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rappresentanza femminile

Donne e Uomini, Politica Aprile 12, 2012

Per una democrazia paritaria: proposte

post aggiornato il 13 aprile

 

Il 2013 sarà un anno cruciale per la democrazia paritaria e la rappresentanza femminile.

Se ne parlerà a Milano sabato14, a Palazzo Reale, Piazza Duomo 14, dalle 9.30 del mattino: incontro nazionale di Se non ora quando.

Raggiungendo la massa critica nelle istituzioni rappresentative le donne potranno contribuire con il loro sguardo e la loro differenza alla formazione delle agende politiche e alla costruzione di una nuova visione per il Paese.

L’obiettivo è riprodurre a livello nazionale l’esperienza delle giunte di Milano, Bologna, Torino, Cagliari: 50/50 a ogni livello, condizione necessaria, anche se non sufficiente –sul passaggio dal 50/50 al patto di genere c’è molto da lavorare- per il cambiamento che noi tutt*, donne e uomini, auspichiamo.

Grande parte delle nostre energie dovranno convergere in questa direzione, individuando gli strumenti più efficaci.

Eccone alcuni

 

LEGGE ELETTORALE

Anche se nessun dispositivo può sostituire la volontà politica di eleggere un maggior numero di donne, sono indispensabili misure antidiscriminatorie che variano secondo il modello elettorale. In coda al post, alcune proposte elaborate dalla costituzionalista Marilisa D’Amico e da Stefania Leone (*).

Dopo le elezioni di maggio alla Camera si voterà su un testo unificato bipartisan sulla doppia preferenza di genere al voto amministrativo. Solo il lavoro trasversale delle donne di tutti gli schieramenti unite nel patto di genere può garantire risultati in tema di rappresentanza, come dimostrato dalla legge Golfo-Mosca sui cda delle società quotate in Borsa.

C’è il rischio che il voto segreto –bastano 40 firme per ottenerlo- consenta la sparatoria dei franchi tiratori –uomini- di tutti gli schieramenti. E’ capitato sullo stesso tema in Regione Sicilia. La proposta è organizzare in tutte le città mobilitazioni e presidi informativi contemporanei all’aula, per testimoniare un alto livello di vigilanza e di attenzione.
(in generale, sulla legge elettorale: non si può stare ad aspettare che “decidano”, ma si deve contribuire alla decisione con proposte. Tanto per dirne una, il livello dello “sbarramento” può pregiudicare il successo di eventuali iniziative civiche ed extrapartitiche, vedi Simone Weil, qui, e anche qui , che i partiti proponeva addirittura di abolirli).

 

CANDIDATURE

Apertura di consultazioni formali con i leader di tutti gli schieramenti, nonché con i promotori di liste civiche, per verificarne la volontà politica in tema di rappresentanza femminile. Collaborazione attiva con le donne dei partiti.

Verifica dell’impegno dei candidati premier a porre in atto il 50/50 nell’attribuzione di incarichi di governo, facendone punto qualificante del loro programma, come già avvenuto a Milano e in altre realtà locali: le candidature non bastano (se tuttavia vi dovessi dire che ho fiducia nel grado di apertura di partiti in totale difensiva, al 2 per cento della popolarità, con probabile diminuzione del 20% degli eletti… Be’, vi direi una bugia. La parola d’ordine è: autoconservazione).
Appello al Presidente della Repubblica per un alto pronunciamento, a conferma dell’attenzione già espressa per un riequilibrio della rappresentanza.

Impegno anche economico dei partiti a sostegno delle candidature femminil.

Sostegno e accompagnamento attivo di Snoq a libere candidature femminili in tutte le liste, con eventuale indicazione, tra le candidate,  di quelle esplicitamente legate al movimento delle donne e al patto di genere.

Tenersi pronte a un piano B: possibilità di liste civiche o liste Snoq, anche in partecipazione con altre proposte civiche, nel caso in cui l’impegno dei partiti sia giudicato insufficiente per il riequilibrio di genere.

Sottoscrizione unitaria della Lettera ai partiti.

 

CAMPAGNE

Campagna di sensibilizzazione sulla democrazia paritaria, di qui al momento del voto. L’interesse delle donne per la rappresentanza politica  resta piuttosto tiepido, e va in ogni modo suscitato: senza adeguata rappresentanza, nessuna delle nostre priorità entrerà a far parte delle agende politiche.

Nell’imminenza del voto, se la legge elettorale consentirà l’espressione di preferenze, campagna capillare “scegli una donna” rivolta a donne e uomini: il vota donna non ha mai funzionato, tenerlo ben presente.

