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Donne e Uomini, Politica Febbraio 23, 2011

LE ROMPIC….NI

barbara ciabò

Ce lo ricordava pochi giorni fa Luisa Muraro, in caso ce lo fossimo scordate: le donne reali con corrispondono agli ideali di nessuno. Anche le donne libere, aggiungo io.

Barbara Ciabò, consigliera Fli milanese che a Milano presiede la Commissione casa, e che con la sua tignosa richiesta di trasparenza ha scatenato Affittopoli, non ha poi tutti questi fan tra i suoi colleghi.

Flavia Perina, intelligente, coraggiosa e aperta direttora del Secolo d’Italia, è messa alle spalle al muro dagli ex An fedeli a Berlusconi che la vogliono sostituire.

E anche sull’imbarazzante vicenda di Giuliano Pisapia, candidato sindaco per il centro sinistra a Milano inciampato a sua volta in Affittopoli, che una voglia capire fino in fondo non è affatto apprezzato. Taci, vai avanti, non rompere i c…

Fedeltà, non libertà. Questo sì che è molto apprezzato in una donna.

flavia perina

Politica Maggio 5, 2010

IL TROPPO CHE NON STROPPIA

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L’informazione può essere partigiana, tendenziosa, pilotata, scorretta, non accurata, insufficiente, sbagliata, inutile e pure marchettara. Può avere un sacco di difetti. Anzi, ce li ha. Ma ha anche la caratteristica di non essere mai abbastanza libera, e di non essere mai troppa.

Strano che il Presidente del Consiglio Berlusconi, tra i politici uno di quelli che di informazione e di comunicazione s’intendono di più, abbia potuto dire che in Italia di libertà d’informazione “ce n’è fin troppa”. Se gli osservatori internazionali di Freedhom House ci classificano tra i paesi a informazione “partly free”, come Thailandia, Congo e Filippine, se siamo l’unica nazione in zona euro ad essere definito in questo modo, se stiamo al 72esimo posto nel mondo per libertà d’informazione, si potrà anche dire che esagerano, che non ci risulta, che ci piazziamo almeno al 50esimo o anche al 30esimo posto, ma certo non che di libertà di informazione da noi “ce n’è fin troppa”.

E’ vero che sono i giorni della grana Scajola, che come molti altri spiacevoli casi che riguardano la nostra classe politica non sarebbe mai venuto a galla se la nostra informazione non avesse almeno quel po’ di libertà. E’ vero che si sta discutendo di intercettazioni, e la questione è rovente. E’ vero anche che, come si evince dalla difficile dialettica interna al Pdl, che il presidente Berlusconi è un manovratore che non tollera di essere disturbato. E’ vero, soprattutto, che chi di media ferisce, chi costruisce il suo potere, come nessuno mai prima, su una straordinaria macchina mediatica, e con indubitabile talento, non può che essere ossessionato dall’idea che di media si può anche perire. E’ vero, in sintesi, che la questione dell’informazione oggi è strategica.

Ma sentir dire dal proprio premier, uno che la parola libertà la usa come un brand, che la libertà d’informazione è “fin troppa” -e quindi che non sarebbe poi male se ce ne fosse un po’ meno- è cosa che fa davvero tremare le vene dei polsi.

Archivio Maggio 29, 2008

UNA RISERVA INDIANA

Ho incontrato un gruppo di lettrici ticinesi che mi hanno invitato per una piacevole conversazione in una bella villa tra i monti di Melano, dalle parti di Lugano. Un’ala della villa ospita un ricco archivio –letteratura e saggistica femminile- ed è arredata come una confortevole residenza di famiglia, le tazze di porcellana sul tavolo ottocentesco, una piccola galleria con ritratti di signora lungo la scala che sale al primo piano, teche con sussidiari scolastici scritti da valorose maestre primi Novecento, pizzi, ricami e imparaticci incorniciati alle pareti. E la presidente dell’associazione che aveva provveduto personalmente a una squisita crostata di mele e nocciole.
La prima cosa che ho detto alle mie ospiti è stata che, senza offesa, mi pareva di essere in una riserva indiana, in una di quelle mostre sugli Irochesi o sugli Algonchini dove si espongono ninnoli e testimonianze di culture ormai del tutto estinte. Le donne come qualcosa di folk. Come se uno dei due sessi avesse conquistato e depredato il territorio dell’altro, riducendolo in schiavitù e condannandolo all’alternativa omologazione-o-morte, salvo permettergli di esporsi in piccoli musei. Pare che il maschio occidentale non abbia mai avuto in grande simpatia la varietà, la pluralità e la differenza, mosso dall’imperativo della riduzione del tutto all’uno, e a uno preciso a lui. Uno –e una- che se vuole essere libero di esistere deve imparare a vederla come lui, a guardare il mondo come lo guarda lui e a fargli quello che gli fa lui, a percepire lo spazio e il tempo come li percepisce lui (e di conseguenza a lavorare, a fare politica e tutto il resto come lui). A essere libero come lui.
Le signore hanno sorriso, e la spinosa questione che si è posta è se allora quelle donne che vivevano le loro giornate accanto al focolare, chine sui loro lavori di cucito o tutte prese con i bambini fossero per caso più libere di quanto lo siamo noi. Mettiamola così: che lì c’erano tracce di una libertà che ancora non si sa bene com’è.
(pubblicato su “Io donna”- “Corriere della Sera”)