Browsing Tag

maria spilabotte

diritti, Donne e Uomini, Politica, questione maschile Maggio 6, 2015

Amore e rispetto per le sorelle prostitute. Ma quello non è un mestiere come un altro

Amore e rispetto per le sorelle prostitute. Per quelle “autodeterminate” (secondo gli addetti ai lavori, non più del 5 per cento del totale) e a maggior ragione per le schiave sessuali, le prostituIte. Quando dico amore e rispetto penso alle facce e ai corpi di mie vere amiche, nate donne o trans, con cui ho condiviso intimità e pensieri, e che per me sono state come tutte quante le altre mie amiche. Non mi sono mai sognata di discutere la loro scelta, ho raccolto senza giudizi le loro confidenze sulla brutalità (o sulla ridicolaggine) dei loro clienti, e se mi stanno leggendo potranno testimoniarlo nel proprio cuore.

Per esempio con Tizia ho riso molto mentre mi raccontava di quell’illustre professore che adorava farsi passeggiare con i tacchi a spillo sulla schiena ed eventualmente prendersi due cazzottoni. O di quel tale, ometto minuscolo e calvo che si presentava in corsetto e reggicalze sotto il paltò: nel tragitto dall’auto all’appartamento lei si vergognava da morire, temendo che qualcuno la vedesse in compagnia del mostriciattolo en travesti. Perché, cari clienti, bisogna che lo sappiate: le prostitute ridono molto di voi e delle vostre comiche perversioni (a volte sono meno comiche, e allora c’è poco da ridere).

Le schiave sessuali sono più difficili da avvicinare. Qualche giorno fa percorrevo una strada interna della Sicilia, assolata e profumata di zagara. Ogni dieci metri una ragazza nigeriana, in qualche caso proprio una bambina. Ho notato che portano quasi sempre qualcosa di rosso, sono truccatissime e di costituzione abbondante: grossi seni, grandi sederi in mostra. Ho visto un vecchietto che ne scaricava una. Ho pensato: povera te, che ti tocca farti toccare da quel papa smanioso. Meriteresti l’abbraccio vigoroso di un giovane che ti ama veramente.

Davvero pensate che una donna possa disprezzare o detestare queste creature? Le cosiddette “abolizioniste” sperano solo di poter ridurre il danno per il maggior numero e di contenere in un minimo residuale la necessità di prostituirsi per vivere. A Pia Covre -Comitato per i diritti civili delle prostitute- dico che possiamo anche ragionare sulle tutele che le lucciole autodeterminate chiedono da decenni, al netto del fatto che non siamo più negli anni Settanta né Ottanta: il quadro della prostituzione è drammaticamente mutato, ormai si tratta quasi interamente di schiavitù. Quello che non ci si può chiedere è di considerare la prostituzione un mestiere come un altro. 

La prostituzione non è un mestiere come un altro. Chi vuole liberamente prostituirsi lo faccia, proponga le misure che per la sua esperienza sono necessarie a ridurre il rischio sociale e tutti gli altri pericoli: discutiamone. Ma non chieda pacificazione e normalizzazione di quella che resta una ferita aperta: il mercato tra una sessualità maschile abusante, che paga per il “diritto” di esercitare sul corpo di una donna pratiche -spesso ripugnanti- di compensazione identitaria, e il bisogno femminile di campare. Le belle de jour sono figure letterarie, minoranza nella minoranza già esigua delle libere professioniste, la maggioranza della quali ha certamente intrapreso il mestiere per mettere insieme il pranzo con la cena. Quanto al restante 95 per cento, è stato sbattuto in strada per fare mangiare abbondantemente i businessmen criminali.

La prostituzione non può essere normalizzata perché rappresenta lo scacco delle relazioni tra donne e uomini, la perversione del dominio di un sesso sull’altro. E questo riguarda tutte le donne, non solo le prostitute.

Rispetto anche per chi, come la senatrice piddina Maria Spilabotte, è convinta che la strada giusta sia costituita da regolarizzazione, zoning, certificati di idoneità rilasciati dalle Asl e altre misure del genere. Il mio dissenso è radicale. Mi pare che Spilabotte, che è molto simpatica e disponibile, dica cose davvero allucinanti. Se non avete letto l’intervista pubblicata su “Io donna” qualche giorno fa, ve la ripropongo qui.

