Scrive Henry Mintzberg sul “Financial Times”: ogni volta che usiamo la parola leadership dobbiamo tenere bene in mente che isoliamo un uomo per far sì che che tutti coloro che stanno intorno a lui diventino follower. Ma è proprio questo il mondo che vogliamo? Un esercito di seguaci?

Be’, le possibilità sono due: credere a chi, come la psicoanalisi lacaniana, ritiene che l’eclissi della funzione paterna ci sospingerà irresistibilmente verso il Bastone del dittatore e la definitiva passivizzazione -qui in Italia una certa esperienza l’abbiamo-; o al contrario confidare nella mutazione indotta dal web e dalle nuove tecnologie di comunicazione, diventare finalmente protagonisti delle nostre vite, farci spazio nel mondo, neuroni di un cervello planetario globale.

Andrea Vitullo, consulente filosofico, executive coach, docente a Venezia e a Torino, yogi e altro ancora, è convinto che la mistica della leadership sia da rottamare, determinazione espressa nel secco neologismo “Leadershit” con cui titola il suo nuovo saggio (Ponte alle Grazie).

Il leader non è l’eroe che crediamo, ma semplicemente un narciso patologico avvinghiato al proprio potere e bramoso di folle plaudenti: senza follower non è nessuno, come in ogni dialettica servo-padrone che si rispetti. Ed è dimostrato che non garantisce affatto l’efficacia dell’organizzazione di cui è alla guida. Insomma, il leader non è la soluzione, come molti credono (anche in politica): semmai è il problema. Specie da quando il paradigma –o paradogma- economico si è divorato tutto e il profitto è diventato la misura unica.

Senza leader si può? A che serve la vecchia piramide gerarchica, se oggi le cose che contano davvero viaggiano in velocità lungo i gangli di un network neurale e orizzontale? E se i soldi sono l’unico goal, che cosa ne è della vita? Domande epocali indotte dall’indebolirsi della visione maschile –fine del patriarcato- e dall’affermarsi di pratiche femminili, nei riguardi delle quali l’idea di leadershit riconosce un debito. Ed è proprio a 5 donne (Letizia Cella, Annarosa Buttarelli, Antonietta Potente, Lorella Zanardo, e pure me) che in conclusione del saggio sono affidati altrettanti “laboratori leadershit”.

Al posto dei leader “che usano il potere solo per maltrattare persone e mondo”, dice tra l’altro la filosofa Buttarelli, oggi servono “guide che vanno individuate, valorizzate e sostenute sulla base del loro agire disinteressato”.