Coinvolgimento come testimonial delle giunte 50/50 già operative.

Mobilitazione straordinaria di operatrici e operatori dei media e della comunicazione a favore di un riequilibrio di genere nella rappresentanza e a garanzia di pari opportunità nei dibattiti politici e negli spazi pre-elettorali.

Coordinamento con opinioniste internazionali che si sono già mostrate sensibili alla situazione delle donne italiane, come Tina Brown di “Newsweek” e Jill Abramson del “New York Times”, nonché con le giornaliste tedesche unite per il 30 per cento.  

Coordinamento con il movimento delle donne di altri paesi per fare della parabola politica delle donne italiane, dal 13 febbraio delle”indignate” alla democrazia paritaria, una vicenda-simbolo per le donne di tutto il mondo.

 

* MISURE PER UN RIEQUILIBRIO DI GENERE NELLA RAPPRESENTANZA POLITICA

Esempi di misure antidiscriminatorie nell’ambito di un sistema elettorale proporzionale

1. per il proporzionale a liste bloccate (Porcellum), parità nelle liste: “Nelle liste dei candidati i generi devono essere ugualmente rappresentati”. (posizione di eleggibilità per le candidate).

Primarie per le candidature, con doppia preferenza di genere o con altro dispositivo a garanzia della selezione di candidate.

2. per il proporzionale con voto di preferenza, le misure potrebbero essere le seguenti: “Nelle liste dei candidati nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento. L’elettore può esprimere uno o due voti di preferenza. Nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza” (doppia preferenza di genere)

Esempi di misure antidiscriminatorie nell’ambito di un sistema elettorale maggioritario

1. Doppia candidatura di collegio

“In ogni collegio il partito presenta due candidati, di genere diverso. L’elettore vota tracciando un segno sul rettangolo contenente il contrassegno del partito e il nome e cognome del candidato o della candidata. Il seggio viene assegnato al partito che ottiene più voti sommando quelli ricevuti da entrambi i candidati. Fra questi due, risulta eletto chi abbia ottenuto più voti”

                                                                                          oppure

2. Quota complessiva sul totale dei collegi uninominali

“Nel numero totale delle candidature presentate da ciascun partito per la parte dei seggi da assegnare nei collegi uninominali, nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento”.

 

Queste alcune delle proposte su cui avviare  il confronto.

 

post condiviso da:

Giovanna Cosenza

InGenere-WebMagazine

Loredana Lipperini

Manuela Mimosa Ravasio

Lorella Zanardo

proposta sostenuta (oltre che da adesioni su molte pagine Fb Snoq e non solo), da: 

“Lettera ai partiti” per inziativa di Lidia Castellani e altre (che raduna alcune centinaia di singol* più molte associazioni e vari comitati Snoq territoriali). La lettera può essere ancora sottoscritta scrivendo a: ilvotodelledonne@gmail.com oppure firmando qui: http://www.petizionionline.it/petizione/lettera-aperta-ai-partiti-il-voto-delle-donne/6493

Conferenza Donne Democratiche di Massa e Carrara

Donne e Uomini, Politica Novembre 12, 2011

Certe che ci ascolterà

Lettera di Se non ora quando al Presidente Napolitano.

 

Al Presidente della Repubblica

Giorgio Napolitano

 

Le donne, protagoniste di un grande moto di risveglio civile e morale della società italiana, si rivolgono a Lei signor Presidente, impegnato come non mai nella difficile opera di salvaguardia della coesione e delle speranze del popolo italiano – perché si faccia interprete della urgente necessità di dare pieno valore alle grandi energie e competenze femminili nella nuova stagione politica che si apre.

Fiduciose della Sua attenzione 

Le porgiamo i nostri grati saluti

Comitato Promotore Se Non Ora Quando

 

 

Roma 12 novembre 2011

Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Ottobre 1, 2011

Il doppio sguardo che ci salverà

Come dicevamo ieri, in esclusiva per Io donna Added Value ha sondato gli umori e le opinioni di italiane e italiani sul tema della rappresentanza femminile, intervistando un campione rappresentativo di 1000 cittadine/i. Rivelando a sorpresa un Paese prontissimo alla svolta “naturale” rappresentata da un massiccio ingresso delle donne nelle istituzioni rappresentative, determinato a sostenere una “massa critica” femminile che possa cambiare tempi, modi e agende della politica.