Fatevi un’idea.

 

*************************************************************************************

 

Così, così, così”: sulla condizione di prostituta “Filumena Marturano” dice ancora l’essenziale. Quella “guagliona” raccontata da Eduardo, costretta al mestiere dalla miseria e dalla fame. Poi sono venuti gli anni Settanta-Ottanta delle sex worker emancipate e autodeterminate. Ma oggi la tratta dei migranti, il più colossale business d’Occidente, ci ha riportato a Filumena. Anzi, peggio: schiave, decine di migliaia, il 95 per cento di tutta la piazza. Le prostituIte*: mercato che in Italia vale almeno 1,5 miliardi annui, con 9-10 milioni di prestazioni erogate al mese (dati Direzione Nazionale Antimafia). E’ questa la situazione con cui la politica deve fare i conti. Tra i vari disegni di legge depositati in Parlamento, quello a prima firma Maria Spilabotte, senatrice Pd: proposta di regolarizzazione che agita il movimento delle donne. E anche la Chiesa (il suo parroco, a Frosinone, l’ha semi-scomunicata). Il più dell’Europa -il Nord, la Francia, perfino l’Olanda delle ragazze in vetrina: la tratta è fiorente anche lì- va da tutt’altra parte: restrizioni, punibilità dei clienti, in coerenza con la risoluzione Ue firmata dalla laburista Mary Honeyball, che definisce la prostituzione una forma di schiavitù incompatibile con la dignità umana”. E indica il modello svedese –lì si sanziona il cliente- come quello da seguire. Perché mai noi dovremmo viaggiare contromano? In Germania la legalizzazione (2002) è stata un disastro: oggi è il bordello d’Europa, il business della tratta ancora più fiorente, e la politica non sa come cavarsi dall’impiccio.

“Non sarebbe come in Germania “dice Spilabotte. “Lì ci sono megabordelli gestiti da impresari del sesso. Io voglio autoimprenditorialità, iscrizioni alle Camere di Commercio…”.

In Germania si sono iscritte in 44 su 400 mila…

“Si deve comunque tentare. Ci sarà anche a un colloquio nelle Asl per ottenere l’idoneità psicologica”.

Mi immagino le file…

“… in qualunque Asl d’Italia. Si deve tenere conto delle ragioni di discrezione”.

A molte sex worker il suo ddl non piace.

“Perché non vogliono pagare il tesserino: 6000 € per il full time, 3000 per il part-time. E non gli va che i loro nomi siano comunicati in questura. Ma non è una schedatura. E’ un albo. Come per i notai”.

E comunque di libere sex-worker ce n’è pochine. 9 su 10 sono schiave di tratta.

“Regolarizzare serve proprio contro la tratta”.

Carolyn Maloney, comitato anti-tratta al Congresso Usa, dice il contrario:“C’era una volta la convinzione naif che legalizzare la prostituzione consentisse di migliorare la vita delle prostitute e di scacciare il crimine organizzato. Come tutte le fiabe, anche questa convinzione si è rivelata pura fantasia”.

“Sono le politiche proibizioniste ad aver clandestinizzato la prostituzione e foraggiato gli schiavisti”.

Insomma: il modello svedese a lei non piace.

“Da noi è inapplicabile. Lì c’è un gran lavoro sull’educazione sessuale e sulle pari opportunità. Ci sono fondi anti-tratta. Qui non abbiamo nulla. E il tasso di inoccupazione femminile è il più alto d’Europa: molte donne  come potrebbero sostenersi?”.

Ah, capisco! Prostituirsi è un’opportunità di lavoro come un’altra!

“Be’, anche quelli di muratore o badante sono mestieri che si fanno solo per il pane. Ognuna usi il proprio corpo come crede”.

La Consigliera di parità del Governo, Giovanna Martelli, si è espressa a favore dei quartieri a luci rosse. Poi Palazzo Chigi l’ha stoppata. Secondo lei il suo ddl piace a Renzi?

