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Donne e Uomini, Politica Novembre 26, 2012

Il Pd è ben poca cosa. Quello che conta è il Paese

Al di là del fatto che io vada a votare al ballottaggio e per chi, cosa del tutto insignificante, un paio di considerazioni all’inizio di questa settimana politica di fuoco:

1. troppa gente ha votato Renzi per punire Bersani, o Bersani per fermare Renzi. Vendola ha ragione: queste primarie, nonostante la sua presenza e quella di Tabacci, sono state intese come un congresso del Pd, con relativa resa dei conti. Non dovrebbe essere così. Queste primarie, con relativo ballottaggio, dovrebbero servire al centrisinistra per indicare la figura più adatta all’incarico di Presidente del Consiglio. Il Presidente di tutti, quindi, messo lì per il bene di un Paese che di bene ha tanto bisogno. Paradossalmente io potrei essere “renziana” ma ritenere Bersani più adatto a quell’incarico, e viceversa. Questo sarebbe un voto maturo e responsabile. Questa la logica, e non quella del redde rationem e dei mal di pancia interni. E invece anni e anni di rospi ingoiati sembrano avere la meglio, e la cosa è molto preoccupante. Gente di perfetto buon senso che si fa inebriare dall’odore del sangue.

2. sento perfino ragionamenti del tipo: “ok, non è difficile che vinca Bersani, ma non riuscirà a mettere in piedi una maggioranza, e se ci riuscirà sarà talmente risicata che il governo rischierà di cadere a ogni colpo di vento” (il tutto detto con notevole soddisfazione). Eh no, non ci siamo, amiche e amici. Non si può pensare di sacrificare il Paese a un congresso permanente e ad libitum. Il Pd, con tutto il rispetto, è ben poca cosa rispetto al bene comune (non è a questo, del resto, che le pèrimarie sono dedicate?) che richiede idee chiare, determinazione, senso di responsabilità e un governo affidabile e stabile. E’ questo l’obiettivo da perseguire. Lo dobbiamo ai nostri figli, per dirla un po’ melodrammaticamente (ma neanche troppo).

3. di “personale” lasciatemi dire solo questo: che sono contenta di aver sostenuto Laura Puppato. Perfettamente consapevole, com’è ovvio, di aver partecipato a una battaglia di minoranza che tuttavia, specie al Nord, qualche piacevole sorpresa l’ha riservata. La figura di questa donna, fino a un mese fa perfettamente sconosciuta fuori dal Veneto, è stata messa a fuoco in tempi rapidissimi e con una certa precisione, e i suoi temi condivisi, nonostante la forza spettacolare e centripeta del duello maschile. Diciamo che è un buon inizio, la sua partita comincia ora. Nella quale partita di interessante c’è anche questo, ben oltre le percentuali: Puppato è la sola in questa compagine a poter dialogare programmaticamente con il Movimento 5 stelle che, a quanto pare, potrebbe diventare il secondo partito del Paese. Grillo la stima, e la cosa non è politicamente irrilevante. Come con Crocetta in Sicilia, su Puppato potrebbe incardinarsi un dialogo a livello nazionale. Non dico che sarebbe bene o che sarebbe male, dico solo che sarebbe una possibilità.

Infine una piccola lamentazione, se posso: sono molto delusa da Se Non Ora Quando, e più in generale dall’atteggiamento di sordità di troppe donne di fronte a un’occasione com’è stata questa di Laura (e come potrebbe essere, nel centrodestra, una buona candidatura femminile). C’è ancora troppo da lavorare per arrivare a cambiare le cose, e io non so se ho ancora voglia di ammazzarmi.

P.S. Terrore. Ma se un giornalista del New York Times
mi chiedesse: com’è che Se Non Ora Quando ha appoggiato
Bersani, Vendola, forse un pochino pure Renzi,
e praticamente per nulla Laura Puppato,
io che gli rispondo?

leadershit, Politica Novembre 13, 2012

Primarie leadershit in scena su Sky

Ero al Teatro della Luna, ieri sera. Grande eccitazione dietro le quinte, vigilanza severissima, c’era perfino una labrador antibomba che annusava nei camerini. Parterre vippissimo, -importante poter dire “io c’ero”- per la novità del grande confronto tra i cosiddetti “magnifici 5” del centrosinistra.

Avrei preferito un dibattito più aspro, non strillato ma meno “embrasson nous”: le differenze tra i competitor esistono, eccome, e mi sarebbe piaciuto vederle. Non so quanto sia stata scelta, questa linea del disarmo multilaterale. A mio parere è venuta in gran parte da sé. Il senso della squadra si è in qualche modo imposto ai contendenti, ha colto un desiderio diffuso, lo spirito del tempo. Il pubblico ha visto in scena un governo bell’e fatto, ha lasciato il teatro di Assago con un senso “natalizio” di fiducia: questi possono farcela, vogliono farcela -niente affatto scontato- e insieme.

Lo diciamo ormai da tempo: l’idea del leader, dell’uomo solo al comando, piace sempre meno. Con buona pace di Matteo Renzi -il più leaderistico dei 5- è questo a dover essere rottamato. Anche il senso del duello tra i due principali competitor si è attenuato. Oggi i giornali ci marciano ancora, non mollano volentieri la redditizia idea della sfida all’Ok Corral: troverete sondaggi per tutti i gusti, chi fa vincere Bersani, chi Renzi, chi parla di sostanziale pareggio.

Ma a vincere è stata la squadra, in tutte le sue sfumature, e da oggi la competizione primaria dovrà cambiare passo: rassicurante Bersani, autopapagiovannizzato come colui che vuole “cambiare le cose senza spaventare”, spregiudicato Renzi -sceso dal camperone all’ultimo minuto, tutti  ad aspettare la sua cravatta-, maternamente concreta Puppato, finalmente una donna a rompere il monosex, tecnico e competente Tabacci, il più montiano tra i 5, umanissimo Vendola, forse il più emozionato tra tutti.

Ieri al Teatro della Luna è andata in scena la prima del probabilissimo prossimo governo del Paese. Un interessante cambio di passo.

L’avete visto? che ne pensate?

Aggiornamento delle ore 12.50: il confrontone ha avuto uno share molto scarso, solo il 6.7 per cento. Gli italiani erano altrove. Forse la vera notizia è questa.