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AMARE GLI ALTRI, esperienze Febbraio 20, 2015

Barbari invidiosi Feyenoord: o del Nordico in Italia

Ieri sera mi sono ricordata di un professionista tedesco, signore alto e distinto, che ogni sera si piazzava in mutande nel carrugio del “mio” paesello ligure, non più di 2 metri di larghezza, a grigliare salsiccie e bistecche, impestando aria e panni stesi. Di sera il grill a carbonella, di giorno uno stendino pieno di costumi e asciugamani a ostruire il passaggio. Prova a farlo a Frankfurt o a Dusseldorf, mi veniva da dirgli. Ci ho pensato vedendo in azione a Roma gli orrendi barbari olandesi, la spazzatura nella Barcaccia del Bernini, in una delle piazze più belle del mondo. Mi sono venuti in mente tutti quei nordici che perdono il loro overcontrol dopo N birre, quel ragazzo corazziere di Hitler pieno di vino italiano che voleva stuprare mia mamma bambina -se lo ricorda ancora con terrore-, ci vollero molti uomini per blandire e tenere a bada quei due metri di bionditudine fuori controllo.

Il nordico in Italia, titillato da dolcezza, sensualità e bellezza: non solo Goethe. Quella certa tendenza a sentirsi über -e tu unter– che si sfrena improvvisamente, con il rumore di qualcosa di rigido e anelastico che si spezza di colpo, senza mediazioni. Una brutalità invidiosa, che sfascia, sporca, disprezza, stupra: siamo in Italia, qui possiamo tutto. E non è solo roba da hooligan.

Non per fare tutto un fascio di tedeschi, olandesi, danesi. O per divertirsi con un razzismo al contrario, che viaggia insolitamente da Sud a Nord (di norma si va da Nord a Sud). Solo per dire che ce n’è per tutti, a ogni latitudine. E che la perfezione umana può realizzarsi solo nel pacifico dialogo tra differenze.

E anche per dire che noi italiani, campioni di autocritica, non siamo sempre i peggiori del mondo. E alle nostre Barcacce, e a tutto il resto dello splendore che ci è dato e che ci siamo dati -il qualis contro il quantum- dobbiamo volere un gran bene.

p.s: c’è anche forse il fatto che di (altri) barbari in arrivo a Roma di questi tempi abbiamo sentito più volte parlare. E quella di ieri è sembrata un’esercitazione sul campo.

Corpo-anima, Femminismo, Politica, questione maschile Febbraio 13, 2015

Gli intoccabili diritti del c…o: la Consigliera di Parità (!) del governo difende i quartieri a luci rosse

Giovanna Martelli, consigliera di parità del governo Renzi

 

  • Dunque Giovanna Martelli, consigliera per le Pari Opportunità del governo Renzi, decide di rompere il suo abituale silenzio per schierarsi con veemenza a favore della zona rossa per la prostituzione all’Eur. La consigliera per la Parità –non ci credo, non può essere vero- trova che sia giusto istituire un quartiere dove gli uomini possano andare in tutta tranquillità a farsi una s…a o altro a pagamento e anzi, rampogna i suoi compagni di partito, invitandoli a “riconnettersi con la realtà dei problemi. Devono fare uno sforzo, avvicinarsi alle persone”, poiché “viviamo in una società del mercato e del consumo, dove c’è una domanda sempre più forte di sesso da pagare in denaro”. Secondo la consigliera di Parità si tratterebbe di prenderne atto per rendere il tutto più agevole e decoroso. In altre parole, l’omo è omo, o anche, detto lacanianamente, il Fallo è il Grande significante, a quanto pare anche delle Pari Opportunità, e non è nemmeno immaginabile che la sessualità maschile rinunci alla possibilità di usare il corpo di una donna come se fosse una cosa morta. Insomma: la prostituzione viene incontro a un bisogno fisiologico ineliminabile, che somiglia pericolosamente a un diritto.

Strano, perché viceversa  in Svezia, in Norvegia, in Canada, in Islanda e altrove si pensa senza mezzi termini che la prostituzione rappresenti una forma di sfruttamento e che derivi sempre da uno squilibrio di poteri. E, nota interessante per una consigliera di parità, si ritiene che poter comprare donne per fare sesso alimenta una percezione della donna che pregiudica la parità dei diritti e danneggia tutte quante. Di più:  la legalizzazione non serve a nulla contro la tratta, anzi la favorisce.