“Non è del tutto chiuso. Teme il giudizio della Chiesa, ma in questi tempi di vacche magre è anche allettato dal tesoretto fiscale”.

Lei sa che per Expo sono attese 15-20 mila prostitute?

“Il sindaco dovrà indicare le zone dove esercitare. Ma le sembra giusto che tutti i soldi che guadagneranno in Italia poi vengano portati all’estero?”.

Insomma, ci vorrebbe lo Stato pappone. Come ai bei vecchi tempi.

“Ma lo Stato è già pappone! Impone forfait fiscali secondo i conti correnti o la casa che hai comprato. Tanto vale pagare le tasse giuste”.

Crede che la sessualità maschile sia immodificabile, come un dato di natura? C’è la legge di gravità, e poi ci sono gli uomini che pagano per il sesso…

“Mai pensato. Bisogna educare alla sessualità e all’affettività. Prevenire, come per lo stalking e i femminicidi. Ma è un lavoro lungo, di anni e anni”.

 

 

diritti, Donne e Uomini, Politica, questione maschile Aprile 11, 2015

Forse ci sono questioni ben più importanti del quartieri a luci rosse: un’urgenza che appare sospetta

Cambiare la legge della senatrice Lina Merlin, che con il coraggio delle pioniere riuscì a far abolire le case chiuse: cui prodest? Istituire quartieri a luci rosse, formalizzare che la prostituzione è un mestiere come un altro, o forse anche meglio di altri, con tanto tasse e contributi e addirittura test attitudinali nelle Asl per capire se si è adatte alla professione: per quale ragione una simile stramobilitazione bipartisan di parlamentari, da Scelta Civica al Pd (prima firmataria della proposta di legge è la senatrice piddina Maria Spilabotte) in sostegno di una riforma assolutamente anacronistica e, come dimostrato dall’esperienza da altri paesi, vedi Germania, del tutto inefficace contro la tratta delle schiave sessuali (una lunga e articolata inchiesta potete leggerla qui)?

Sarebbe bello vedere i parlamentari mettere tutta questa straripante energia nella realizzazione di riforme ben più impellenti che cambierebbero la vita della stragrande maggioranza delle cittadine e dei cittadini. Ne dico alcune? L’abolizione dell’odiosa pratica delle dimissioni in bianco; la piena applicazione della legge 194; l’apertura di un definitivo dibattito sulla legge 40 sulla fecondazione assistita, progressivamente martoriata dalle sentenze e ancora in attesa di linee guida; la discussione sul testamento biologico e sul fine vita, sollecitato da ripetuti e accorati appelli; una legge sulle coppie di fatto; la cittadinanza per i bambini nati in Italia da coppie straniere; lo smart work o lavoro agile. Devo continuare? Non per fare i benaltristi, ma se i parlamentari hanno tutta questa voglia di lavorare di cose da fare ce ne sono a bizzeffe.

E invece no. Ignorando deliberatamente quello che capita nel resto del mondo e che va in tutt’altra direzione – una recente risoluzione europea ha definito la prostituzione come “una forma di schiavitù incompatibile con la dignità umana”- e rinunciando del tutto al progetto di un discorso sulla sessualità maschile –data per immodificabile-, discorso finalizzato alla riduzione del ricorso allo sfruttamento sessuale, il multiforme drappello di parlamentari si dà un gran daffare con un manifesto-evento oltre la Merlin, con tanto di sex worker testimonial (la turca Efe Bal, sempre lei, forse non ne trovano altre, che coglie la ghiotta occasione per proporsi come ministra).

Se a ciò aggiungiamo che il governo Renzi non sembra affatto favorevole all’innovazione (una sortita a favore dello zoning della consigliera di parità Giovanna Martelliè stata gelidamente rigettata come “opinione personale”), la domanda viene spontanea: a chi giova? In nome di chi e che cosa una simile urgenza, visto che le libere professioniste non costituiscono più del 5 per cento delle prostitute, contro un 95 per cento di schiave? In un Paese, il nostro, in cui come abbiamo visto perfino la “carne migrante” diventa occasione di business (e che business! più redditizio perfino della droga), che cosa si deve pensare?

