Metropolitana milanese. Mamma e figlio cinesi, lui sui dieci anni con borsone da calcio, lei di una pallosità materna senza confini: “Allola mi laccomando, poi asciuga bene capelli se no plendi laffleddole, e sotto metti la maglia (giuro, parlava così, ndr) e poi dimmi a che ola tolni, no come l’altla volta che hai detto sette e sei allivato a otto…”. “E basta ma’! E mollami!” la stoppa lui. “E che strèss! Se ti ho detto le sètte  vuole dire le sètte”, con una “e” che più aperta non si può. Una “e” della Bovisa, del Giambellino, di Quarto Oggiaro (vorrei farvela sentire: un’autentica meraviglia!). Una “e” del Ticinese, di Lambrate, di Gorla, in bocca a quel piccoletto con gli occhi monopalpebra.

L’essenza della milanesità –da sempre- è il meticciato. Il vero milanese è una creatura stralunata e scissa, le radici che pescano a centinaia di chilometri –quasi sempre più a Sud: terroni-, una creatura aggrappata alla città come una patella, attaccamento che si esprime in un fantastico e innamorato slang incapace di dieresi, di “ö”e figuriamoci di “ü” (che diventa “ju”). Il pugliastro dei baby boomers, avete presente? Un’intera generazione di figli di barlettesi, tranesi, baresi e brindisini che ha dato volto e voce a vari decenni di Milano: Celentano, Mazzarella, Jannacci, Abatantuono, Teocoli. Più milanesi del panettone.

Tocca a questi altri, adesso, pazzi di Milano: ragazze filippine (“…ma sei fuoori?”), “pinella” peruviani, piscinine del Senegal che ci riempiono di allegria e vitalità. Seconda generazione, ma è già in arrivo una terza. Più o meno un neonato milanese su tre è figlio di gente che viene da lontano. Il 20-30 per cento degli alunni è di etnia extra e di lingua madre italiana. Ma questi ragazzi hanno un problema in più. In base allo ius sanguinis (italiano chi è figlio di italiani) e alla pessima legge Bossi-Fini sull’immigrazione, solo a 18 anni potranno fare domanda per accedere alla cittadinanza, e con una procedura piuttosto complicata. Un’ingiustizia profonda che potrà essere sanata solo cambiando la norma nazionale. Ma l’amica consigliera comunale del Pd Paola Bocci ha proposto di anticipare gli effetti della riforma con un conferimento di cittadinanza onoraria.

E ce l’ha fatta! Ieri il Consiglio Comunale milanese si è impegnato a conferire con una cerimonia pubblica un attestato di riconoscimento simbolico di cittadinanza italiana ai bambini nati a Milano da genitori stranieri. Dice Paola: “Anche se questo non cambia lo status giuridico, afferma con forza la volontà di vedere i bambini e i ragazzi come tutti uguali, riconoscendoli come risorsa preziosa e insostituibile della Milano di adesso e di quella che verrà. C’è urgenza di cambiare una legge anacronistica… questi bambini si sentono italiani, frequentano o hanno frequentato le nostre scuole, conoscono bene la nostra lingua e sentono come loro questa città… Mi auguro che l’impegno preso oggi sia un monito per chi andà a governare il Paese, perché si impegni da subito a cambiare la legislazione vigente”.

Mi metterò un cappellino, andrò alla cerimonia, piangerò come una fontana.

 

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