Sarah Scazzi probabilmente è una delle parole più cliccate in Italia nelle ultime settimane, insieme ad Avetrana, Sabrina, ecc. Una specie di droga di cui non si fa più a meno. Sabrina ride, Misseri ritratta, la madre, la zia, il plastico della villetta, il garage, i pellegrinaggi in pullman da tutto il sud. Due cose:

a) come ho detto in via paradossale in un’intervista al Riformista, non si dovrebbero fare profitti con questa storia. Niente consigli per gli acquisti, se decidi di darci dentro ancora e ancora con una vicenda da audience garantita, costruita sul cadavere lasciato a mollo di una ragazzina di 15 anni.

b) la storia dei gitanti ad Avetrana è spaventosa. E del resto, a pensarci bene: sei lì, in Puglia, in Lucania, in Calabria, a un tiro di schioppo dall’epicentro del Fatto dei Fatti, hai la possibilità di essere anche tu protagonista di qualcosa di grosso, larger than life, di poter raccontare in prima persona -“il buco era così e così”, “il portellone del garage è dipinto di verde, io l’ho visto”, e così via-. Visita guidata e poi panino in piazza, la televisione ti ha definitivamente spanato le sinapsi.

Non per giustificare: perché poi la responsabilità individuale non può essere sostituita da nulla. Guai se recediamo su questo.