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maurizio lupi

Politica Marzo 23, 2015

Milano e il dopo-Pisapia: la giostra riparte

La notizia era attesa ma ha ugualmente prodotto una deflagrazione nella piovosa domenica milanese: il sindaco Pisapia non si ricandiderà per il secondo mandato, e  immediatamente è partito il vortice di riunioni, consultazioni, tam-tam sul possibile successore.

Per un centrodestra che sta poco bene Milano può essere l’occasione per un rilancio alla grande: le cose politiche che contano cominciano quasi sempre qui. Il nome di Maurizio Lupi, tra i più accreditati fino allo scandalo e alle  dimissioni di qualche giorno fa, al momento appare improponibile. Ma un accurato rewashing accoppiato alla velocità dei tempi e alla memoria corta (di qui a un anno può capitare di tutto) non permette di escludere del tutto la sua candidatura. Intanto Matteo Salvini scalda i motori e si dice già pronto, sia pure accettando di passare per primarie. E anzi chiede che non si aspetti un anno per votare.

Nel centrosinistra il turbillon è più intenso: accanto alle ipotesi continuiste (in primis Pierfrancesco Majorino, attuale assessore, ma anche altri esponenti della giunta, come Cristina Tajani, e Umberto Ambrosoli, figlioccio del sindaco, che non ha mai nascosto le sue ambizioni), corrono nomi di milanesi esportati a Roma (Emanuele Fiano, Lia Quartapelle, perfino Ivan Scalfarotto), ma c’è anche il papa “straniero” che probabilmente non spiacerebbe a Matteo Renzi (come Andrea Guerra, ex-ad di Luxottica, o Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda, in verità entrambi milanesi; oltre a qualche illustre giornalista, e altri ancora) per il potenziale attrattivo nei confronti dell’elettorato di centrodestra: scelta che tuttavia potrebbe aprire prati o praterie a sinistra. La passione per le primarie si è molto attenuata ma è improbabile che se ne farà a meno, anche se molti chiedono regole più strette.

Ci si può divertire: girano molti altri nomi quasi tutti destinati al rogo, si fa quasi prima a fare il conto di chi non intende candidarsi, e non sono esclusi cappelli e conigli dell’ultim’ora, al momento ben acquattati. Ma la vera partita si giocherà tra il “modello Milano”, che il sindaco Pisapia rivendica orgogliosamente, e le larghe intese nazionali. Molto sta a capire quanto interesse abbia il premier Renzi per la partita milanese: per la politica romana, Milano è sempre stata un oggetto incomprensibile e potenzialmente esplosivo, vediamo come andrà stavolta. Anche la riuscita di Expo e il dopo-Expo, con particolare riferimento al destino delle aree, faranno sentire il loro peso.

Infine, l’incognita “partecipazione”: non è detto che si replichi la grandissima mobilitazione che nel 2011 portò al cambio di giunta, visto che spenti i clamori della campagna elettorale la giunta è andata per la sua strada senza troppe sfumature arancioni e con puntate francamente dirigistiche. Ancora più seria l’incognita “periferie”, sostanzialmente abbandonate da un governo provincialmente centrostorico-centrico, che non ha saputo vedere l’enorme potenziale della città oltre le mura spagnole e la seconda circonvallazione. Ogni possibile e necessarissima “visione” non può che esercitarsi lì. Fatto che i cittadini “periferici” -giustamente- si sono legati al dito.

 

leadershit, Politica Ottobre 22, 2012

Lombardia: “uomo forte”? No, squadra “leadershit”

Dunque: Berlusconi non vuole Gabriele Albertini, ma per la presidenza di regione Lombardia indica Bobo Maroni, e secondo me ha molte ragioni. Per il futuro nazionale ma anche per presente lombardo: l’ex ministro degli Interni ha entusiasmato i gazebo leghisti, può catalizzare un processo di rifondazione popolare del centrodestra che né Albertini né Maurizio Lupi avrebbero la forza di condurre.

Nell’altro schieramento Umberto Ambrosoli, rifiutando la candidatura dopo attenta e responsabile riflessione, ha rimesso la palla al centro. Nella sua intervista a “Repubblica”, che paradossalmente è un vero manifesto politico, dice molte cose condivisibili: in particolare là dove sostiene di non voler essere, in quanto figlio dell’eroe borghese, “la figurina perfetta” -anche questo, dei figli e delle mogli dei martiri, può costituire una forma di familismo amorale, e Ambrosoli fa benissimo a prendere le distanze- e che non si deve “delegare nulla al salvatore di turno, indicando la necessità che il candidato si presenti da subito con la sua squadra, facce, nomi e cognomi.

Di solito non va così. Di solito chi vince poi fa i conti con i suoi alleati, e distribuisce gli incarichi secondo complesse logiche spartitorie che spesso prescindono del tutto dalla competenza, a danno dei governati.Visto un sacco di volte.

A me invece, da elettrice, piacerebbe sapere prima quale assessore alla sanità, alla cultura o al bilancio mi ritroverò, se scelgo quel candidato, e non dover ingoiare bocconi amari ex-post, come è capitato più volte. E mi piacerebbe poter vedere definitivamente smantellata, almeno a centrosinistra, la retorica insopportabile dell'”uomo forte”, del “salvatore”, come lo chiama Ambrosoli, a tutto vantaggio della rete e della squadra, in chiave leadershit.

C’è però una cosa, tra quelle che dice Ambrosoli, che non mi convince per niente: e cioè che “l’iniziativa non deve scattare dai partiti“. I partiti sono sì delle bestie tremende, da controllare a vista, ma la società civile può essere la notte in cui tutte le vacche sono nere. In nome di una non meglio identficata società civile si sono già viste condurre operazioni ben peggio che partitocratiche, o addirittura autocratiche: l’uomo solo, per l’appunto, che decide senza contrappesi.

I finti “non-partiti” spesso adottano le logiche dei partiti, peggiorandole.