Si fa peccato a pensare male, e a chiedersi: che cosa c’è sotto?

 

Corpo-anima, Femminismo, Politica, questione maschile Febbraio 13, 2015

Gli intoccabili diritti del c…o: la Consigliera di Parità (!) del governo difende i quartieri a luci rosse

Giovanna Martelli, consigliera di parità del governo Renzi

 

  • Dunque Giovanna Martelli, consigliera per le Pari Opportunità del governo Renzi, decide di rompere il suo abituale silenzio per schierarsi con veemenza a favore della zona rossa per la prostituzione all’Eur. La consigliera per la Parità –non ci credo, non può essere vero- trova che sia giusto istituire un quartiere dove gli uomini possano andare in tutta tranquillità a farsi una s…a o altro a pagamento e anzi, rampogna i suoi compagni di partito, invitandoli a “riconnettersi con la realtà dei problemi. Devono fare uno sforzo, avvicinarsi alle persone”, poiché “viviamo in una società del mercato e del consumo, dove c’è una domanda sempre più forte di sesso da pagare in denaro”. Secondo la consigliera di Parità si tratterebbe di prenderne atto per rendere il tutto più agevole e decoroso. In altre parole, l’omo è omo, o anche, detto lacanianamente, il Fallo è il Grande significante, a quanto pare anche delle Pari Opportunità, e non è nemmeno immaginabile che la sessualità maschile rinunci alla possibilità di usare il corpo di una donna come se fosse una cosa morta. Insomma: la prostituzione viene incontro a un bisogno fisiologico ineliminabile, che somiglia pericolosamente a un diritto.

Strano, perché viceversa  in Svezia, in Norvegia, in Canada, in Islanda e altrove si pensa senza mezzi termini che la prostituzione rappresenti una forma di sfruttamento e che derivi sempre da uno squilibrio di poteri. E, nota interessante per una consigliera di parità, si ritiene che poter comprare donne per fare sesso alimenta una percezione della donna che pregiudica la parità dei diritti e danneggia tutte quante. Di più:  la legalizzazione non serve a nulla contro la tratta, anzi la favorisce.

Dal 1999 la Svezia punisce clienti, papponi e trafficanti, ma non le prostitute. Risultato: in Svezia la prostituzione è diminuita e non è più un grande affare per gli sfruttatori, e un numero crescente di giovani maschi  dimostra non solo di poter vivere senza andare a p…e, ma anzi considera quello dei puttanieri un comportamento indegno e riprovevole. L’Europa indica il modello svedese come l’eccellenza a cui fare riferimento: anche in Uk ci stanno pensando seriamente, e la Francia ha calendarizzato a fine marzo il dibattito parlamentare per introdurre la punibilità dei clienti.

Ma proprio mentre quegli strambi dei francesi discuteranno di questo, il nostro Senato sarà probabilmente impegnato a dibattere sul disegno di legge Spilabotte & altre, che sembrerebbe intenzionato a importare un prodotto, quello della regolarizzazione della prostituzione, già ampiamente scaduto altrove, perfino nell’Olanda dei sex club e delle ragazze in vetrina dove il numero delle “professioniste” regolarizzate è molto basso, il fenomeno della tratta è addirittura aumentato secondo il rapporto di polizia dal titolo di Schone Schijn (Salvare le apparenze), e almeno il 90 per cento delle prostitute risponde ai magnaccia. L’obiettivo di recidere i legami tra prostituzione e criminalità è fallito. Ogni anno vengono riciclati nei Paesi Bassi 18,5 miliardi, il 10 per cento dei quali derivano dal gioco d’azzardo e dallo sfruttamento della prostituzione.

Proponendo di togliere le ragazze dalla strada per metterle in luoghi chiusi e sottratti alla vista dei cittadini, il ddl Spilabotte sembra ignorare anche il fatto che lo sfruttamento sessuale avviene soprattutto al chiuso: è lì che le ragazze corrono maggiori rischi e sono più controllate. Nel ddl si parla di depenalizzazione dei locatori di immobili, si istituisce lo stato pappone, stabilendo precise tariffe per l’autorizzazione a battere -6.000 per l’attività full time, 3.000 per quella part time- con relative sanzioni per chi non si è registrata in Camera di Commercio. E si parla addirittura di certificati di idoneità psicologica alla prostituzione(!!!!!!) rilasciati dalle Asl (*).