Un Paese ben più pronto della sua classe politica, che invece resiste strenuamente al “turn over”:  50/50, appunto: questa è la strada indicata dalla maggioranza degli intervistati, uomini e donne, sul modello di alcune nuove giunte. Oltre a quella di Giuliano Pisapia, la giunta Zedda a Cagliari (dove siamo addirittura a 6 donne su 10) e la giunta Fassino a Torino, appena sotto il 50. Non quote, quindi, ma una proporzione “naturale” che indica l’auspicio di un doppio sguardo sul bene comune, e il desiderio che la differenza femminile si eserciti a beneficio di tutti anche nei luoghi della politica.

Raccoglie invece pochi consensi l’idea di percentuali inferiori, il 30 o il 40, intese come riserve dedicate a una “minoranza” che poi minoranza non è affatto.

Gli italiani, uomini compresi, si fidano a tal punto delle donne che sarebbero anche entusiasticamente pronti alla “super-alternativa” costituita da una premier.

Ma vediamo il sondaggio nel dettaglio.

I gravi problemi del nostro Paese non dipenderanno anche dal fatto che nelle stanze dei bottoni ci sono poche donne? E’ così per la maggioranza degli intervistati: “abbastanza” (43 per cento) o addirittura “molto” (14 per cento). Solo il 9 per cento ritiene che non vi sia relazione tra le due circostanze.

Le donne saprebbero governare come gli uomini secondo il 61 per cento del campione, o addirittura meglio (29 per cento: percentuale che sale al 43 tra le intervistate).

Che cosa ostacola, allora, la rappresentanza femminile? Il maschilismo dei partiti secondo il 42 per cento, mentre il 30 per cento segnala il peso degli impegni familiari sulle donne. Ma incidono anche la sfiducia nella politica (15 per cento) e il disinteresse al potere (11 per cento).

Che le donne non abbiano accesso alla politica è un vero guaio, perché tutti, maschi e femmine, sono convinti che saprebbero portarvi attenzione alle problematiche familiari (76 per cento), un maggiore di responsabilità (68 per cento), un legame più forte con la vita reale (65 per cento). E ancora: impegno e determinazione, uno sguardo diverso sul mondo, concretezza, minore propensione al rischio, affidabilità e onestà.

Vale per donne di centrodestra quanto per quelle di centrosinistra: solo il 30 per cento ritiene che vi siano significative differenze, mentre quasi 9 intervistati su 10, evidentemente stanchi di risse e contrapposizioni frontali, pensano che almeno su alcuni temi le elette dovrebbero collaborare trasversalmente, come qualche volta è già capitato.

E veniamo al 50/50: alla domanda “lei sarebbe favorevole o contrario all’applicazione di questo principio all’interno degli organismi politici e istituzionali, elettivi e no?”, quasi 8 italiani su dieci (percentuale che sale a 9 tra le intervistate), si dichiara d’accordo. Lo straordinario consenso si alza ulteriormente fra gli under 35.

50/50 è la proporzione giusta, esattamente quella della vita, mentre solo 18 intervistati su cento preferirebbero “quote” del 30 o del 40.

Ampia e generale approvazione anche per un’azione positiva già in atto, quella che introduce il 30 per cento di donne nei board delle società quotate in borsa: norma bipartisan approvata di recente e che piace al 76 per cento degli intervistati. Giusto un po’ meno agli uomini, che comunque si esprimono largamente a favore (67 per cento): un ulteriore segno di fiducia nella competenza femminile.

Ma se si votasse oggi, e se una nuova legge elettorale consentisse di esprimere la propria preferenza anche alle elezioni politiche, quanti voterebbero donna?

Quasi la metà del campione (47 per cento: percentuale che sale ben al 67 per cento tra le donne). Mentre solo il 18 per cento dichiara che sceglierebbe un uomo, contro un cospicuo 35 per cento che al momento non sa. Pronti a indicare un nome femminile soprattutto i/le più giovani.

Ma il dato più significativo è che quasi 7 cittadine su 10 oggi risponderebbero positivamente a una campagna “vota donna”. In passato non ha funzionato come si sperava: ma l’impegno politico delle donne, testimoniato anche dalle piazze del 13 febbraio, oggi probabilmente si esprimerebbe anche nelle urne. Ragione in più per buttare a mare il tremendo Porcellum e per restituire alle elettrici e agli elettori il diritto, usurpato dai partiti, a scegliere da chi vogliono essere rappresentati.

E da chi? Da donne dei partiti o della società civile? Meglio professioniste della politica o outsider?  Le elettrici si dividono equamente (45 e 43 per cento), mentre gli uomini si sentono meglio garantiti dalle già-politiche. Preferibilmente quaranta-cinquantenni: è questa l’età, quella della maturità e dell’esperienza -non quella del sex-appeal- ritenuta più giusta da 7 intervistati su 10. Che in percentuale ancora più alta (83 per cento, 93 tra le donne) vedrebbero con favore, e finalmente, una premier: alternativa chiara, apprezzata soprattutto dai giovani adulti. Nel caso, chi? Qui si registra un certo smarrimento.