Dal 1999 la Svezia punisce clienti, papponi e trafficanti, ma non le prostitute. Risultato: in Svezia la prostituzione è diminuita e non è più un grande affare per gli sfruttatori, e un numero crescente di giovani maschi  dimostra non solo di poter vivere senza andare a p…e, ma anzi considera quello dei puttanieri un comportamento indegno e riprovevole. L’Europa indica il modello svedese come l’eccellenza a cui fare riferimento: anche in Uk ci stanno pensando seriamente, e la Francia ha calendarizzato a fine marzo il dibattito parlamentare per introdurre la punibilità dei clienti.

Ma proprio mentre quegli strambi dei francesi discuteranno di questo, il nostro Senato sarà probabilmente impegnato a dibattere sul disegno di legge Spilabotte & altre, che sembrerebbe intenzionato a importare un prodotto, quello della regolarizzazione della prostituzione, già ampiamente scaduto altrove, perfino nell’Olanda dei sex club e delle ragazze in vetrina dove il numero delle “professioniste” regolarizzate è molto basso, il fenomeno della tratta è addirittura aumentato secondo il rapporto di polizia dal titolo di Schone Schijn (Salvare le apparenze), e almeno il 90 per cento delle prostitute risponde ai magnaccia. L’obiettivo di recidere i legami tra prostituzione e criminalità è fallito. Ogni anno vengono riciclati nei Paesi Bassi 18,5 miliardi, il 10 per cento dei quali derivano dal gioco d’azzardo e dallo sfruttamento della prostituzione.

Proponendo di togliere le ragazze dalla strada per metterle in luoghi chiusi e sottratti alla vista dei cittadini, il ddl Spilabotte sembra ignorare anche il fatto che lo sfruttamento sessuale avviene soprattutto al chiuso: è lì che le ragazze corrono maggiori rischi e sono più controllate. Nel ddl si parla di depenalizzazione dei locatori di immobili, si istituisce lo stato pappone, stabilendo precise tariffe per l’autorizzazione a battere -6.000 per l’attività full time, 3.000 per quella part time- con relative sanzioni per chi non si è registrata in Camera di Commercio. E si parla addirittura di certificati di idoneità psicologica alla prostituzione(!!!!!!) rilasciati dalle Asl (*).

Dice Carolyn Maloney, fondatrice del comitato anti-tratta al Congresso degli Stati Uniti: “C’era una volta la convinzione naif che legalizzare la prostituzione consentisse di migliorare la vita delle prostitute, di eliminare la prostituzione nelle zone dove rimaneva illegale e di scacciare il crimine organizzato. Come tutte le fiabe, anche questa convinzione si è rivelata essere pura fantasia”. Perché noi mostriamo, da Paese di retroguardia, di crederci ancora?

Difficile capire che cosa abbia indotto la parlamentare del Pd Maria Spilabotte (e le sue colleghe) a esercitarsi appena eletta su una questione così delicata. Ma se ancora vi fossero dei dubbi sul fatto che contro la tratta e lo sfruttamento della prostituzione la strada non è questa, mi permetterei di suggerire a lei, alla consigliera Martelli e a tutte la lettura di un’impressionante inchiesta di Der Spiegel intitolata “Bordello Germania”, dove si racconta il fallimento della decennale legalizzazione della prostituzione, della nascita di megabordelli “all you can eat”, dove puoi avere sesso a volontà con una tariffa forfettaria, un mercato fatto per l’80 per cento di schiave bulgare e rumene anche vendute dalle famiglie in tempo di crisi. Su 400 000 prostitute solo 44 sono ufficialmente registrate. Il Ministero della Famiglia tedesco sostiene che non vi è stato “ alcun apprezzabile miglioramento reale nella sicurezza sociale delle prostitute”. Per un terzo dei pubblici ministeri tedeschi la legalizzazione della prostituzione ha reso anzi più complesso il loro lavoro contro la tratta e lo sfruttamento.