Dice Carolyn Maloney, fondatrice del comitato anti-tratta al Congresso degli Stati Uniti: “C’era una volta la convinzione naif che legalizzare la prostituzione consentisse di migliorare la vita delle prostitute, di eliminare la prostituzione nelle zone dove rimaneva illegale e di scacciare il crimine organizzato. Come tutte le fiabe, anche questa convinzione si è rivelata essere pura fantasia”. Perché noi mostriamo, da Paese di retroguardia, di crederci ancora?

Difficile capire che cosa abbia indotto la parlamentare del Pd Maria Spilabotte (e le sue colleghe) a esercitarsi appena eletta su una questione così delicata. Ma se ancora vi fossero dei dubbi sul fatto che contro la tratta e lo sfruttamento della prostituzione la strada non è questa, mi permetterei di suggerire a lei, alla consigliera Martelli e a tutte la lettura di un’impressionante inchiesta di Der Spiegel intitolata “Bordello Germania”, dove si racconta il fallimento della decennale legalizzazione della prostituzione, della nascita di megabordelli “all you can eat”, dove puoi avere sesso a volontà con una tariffa forfettaria, un mercato fatto per l’80 per cento di schiave bulgare e rumene anche vendute dalle famiglie in tempo di crisi. Su 400 000 prostitute solo 44 sono ufficialmente registrate. Il Ministero della Famiglia tedesco sostiene che non vi è stato “ alcun apprezzabile miglioramento reale nella sicurezza sociale delle prostitute”. Per un terzo dei pubblici ministeri tedeschi la legalizzazione della prostituzione ha reso anzi più complesso il loro lavoro contro la tratta e lo sfruttamento.

Perché dovremmo oggi intraprendere una strada già verificata come fallimentare, baloccandoci con l’idea –o l’ideologia- delle prostitute autonome e per libera scelta (“professioniste” che l’associazione Papa Giovanni XXIII, impegnata su questo fronte, valuta in un esiguo 5 per cento)? La consigliera Martelli dice che “se c’è da cambiare la legge Merlin, va bene, facciamolo”. Ma prima di cambiarla e di fare stupidaggini contro le donne, proviamo quanto meno a dare un occhio alla risoluzione europea proposta dall’inglese Mary Honeyball e approvata a maggioranza, secondo la quale sfruttamento sessuale e prostituzione hanno pesanti conseguenze sulla parità tra i sessi, e che indica come prioritaria la lotta alla tratta e allo sfruttamento, utilizzando come strumento la punibilità di chi acquista servizi sessuali e non di chi li vende. Ecco alcuni passaggi della risoluzione, interessanti anche per i clienti irriducibili: chissà che non si smuova qualcosa nelle loro coscienze ottusamente testosteroniche.

 La prostituzione è una forma di schiavitù incompatibile con la dignità umana.

La maggioranza delle persone che praticano la prostituzione sono persone vulnerabili all’interno della nostra società.

Vi è un impatto della crisi economica sul crescente numero di donne e ragazze minorenni, comprese le donne migranti, obbligate a prostituirsi.

L’80-95 per cento delle persone che praticano la prostituzione ha subito forme di violenza prima di iniziare a prostituirsi (stupro, incesto, pedofilia), il 62 per cento riferisce di avere subito uno stupro e il 68 per cento soffre di un disturbo post-traumatico da stress, (una percentuale analoga a quella delle vittime di tortura).

La prostituzione e la prostituzione forzata sono fenomeni di genere che coinvolgono circa 40-42 milioni di persone al mondo, la grande maggioranza delle persone che si prostituiscono è costituita da donne e ragazze minorenni, quasi tutti i clienti sono uomini e la prostituzione è pertanto al contempo causa e conseguenza di una disparità di genere che aggrava ulteriormente.

