meno feroce. Gli eccessi dell’estate sono un’eco alle spalle, malinconica come un fantasma d’amore.
E’ un buon diavolo, il turista a fine stagione. Bisognerebbe prenderlo a modello. Lontano dalle passioni, ma non al punto da non sapere che cosa sono. Distaccato, ma senza fanatismi. Capace di compassione per se stesso e per gli altri.
Ottobre, lo vedete, è già un’altra cosa. Mese fattivo, progettuale,
metropolitano, nervoso. Più caldo di settembre, tante volte. Certe ottobrate torride, come una rivincita beffarda dell’estate, cravatte allentate e giacche sul braccio. Ma è settembre che ha da insegnare, con le sue eleganti lontananze. Che tutto finisce, ma valeva la pena di essere vissuto. E poi, quante belle canzoni. “September song”, “September”, “29 settembre”. Forse nemmeno maggio ha avuto tanto.
(pubblicato su “Io donna”- “Corriere della Sera”)