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mistero

Corpo-anima, esperienze Gennaio 22, 2012

Punto e a capo

Con tutte le chiacchiere che faccio, con tutto il mio parlare e scrivere e anche leggere di questo e di quello, convinta sempre di saperla lunga, caparbia nel difendere il mio punto di vista, sempre lì ad analizzare, scandagliare e puntualizzare, ecco che di nuovo, dopo avere visto la morte di una persona cara, la sua perfetta e serena immobilità, le sue mani ceree intrecciate sul grembo, non so trovare una parola, un pensiero, un concetto degno di questo nome, me ne sto lì incantata di fronte al mistero della cosificazione del vivente, aspetto che qualcosa di me si sciolga per poter dire e lasciare fluire.

Non so perché, ma mi viene solo da dire punto e a capo.

ANIMALI, esperienze Luglio 30, 2010

ANIMALIA

buon pranzo, tesoro

buon pranzo, tesoro

Sulla mia spiaggia c’è una signora che dopo un paio d’ore deve scappare a casa: la sua cucciola soffre di ansia da separazione. Se sta troppo sola sbrana tutto, come fanno i cani impanicati.
Il mestiere della meticcia Pippi, invece, è sempre stato il mordicchiamento del cavo poplìteo, l’incavo dietro il ginocchio, meglio se di vecchia signora. E’ una canina molto dolce e buona, ma non c’è mai stato verso di convincerla che non si fa. Ti guarda sbigottita se la sgridi: la natura l’ha programmata per partire all’assalto di ogni poplite femminile anziano. Però mio marito l’ha reincontrata dopo anni e anni, e lei gli ha fatto delle feste commoventi. La memoria olfattivo-emotiva di queste creature è straordinaria. La piccola Kim, invece, giovane maltese di amici, l’ha accompagnato trotterellandogli accanto -avanti e indietro, indietro e avanti-, una pallina bianca saltellante al passo di quell’omone in marcia per scaldare il nervo sciatico indolenzito. Deve avere la vocazione della badante.
Non ho più il mio Tom, e osservo attentamente i suoi cospecifici, alla malinconica ricerca di un po’ di caninità. Ma mi accontento anche di guardare i gatti, o molto meno: una gazza, una lucertolina sul terrazzo, una rana, l’andirivieni di una formica lavoratrice, una foglia nuova del mio limone. Pur di entrare in contatto empatico con il non-umano, non saprei come altro chiamarlo, che vive e brulica a prescindere da noi, in molti casi nonostante noi. Anche in una foglia tremolante c’è un po’ del mio amico perduto.
C’è un mistero nel non-umano che va ben oltre le nostre supponenti proiezioni antropomorfizzanti. Mi pare che queste creature sappiano qualcosa di essenziale della vita che a noi sfugge, e fossero qui a testimoniarcelo. La luce di una consapevolezza che ho intravisto anche nello sguardo di certi neonati, e negli occhi opachi di certi anziani. Come noi umani fossimo condannati, per macchia originale, a stare lontani dal segreto: abbiamo voluto sapere e non sappiamo più nulla. Ma appena individuati, o sul punto di de-individuarci per tornare nella luce, ne risplendiamo. A questo mistero, per comodità, si può dare il nome di Dio, o di Amore.

pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 31 luglio 2010

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