Lo sfruttamento della prostituzione è strettamente legato alla criminalità organizzata.

Qualsiasi politica in materia di prostituzione influisce sul conseguimento della parità di genere, sulla comprensione delle questioni di genere e trasmette messaggi e norme alla società, compresi i giovani.

La prostituzione e la prostituzione forzata incidono sulla violenza contro le donne in generale, dal momento che le ricerche sugli acquirenti di servizi sessuali dimostrano che gli uomini che acquistano sesso hanno un’immagine degradante delle donne; si suggerisce quindi alle autorità nazionali competenti di affiancare al divieto di acquistare servizi sessuali una campagna di sensibilizzazione tra gli uomini.

La normalizzazione della prostituzione ha un impatto sulla violenza contro le donne: dati dimostrano come gli uomini che acquistano servizi sessuali siano più inclini a commettere atti sessualmente coercitivi e altri atti di violenza contro le donne e spesso mostrino tendenze misogine.

I mercati della prostituzione alimentano la tratta di donne e minori e aggravano la violenza nei loro confronti soprattutto in paesi in cui l’industria del sesso è stata legalizzata.

I dati dimostrano che la criminalità organizzata svolge un ruolo di rilievo laddove la prostituzione è legale.

Depenalizzare l’industria del sesso in generale e rendere legale lo sfruttamento della prostituzione non è una soluzione per proteggere donne e ragazze minorenni vulnerabili dalla violenza e dallo sfruttamento, ma sortisce l’effetto contrario.

Il modo più efficace per combattere la tratta di donne e ragazze minorenni a fini di sfruttamento sessuale e per rafforzare la parità di genere segue il modello attuato in Svezia, Islanda e Norvegia (il cosiddetto modello nordico), e attualmente in corso di esame in diversi paesi europei, dove il reato è costituito dall’acquisto di servizi sessuali e non dai servizi resi da chi si prostituisce.

La riduzione della domanda dovrebbe essere parte di una strategia integrata per la lotta contro la tratta di esseri umani negli Stati membri; la riduzione della domanda può essere raggiunta mediante disposizioni legislative che facciano ricadere l’onere criminale su chi acquista servizi sessuali piuttosto che su chi li vende, nonché mediante l’imposizione di ammende per rendere la prostituzione finanziariamente meno remunerativa per le organizzazioni criminali/la criminalità organizzata.

 

* dal ddl Spilabotte:

“1. Per l’esercizio volontario della prostituzione
è necessario:
a) comunicare presso una qualunque
sede delle camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura (CCIAA) presenti
sul territorio nazionale l’intenzione di esercitare
la professione;
b) corredare la comunicazione di un
certificato di idoneità psicologica ottenuto
presso una qualunque azienda sanitaria locale
(ASL) sul territorio nazionale, che attesti
la effettiva volontà personale ad esercitare
la professione, in assenza di condizioni
psicologiche che evidenzino stati di vulnerabilità,
costrizione, debolezza e che sia anche
strumento di informazione circa le misure
volte a favorire l’inserimento sociale di coloro
che vogliono uscire ed affrancarsi dalla
prostituzione;
c) il pagamento anticipato, su conto
corrente intestato alla CCIAA alla quale si
è scelto di effettuare la comunicazione, di
una somma stabilita in euro 6.000 per l’esercizio
full-time e in euro 3.000 per l’esercizio
part-time, specificando tre dei giorni della
settimana durante i quali si decide di esercitare.
2. È facoltativo allegare alla comunicazione
di cui al comma 1 un certificato di
sana e robusta costituzione che escluda la
positività a qualunque malattia che potrebbe
essere trasmessa per via sessuale”.

 

 

 

Donne e Uomini, questione maschile Febbraio 9, 2015

Prostituzione: il diritto maschile alla “scarica”. E tutto il resto. Come stiamo tornando indietro, incapaci di reagire

Meno male che c’è quel bravo ragazzo di Carlo Verdone, che intervenendo nel dibattito sulla prostituzione all’Eur e zona a luci rosse, la butta lì, quasi scusandosi: “è una mossa viziata da un errore etico di base, ammettere che il corpo femminile possa essere messo in vendita. Sarò all’antica e sarò ingenuo, ma non posso accettare una cosa simile“.

