Mi imbatto per caso dopo molto tempo nella domenica pomeriggio di Rai Uno (dovevo stirare: sottofondo perfetto). Un onesto Massimo Giletti con la sua Arena, quindi il solito gran circo con Paola Perego nel ruolo della dominatrix.

Ora: vero che il target della domenica pomeriggio è anziano, casalingo e di bocca assai buona. Ma è giusto, mi chiedo, che questa brava gente debba accontentarsi di così poco? Show sciatto, tutti seduti in cerchio, ogni tanto qualcuno si alza e fa una cantata. Facce a cui non sapresti dare un nome ma che da almeno una trentina d’anni non si schiodano di lì, più qualche new entry che per essere inquadrata un secondo in più ammazzerebbe il nonno. Paolo Limiti con la sua tinta arancio porta al solito una ricca aneddotica sullo showbitz, da Marilyn Monroe all’Eiar (quanto meno è un professionista robusto, sa rianimare la conversazione, è consapevole di stare in tv). Paola Perego non è certo una deb, ha i suoi anni anagrafici e di carriera, ma sembra scaraventata lì last minute a sostituire qualcun altro. Una mesta camiciola, nessuna energia, forse le piacerebbe condurre qualcosa di meno cheap, o magari non ha digerito, la voce è lagnosa, i tempi antitelevisivi, un’antipatica naturale, una palla mortale. Un astrologo triste e ignoto minaccia -leggendo i gobbi- i segni zodiacali a cui nel 2015 toccherà vedersela con Saturno (domanda: ma dove li vanno a prendere tutti quanti? risposta: non intendo essere querelata). A un certo punto ci cucchiamo pure la Cuccarini (no, svegliatemi da questo incubo) con un parruccone nero da Rapunzel.

Grazie al cielo anche l’ultima federa è stirata, stacco in simultanea ferro e Rai Uno.

Quando il premier Renzi parla di una tv pubblica che sappia svolgere una funzione educativa non avrà certo in mente il maestro Alberto Manzi (che Dio l’abbia in gloria) o A come agricoltura (anche). Educativo è, per cominciare, fare bene quello che sei chiamato a fare in cambio di cachet sicuramente non male -preparandoti, studiando, sentendo tutta la responsabilità di parlare a milioni di persone, tenendogli adeguatamente compagnia con una conversazione gradevole e intelligente su qualsivoglia contenuto, erogando energia- e se proprio non ti viene o non ne sei capace, se non riesci nemmeno a recitare garbatamente quello che ti scrivono gli autori, magari mollare il colpo, perché no? Saper stare in tv non è roba da tutti.

La parola rottamazione non mi è mai piaciuta, ma è piuttosto evidente che mentre tutti quanti noi navighiamo a vista in mari procellosi, ci sono baluardi che resistono, gente asserragliata, privilegi che non decadono.

Almeno poi nessuno si chieda come mai i cittadini non hanno voglia di pagare il canone.

p.s: precisazione doverosa: io adoro il pop. Io voglio il pop! Non pretendo dibattiti su Elias Canetti e interviste ad Hans Magnus Enzesberger. Ma c’è pop e pop! Che pensa il pop come brutto-libero è un nemico del pop.