Perché dovremmo oggi intraprendere una strada già verificata come fallimentare, baloccandoci con l’idea –o l’ideologia- delle prostitute autonome e per libera scelta (“professioniste” che l’associazione Papa Giovanni XXIII, impegnata su questo fronte, valuta in un esiguo 5 per cento)? La consigliera Martelli dice che “se c’è da cambiare la legge Merlin, va bene, facciamolo”. Ma prima di cambiarla e di fare stupidaggini contro le donne, proviamo quanto meno a dare un occhio alla risoluzione europea proposta dall’inglese Mary Honeyball e approvata a maggioranza, secondo la quale sfruttamento sessuale e prostituzione hanno pesanti conseguenze sulla parità tra i sessi, e che indica come prioritaria la lotta alla tratta e allo sfruttamento, utilizzando come strumento la punibilità di chi acquista servizi sessuali e non di chi li vende. Ecco alcuni passaggi della risoluzione, interessanti anche per i clienti irriducibili: chissà che non si smuova qualcosa nelle loro coscienze ottusamente testosteroniche.

 La prostituzione è una forma di schiavitù incompatibile con la dignità umana.

La maggioranza delle persone che praticano la prostituzione sono persone vulnerabili all’interno della nostra società.

Vi è un impatto della crisi economica sul crescente numero di donne e ragazze minorenni, comprese le donne migranti, obbligate a prostituirsi.

L’80-95 per cento delle persone che praticano la prostituzione ha subito forme di violenza prima di iniziare a prostituirsi (stupro, incesto, pedofilia), il 62 per cento riferisce di avere subito uno stupro e il 68 per cento soffre di un disturbo post-traumatico da stress, (una percentuale analoga a quella delle vittime di tortura).

La prostituzione e la prostituzione forzata sono fenomeni di genere che coinvolgono circa 40-42 milioni di persone al mondo, la grande maggioranza delle persone che si prostituiscono è costituita da donne e ragazze minorenni, quasi tutti i clienti sono uomini e la prostituzione è pertanto al contempo causa e conseguenza di una disparità di genere che aggrava ulteriormente.

Lo sfruttamento della prostituzione è strettamente legato alla criminalità organizzata.

Qualsiasi politica in materia di prostituzione influisce sul conseguimento della parità di genere, sulla comprensione delle questioni di genere e trasmette messaggi e norme alla società, compresi i giovani.

La prostituzione e la prostituzione forzata incidono sulla violenza contro le donne in generale, dal momento che le ricerche sugli acquirenti di servizi sessuali dimostrano che gli uomini che acquistano sesso hanno un’immagine degradante delle donne; si suggerisce quindi alle autorità nazionali competenti di affiancare al divieto di acquistare servizi sessuali una campagna di sensibilizzazione tra gli uomini.

La normalizzazione della prostituzione ha un impatto sulla violenza contro le donne: dati dimostrano come gli uomini che acquistano servizi sessuali siano più inclini a commettere atti sessualmente coercitivi e altri atti di violenza contro le donne e spesso mostrino tendenze misogine.

I mercati della prostituzione alimentano la tratta di donne e minori e aggravano la violenza nei loro confronti soprattutto in paesi in cui l’industria del sesso è stata legalizzata.

I dati dimostrano che la criminalità organizzata svolge un ruolo di rilievo laddove la prostituzione è legale.

Depenalizzare l’industria del sesso in generale e rendere legale lo sfruttamento della prostituzione non è una soluzione per proteggere donne e ragazze minorenni vulnerabili dalla violenza e dallo sfruttamento, ma sortisce l’effetto contrario.

Il modo più efficace per combattere la tratta di donne e ragazze minorenni a fini di sfruttamento sessuale e per rafforzare la parità di genere segue il modello attuato in Svezia, Islanda e Norvegia (il cosiddetto modello nordico), e attualmente in corso di esame in diversi paesi europei, dove il reato è costituito dall’acquisto di servizi sessuali e non dai servizi resi da chi si prostituisce.

La riduzione della domanda dovrebbe essere parte di una strategia integrata per la lotta contro la tratta di esseri umani negli Stati membri; la riduzione della domanda può essere raggiunta mediante disposizioni legislative che facciano ricadere l’onere criminale su chi acquista servizi sessuali piuttosto che su chi li vende, nonché mediante l’imposizione di ammende per rendere la prostituzione finanziariamente meno remunerativa per le organizzazioni criminali/la criminalità organizzata.

