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AMARE GLI ALTRI Giugno 18, 2010

PRETI BUONI

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Seduta al ristorante in una piccola e incantevole città di provincia, vedo passare in fila indiana una ventina di giovanissimi preti. Tonache, visi imberbi, passo svelto. Sembra un set di Fellini. Mi piacerebbe fermarli e parlarci. Con uno in particolare, ragazzo biondo e minuto con occhiali che gli scivolano sul naso, e lui che continua a tirarseli su. “Perché fai il prete?”, vorrei chiedergli.
Una volta uno lo faceva anche soltanto per studiare. Per dare lustro alla famiglia. O perché non aveva altra scelta. Ma la scelta di questi sarà motivatissima. Se c’è una crisi delle vocazioni, questi la vocazione devono averla ben forte. Li guardo sparire in fondo alla strada e mi fanno tenerezza. Non è un bel momento per la Chiesa, con i suoi mostri che la divorano dall’interno. Quei ragazzi si sentiranno addosso gli sguardi del mondo, e una pesantissima croce sulle spalle. Fa parte del loro mestiere, sopportare la croce. Ma questa pesa davvero tanto per le loro giovani schiene.
Penso ai preti della mia vita. Uno che mi ha smanacciato, quand’ero ragazzina. Un pover’uomo a cui probabilmente la tonaca era stata infilata a forza. Uomo in gamba, con spiccate qualità manageriali, evidentemente in sofferenza per quel destino sbagliato. E un altro, don Angelo, che sulla bellezza del sesso e dell’amore non si prestava a infingimenti, ma che ardeva assai di più per il suo compito. Un uomo vivo, vero, coraggioso, di straordinaria intelligenza, con un notevole talento teologico e filosofico, capace di un’enorme passione per gli altri e le altre, povero come i più poveri della terra. Sempre preso a correre dietro in Vespa a tutte le sue pecorelle con una predilezione per quelle intenzionate a smarrirsi, che riacchiappava sempre sull’orlo del baratro. Un incontro decisivo per la mia formazione. Quel padre è costantemente nei miei pensieri.
Penso a tutti quei preti che cercano ogni giorno e in ogni modo la verità dell’amore per testimoniarla ai loro fratelli, e che adesso stanno passando un gran brutto momento a causa dei peccati di altri.
Provo un’intensa compassione, vorrei caricarmi la loro croce in spalla per qualche istante, permettergli almeno un breve ristoro.

pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 19 giugno 2010

AMARE GLI ALTRI Dicembre 2, 2008

DISPOSTA A SCRISTIANIZZARMI

Mi sento con compassione dalla parte di quei molti preti di buona volontà, e in particolare di quei preti omosessuali, a cui oggi il voto di ubbidienza peserà come un macigno. Rispetto la Chiesa, sono cresciuta nel suo abbraccio, benché da tempo me ne sia parzialmente sciolta, e credo che la fede possa fare molto per alleviare l’infelicità e l’ingiustizia. Oggi la Chiesa avrebbe potuto serenamente sostenere, pur senza venire meno al principio in base al quale la stigmatizza come un doloroso peccato -principio che pure non sento come mio-, che l’omosessualità non è un reato. Perchè un conto è un peccato, che attiene alla libera coscienza, un altro conto è un reato, punito in un centinaio di stati di questa terra e in una ventina addirittura con la messa a morte. E invece la Chiesa si dice contraria alla proposta di depenalizzazione dell’omosessualità che la Francia ha annunciato di voler sottoporre alle Nazioni Unite.

Sono certa che la Chiesa, ovvero il corpo dei fedeli, si senta ferita a morte da questa violenta presa di posizione del suo Principe, che significa assumersi fin da oggi, inutile girarci intorno, il peso di centinaia di omosessuali crocifissi con la sua benedizione, o quanto meno con la sua complice distrazione. “Not in my name”, è questo che dovrebbero dire tanti cattolici in tutto il mondo.

Sono sicura che qualcosa è andato storto, perché Dio è perdono, e Gesù si farebbe mettere in croce al posto del più piccolo omosessuale di questo mondo, e c’è tutto il tempo per correggere la stortura. O in alternativa sono costretta a pensare a un perverso moto autopunitivo, alla torsione di una cattiva coscienza, poiché come tutti sanno -basta aver frequentato un oratorio, o essere stati in un collegio religioso- tra gli uomini di Chiesa la percentuale di omosessuali, praticanti o meno, è decisamente alta, e l’omofobia corrispettiva e denegante altrettanto cospicua.

C’è qualcosa di terribilmente e perversamente umano, dietro questa orribile decisione in nome di Dio. NOT IN MY NAME di sicuro. Anch’io sono cristiana, e sono disposta a scristianizzarmi se nell’indifferenza o peggio della mia Chiesa un solo ragazzino iraniano andrà a morte perché gay.