Ben 7 su 10 non indicano nessuna, come se non sapessero molto delle nostre politiche, o fossero in attesa di un volto nuovo. Qualche rara indicazione solo per Anna Finocchiaro del Pd (8 per cento), per la radicale Emma Bonino e per la presidente del Pd Rosy Bindi, (entrambe 5 per cento), inseguite dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, dalla Ministra per le Pari Opportunità Mara Carfagna e da Daniela Santanché del Pdl (tutte al 2 per cento). Anna Finocchiaro, seguita da Bindi e Bonino, risulta anche in assoluto la politica più ammirata (dal 15 per cento), prima di Rosy Bindi ed Emma Bonino alla pari (8 per cento).

Italiane e italiani sembrano percepire meglio il protagonismo politico delle “straniere”: la premier tedesca Angela Merkel (40 per cento), la Segretaria di Stato americana Hillary Clinton (31 per cento) e la leader birmana Aung San Suu Kyi (12): forse, fra tutte, la portatrice di una più forte “differenza”.

 

Alla giornalista Ritanna Armeni e alla sua collega parlamentare Fli Flavia Perina abbiamo chiesto di commentare i i risultati del sondaggio

             

 

 

 

 

 

 

 

Ritanna Armeni      Mi pare che dal sondaggio emerga una forte spinta neo-emancipazionista. Come a dire: sappiamo che la differenza femminile esiste, ora vogliamo finalmente vederla in azione. La cosa interessante è che 7 uomini su 10, una netta maggioranza, si dichiarano favorevoli a una premier donna e al 50/50. Un entusiasmo sostanzialmente pari a quello femminile. E’ una cosa che colpisce molto. Significa che le capacità e le competenze femminili non sono più in discussione, che il Paese è davvero cambiato nel profondo. Sono solo gli uomini della politica a non voler cambiare. La casta è in assoluta difensiva. Si difendono posti, logiche, linguaggio, e un massiccio ingresso delle donne costituirebbe una formidabile minaccia. C’è anche un’incultura che impedisce di leggere la realtà e i cambiamenti già avvenuti e registrati dalla società. L’altra cosa che noto è l’apprezzamento per la saggezza e l’autorevolezza femminile: quelle che gli intervistati, uomini e donne, vorrebbero in politica sono le quaranta-cinquantenni, nel pieno della maturità. Di Anna Finocchiaro, che raccoglie il maggior numero di consensi, sono apprezzate la compostezza e quel tratto di autorità che si sposa a una bellezza sobria, con i capelli grigi. Un antimodello rispetto a quelli correnti. Insomma: il tema della rappresentanza femminile è all’ordine del giorno, è la vera leva del cambiamento, e non può più essere eluso. Il sondaggio lo evidenzia con percentuali molto alte, che non lasciano dubbi.

Flavia Perina       Mi ha molto colpito la laconicità delle risposte alla domanda sulle donne politiche nazionali: ben il 61 per cento dichiara di non averne in mente una in particolare. Come se non conoscessero la nostra rappresentanza femminile. Eppure donne come Rosy Bindi, Mara Carfagna e Daniela Santanché godono di una notevole visibilità. Ma è come se non se ne percepisse il profilo politico, come se si pensasse che sono poco incisive, scarsamente rilevanti. Che contano poco, insomma. C’è una notevole discrasia tra il fatto che l’83 per cento degli intervistati si dice favorevole a un premier donna, evidentemente percepita come l’alternativa assoluta all’attuale premiership, e l’incapacità di darle un volto. Io credo che a fronte di una domanda così forte di protagonismo politico femminile i partiti sbaglino a non investire sulle donne. E poi: alla domanda se si preferirebbe votare una donna già in politica o una rappresentante della società civile, vince di misura la politica. Parlando di uomini, forse la risposta non sarebbe stata la stessa. Insomma, è come se le donne politiche fossero percepite come fuori dalla casta, immuni dal contagio, e di loro ci si potesse ancora fidare. E infine, altro dato interessante: tra le donne di centrodestra e di centrosinistra non vengono percepite differenze sostanziali. Evidentemente l’appartenere all’uno o all’altro degli schieramenti è ritenuto secondario rispetto all’essere donne, e alla possibilità di trovare un’intesa su temi e priorità.