Intanto ci sono donne in Parlamento, come la senatrice Pd Maria Spilabotte, che progettano la legalizzazione della prostituzione: il mestiere “più antico del mondo” diventerebbe a tutti gli effetti “una professione come un’altra”, benché di “professioniste” autogestite si possa parlare a dir tanto nel 20 per cento dei casi, visto che per il restante 80 per cento si tratta di schiave sessuali. Sempre più giovani: Lolita, mica la Gradisca. Una pseudo-pedofilia. Come le ragazzine vendute con tanto di pezzo di marciapiede dai rumeni a Milano, o le “massaggiatrici” dei bordelli cinesi che infestano le nostre città.  Un bel quartierino ordinato a luci rosse, con tanto di controlli sanitari e dichiarazione dei redditi, e tutte le altre, 8 su 10, spesso prive di permesso di soggiorno, che continueranno a battere nascoste nel resto della città, reiette tra le reiette. Come se bastasse una decisione amministrativa a fare ordine in quel grande disordine simbolico che è lo sfruttamento sessuale.

Certo: spiacevole entrare nell’androne di casa tua e scoprire cliente e prostituta che si accoppiano, o affacciarti alla finestra e vedere auto in sosta che sobbalzano: ma che cosa ci preoccupa di più? il decoro dello stabile o la riduzione a povere cose di decine di migliaia di donne? Che cosa pensiamo di ottenere rivendicando di non vedere?

Il diritto maschile alla “scarica” è il grande indiscusso: la sessualità degli uomini è questo, non ci si può fare niente. C’è stato un tempo in cui si provava a parlarne, ma a quanto pare quel tempo è finito. Le cronache ci parlano degli aguzzini che sfruttano le ragazzine, ma mai una parola sugli uomini che di quella carne in schiavitù godono (rimozione assoluta del godimento femminile, la donna definitivamente Altra) e senza i quali il business non esisterebbe. Che gli uomini comprino carne di donna in vendita è un dato di natura immodificabile. Forse, anzi, si potrebbe mutuare dall’Islam l’istituto del matrimonio temporaneo o nikah al mutah (letteralmente: matrimonio di godimento), che consente ad un uomo di contrarre matrimonio per un periodo limitato nel tempo, qualche ora, qualche giorno: la prostituzione secondo il Profeta e la Sharia, nel caso 4 mogli non bastassero. Senz’altro più ordinato e decoroso che i copertoni per strada.

La grande normalizzazione, o backlash, prevede tra le altre cose anche il ritorno all’aborto clandestino, in assenza di qualunque discorso pubblico: se ne riparlerà a marzo al Parlamento Europeo, ma grandi mobilitazioni non se ne vedono, diciamo la verità. Quasi nessuna fa un plissé. Non vogliamo vedere, non vogliamo sapere, il femminismo di Stato va alla grande, 50/50 anche nelle assemblee di condominio, ma ”sottomissione” è una parolina molto up to date, l’illuminismo un vecchio arnese, l’ormai inevitabile civilization change prevede che si abbassi un bel po’ la cresta.

Recensendo il romanzo di Michel Houellebecq Marco del Corona sostiene che forse l’autore “vuole offrirci, dopo tanto scoramento, un barlume di speranza: se c’è un argine alla sottomissione romanzesca prefigurata da Sottomissione, può venire solo dalle donne”.

E lo psicoanalista Fethi Beslama, sottolineando che “l’assioma che soggioga la soggettività maschile è godere delle donne e odiare il loro desiderio”, (Dichiarazione di non sottomissione – Poiesis) e inscrivendo nell’agonia del patriarcato la violenza del fondamentalismo islamico, sostiene che “la catena della schiavitù e della politica disumana non può essere spezzata se le donne rimangono asservite a questa configurazione del femminile, chiuse sotto chiave dalla sovranità dispotica dell’uomo stallone”.

Cito due uomini, non due femministe. Non sarebbe il momento di discuterne?