 

* dal ddl Spilabotte:

“1. Per l’esercizio volontario della prostituzione
è necessario:
a) comunicare presso una qualunque
sede delle camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura (CCIAA) presenti
sul territorio nazionale l’intenzione di esercitare
la professione;
b) corredare la comunicazione di un
certificato di idoneità psicologica ottenuto
presso una qualunque azienda sanitaria locale
(ASL) sul territorio nazionale, che attesti
la effettiva volontà personale ad esercitare
la professione, in assenza di condizioni
psicologiche che evidenzino stati di vulnerabilità,
costrizione, debolezza e che sia anche
strumento di informazione circa le misure
volte a favorire l’inserimento sociale di coloro
che vogliono uscire ed affrancarsi dalla
prostituzione;
c) il pagamento anticipato, su conto
corrente intestato alla CCIAA alla quale si
è scelto di effettuare la comunicazione, di
una somma stabilita in euro 6.000 per l’esercizio
full-time e in euro 3.000 per l’esercizio
part-time, specificando tre dei giorni della
settimana durante i quali si decide di esercitare.
2. È facoltativo allegare alla comunicazione
di cui al comma 1 un certificato di
sana e robusta costituzione che escluda la
positività a qualunque malattia che potrebbe
essere trasmessa per via sessuale”.

 

 

 

esperienze, jihad, tv Gennaio 20, 2015

Ibrahim, che racconta il suo jihad

“Ibrahim”, jihadista di Isis intervistato da “Piazza Pulita”

A Piazza Pulita (uno tra i migliori talk: mai urlato, condotto sobriamente da Corrado Formigli) si parla di terrorismo islamico.

Tra gli ospiti Domenico Quirico della Stampa, rapito in Siria nel 2013: “Noi solitamente ci scegliamo i nemici” dice Quirico. “Stavolta è il contrario. Loro hanno dichiarato guerra a noi, e noi cerchiamo di non farla“.

Si sta commentando la straordinaria intervista di una giornalista di Piazza Pulita al siriano “Ibrahim”, guerrigliero di Isis. L’intervista è stata realizzata a Eindhoven, Olanda, raggiunta illegalmente dall’uomo attraverso la Turchia. Vale la pena di analizzarne con attenzione i passaggi e di provare a cogliere il sotto-testo: ci dicono molto di Isis, del fondamentalismo islamista, del jihad, del momento che stiamo attraversando.

“Ibrahim” parla con calma, in una postura rilassata. Nessun segno di “esaltazione”: sta esponendo convinzioni profonde e radicate.

In Turchia” spiega “ho comprato documenti falsi. Ci sono decine di trafficanti di passaporti falsi tra la Turchia e la Grecia. E’ una mafia. Sono assolutamente convinto che il governo turco sia consapevole di quello che succede sotto i suoi occhi”.

Se Ibrahim stesse dicendo il vero, le ipotesi sono due. La prima, gravissima: il governo turco favorirebbe deliberatamente i movimenti degli jihadisti tra la Siria e l’Europa; la seconda: il governo turco chiude un occhio su attività illegali come la produzione e lo smercio di falsi passaporti. E’ bene ricordare del resto che anche Napoli è stata indicata tra le centrali di produzione e smistamento di documenti falsi.

Continua Ibrahim: “All’inizio della rivoluzione per noi siriani l’esercito libero era l’unica soluzione. L’unica speranza per liberarci da Assad e ritrovare la nostra libertà. Ma l’esercito libero non è stato all’altezza del compito che aveva. Molti di noi volevano uno stato dove si applicasse la legge islamica, loro volevano uno stato secolarizzato. Ci hanno deluso e ce ne siamo andati”. La sharia imposta urbi et orbi: è questo l’obiettivo dichiarato di Isis.

Jihad è la nostra guerra santa, contro te stesso e contro tutti quelli che offendono la legge islamica. Semplicemente, jihad significa combattere i nemici dell’Islam, tutti coloro che stanno attaccando l’Islam. L’insegnamento del profeta è: prima di tutto cerca di convincere gli altri del tuo messaggio, ma se loro rifiutano e ti attaccano, attaccali a tua volta e sii implacabile”.

