Pubblico qui un articolo dell’amica Ritanna Armeni, da Il Foglio di oggi.

La ministra Elsa Fornero sa il fatto suo e ci tiene a dimostrarlo. Taglia,  bacchetta, predica, pratica rigore e sobrietà. Ed evidentemente non ha tempo per occuparsi di questioni secondarie, marginali quale, per esempio, quella che un gruppo di donne, giornaliste, sindacaliste e imprenditrici, politiche le sta ponendo chiedendo un suo immediato intervento. Lei, alle loro richieste, semplicemente non risponde.

 La questione in termini molto sintetici è questa. Il suo predecessore al Welfare, il ministro Sacconi (che certo non ha acquistato durante il suo mandato la fama di amico dei lavoratori) quando nel maggio del 2008  Berlusconi si insediò al governo, come primo atto ( badate bene, proprio il primo) ha cancellato la cosiddetta legge sulle dimissioni in bianco approvata dal precedente esecutivo. La giudicava burocratica e “demenziale”. In realtà era una legge molto semplice che impediva un abuso grave e diffuso, quello per cui una giovane donna, che trovava un lavoro veniva garbatamente invitata a firmare una lettera senza data nella quale affermava di volersi dimettere. La lettera era  consegnata al datore di lavoro, conservata e usata nel caso la firmataria rimanesse incinta. Allora sarebbe stata tirata fuori dal cassetto e  il licenziamento sarebbe stato immediato e per il datore di lavoro assolutamente indolore.

 Agli occhi della legge si trattava di dimissioni liberamente sottoscritte  di un rapporto di lavoro altrettanto liberamente rescisso. Naturalmente la verità era ed è esattamente opposta. Con il voto della  maggioranza e dell’opposizione nell’ultima fase del governo Prodi  l’imbroglio fu reso impossibile grazie ad  una nuova legge che non era  complicata o minacciosa, che non  prevedeva punizioni, multe, manette. 

La dichiarazione di dimissioni volontarie – dicevano le nuove norme –è valida solo se si utilizzano appositi moduli distribuiti esclusivamente dagli uffici provinciali del lavoro e dalle amministrazioni comunali. Questi moduli sono contrassegnati da codici alfanumerici progressivi e da una data di emissione. Devono essere compilati con il nome del datore di lavoro e del dipendente. Proprio il codice progressivo  assicurava che i modelli non fossero stati compilati prima. Non era possibile contraffarli e, quindi, potevano  essere utilizzati solo se la donna effettivamente voleva lasciare il lavoro. Ogni lettera e ogni dichiarazione fatta, o meglio, estorta in precedenza, non era valida. Semplice no?

E per la ministra Fornero sarebbe semplice anche ripristinarla quella legge, che allo Stato non costa nulla, che va nella direzione della serietà e della fine degli abusi tanto proclamata dal nuovo governo, e che, in un primo momento, prima del’intervento di Sacconi, era stata votata da molti esponenti del Pdl e anche dalla ministra Mara Carfagna allora al ministero delle Pari opportunità come oggi la ministra Fornero.

Invece niente da fare. La lettera inviata alla nuova responsabile del Welfare e delle pari opportunità dalle donne  che chiedono il ripristino di quella legge,  le richieste e le sollecitazioni che si susseguono sul web finora non hanno ricevuto risposta. Neanche due righe, neanche una telefonata dell’ufficio stampa o dalla segreteria del ministero. La ministra, che in nome della parità e dei bilanci rigorosi , ha elevato l’età in cui le donne vanno in pensione, che vuole tagliare ingiustizie e predica l’equità, finora non ha dato una risposta  a chi le  ha scritto chiedendo un suo intervento su una pratica a dir poco vergognosa.  Silenziosa come allora la Carfagna. Che consideri la legge per l’abolizione delle dimissioni in bianco “demenziale” come ha affermato finemente il ministro Sacconi?  

Per favore ce lo dica con chiarezza, anche con un Sms.