“Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”: detto questo (Shakespeare, “La tempesta”), e in modo così sublime, sulla vita cos’altro ti resta da pensare, se non meditarci sopra all’infinito? Per esempio si può dire che quando scompare qualcuno che ami, è allora che diventa il sogno che è sempre stato, la reverie di qualcuno che per qualche oscuro motivo sta giocando a sognarci fin dalla notte dei tempi. E a sognarci uno per uno, poi, così come siamo, fin nei nostri minimi dettagli. Un sogno che è stato talmente vivido, e che è durato un istante tanto lungo da averci fatto credere che non si sarebbe mai dissolto, anche se la dissoluzione è la sola evidenza che ci è data. Mentre l’altra evidenza, che tutta questa sostanza sognante non può conoscere fine, che è destinata a incresparsi in sempre nuovi flutti; ecco, quest’altra evidenza non è affatto garantita, ce la dobbiamo conquistare sul campo, e al prezzo di dure lotte.
Secondo alcuni Shakespeare fu un mago, un alchimista, un visionario, capace di dare vita con la forza della sua poiesis a cose che altri, per esempio Albert Einstein, avrebbero intuito molto tempo dopo e per altre strade. Dicono anche che sia Shakespeare sia Einstein, insieme ad Aristotele, a Platone, a Budda, a Gesù figurerebbero tra i detentori del “segreto” che può cambiarti la vita, una volta che lo possiedi.
Io qui vorrei dire altro: che se davvero siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, allora abbiamo un bisogno infinito di questa sostanza per poter vivere le nostre vite. Quanto più ce ne alimentiamo tanto più siamo veri e vivi, quanto  più sogniamo tanto più i nostri piedi di radicano nell’essenza della vita. E più potremo beffarci della nostra impermanenza, giocando alla pari con chi sogna di noi e a un certo punto, senza possibilità di appello, smette di sognarci. Bisogna fare di tutto, per avere qualcosa da sognare. Trovare lo spazio. Non lasciarsi intontire dalla “realtà”: le cose, i soldi, eccetera.
Io ho imparato a riconoscerli, quelli che sognano. I borborigmi di un cuore che macina sogni li sento a mille miglia. E allora mi dico: ecco, questo è vivo.

(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera” il 12.07.08)