Il rifiuto della fede e della legge islamica, che per Isis sono un tutt’uno, viene letto come un gesto di aggressione. Chi non si converte è necessariamente un nemico, la sua non-conversione è un atto di guerra perché significa non credere al Profeta, e quindi offendere il Profeta (non servono le vignette, per questo). Per un laico è un passaggio quasi incomprensibile. Simmetricamente, il concetto di tolleranza appare incomprensibile agli jihadisti. C’è una sola verità, una sola fede possibile. Chi non vi aderisce sta dichiarando guerra a questa verità e a questa fede, quindi è un nemico che va “implacabilmente” eliminato.

A Raqqa, capitale di Isis, “lo stato islamico si occupa di loro –dei foreign fighters e di tutti quelli che hanno voluto aderire al progetto, ndr-. Lì c’è la vera giustizia sociale, ci sono scuole, ospedali, banche, centrali elettriche, e da poco hanno una moneta. E’ un cambio epocale. La cosa che devi capire è quanto la gente viva in pace.

Chi crede e si sottomette alla sharia trova la pace, intesa non solo come non-guerra, ma come soddisfazione all’unisono dei bisogni materiali e spirituali. Islam significa “sottomissione, abbandono, consegna totale a Dio”, e quindi sicurezza e pace (salām: l’assonanza con Islam è evidente).

“I giornalisti occidentali sono stati decapitati perché è stato provato che erano spie. Gli yazidi adorano un diavolo, quindi per la legge del profeta non possiamo accettarlo”.

La persecuzione  “obbligatoria” degli Yazidi, seguaci di un culto di probabile origine gnostica, è la dimostrazione plastica del fatto che dicevamo: prima ancora che inaccettabile, per i fondamentalisti religiosi l’idea di tolleranza è incomprensibile. La differenza di credo non solo non può essere ammessa, ma va attivamente combattuta (jihad) da ogni fedele. L’inammissibilità di una fede diversa e quella di tutte le altre differenze è il fondamento di ogni totalitarismo.

Voi pensate che sia l’Isis a reclutare i ragazzi, ma vi sbagliate. Sono loro che ci cercano per andare nello stato islamico…. Odiano l’ipocrisia e il doppio gioco dell’Europa. Se insistete a offendere la nostra religione e a uccidere la nostra gente, in ognuno di noi può nascere odio e chiunque può fare qualsiasi cosa”.

Il “doppio gioco dell’Europa” va letto probabilmente come l’adesione dell’Europa al Patto Atlantico, il fatto di avere scelto gli americani aggressori e di aver preso parte alle loro guerre: risuona qui il vagheggiamento di un’Europa antiamericana (e antisionista) e amica dell’Islam. Molto impressionante quell’odio che può nascere “in ognuno di noi”: più che di una guerra senza un fronte territoriale riconoscibile, microfisica e “molecolare”, si potrebbe parlare di una guerra che impegna ogni singolo corpo, “pronto a morire”. Ciascuno è chiamato singolarmente a essere esso stesso “guerra” contro gli infedeli, arma umana autorizzata, già innescata e autosufficiente. 

E’ una crociata contro di noi, e noi dobbiamo difenderci…”: la guerra dunque è partita dagli infedeli, ed è in corso da molto tempo. E “finché il Vaticano non prende una posizione contro questa guerra, vuole dire che è complice”.

Qui si coglie un’ambiguità: la massima autorità cristiana viene in qualche modo riconosciuta, alle sue posizioni viene attribuito un valore. Forse, ancora, il vagheggiamento di un possibile dialogo con i cristiani. Confermato dal lungo silenzio di Ibrahim, quando la giornalista gli chiede se è possibile che l’Isis arrivi a Roma. L’uomo medita, come se non intendesse chiudere del tutto la porta. Non sceglie la minaccia definitiva di Abu Bakr al-Baghdadi, califfo dello Stato Islamico: “Se Iddio vorrà, conquisteremo Roma e il mondo intero“.

Cerca rifugia nel Corano: Il profeta ha detto: arriveremo”.