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larghe intese

ambiente, lavoro, Politica Maggio 19, 2015

Un’altra Italia: ecco la vera partita che si gioca in Liguria

Tanti parlano e scrivono di Liguria in questi giorni. Direi in extremis. In questo blog trovate più di 20 post sull’argomento. Il primo è del 2008.

Ne ho scritto molto perché il caso ligure è paradigmatico, e da tempo. Un laboratorio, come si dice. In troppi se ne accorgono solo ora.

Il fatto è che la Liguria è un’Italia in piccolo: territorio fragile e bellissimo, una dorsale montuosa a picco nel mare, devastato da decenni di malapolitica. Lì le larghe intese ci sono da tanto e si chiamano Partito Trasversale del Cemento per Fare Palanche (in pochi ai danni di tutti). La Liguria è Nord ma è anche Sud: per i numeri sconfortanti dell’occupazione, per la fatica dello sviluppo, per la forza del ricatto politico e del voto di scambio, per gli affari consistenti di ‘ndrine e cosche, per i reati ambientali e gli ecomostri, per la drammaticità dei mutamenti climatici.

In Liguria si vede bene un modello a fine corsa.

Il 31 maggio la Liguria andrà al voto regionale e i commenti di questi giorni si esercitano sul cosiddetto voto utile, sul potenziale di una nuova formazione politica -quella per Luca Pastorino presidente- “a sinistra del Pd”. Sul rischio che a causa di questa formazione “rossissima” o meglio “rosso-rosa-verde” la regione “rossa” non sia più rossa (se è per questo non lo è da un sacco di tempo) e si consegni al centrodestra di Giovanni Toti. Sul rischio di dover passare dal monocolore (grigio cemento) a larghe intese di nome e non solo di fatto: quelle sono al governo da tanti anni, un “partito della regione” che ha procurato gravissimi danni. Sulle varie possibili future geometrie politiche.

Direi che la questione è un’altra, e molto più significativa per la Liguria e per tutti. Si tratta precisamente di quel “cambio di paradigma” di cui si parla da un bel po’. Detto alla buona, si tratta di questo: di sperimentare la possibilità di vivere con il proprio territorio, e non contro il territorio. Di cura e valorizzazione di bellezza e risorse ambientali -langerianamente, di portare la carità (I care) nella politica- per farne occasione di lavoro e di sviluppo. Di fare un passetto indietro, tornando a prima della rapallizzazione, della glassatura della riviera, dei porti e porticcioli, dell’abbandono, del disboscamento, della distruzione dei muretti a secco, esoscheletro che “teneva su” le montagne, per poter finalmente andare avanti. Di conservare quanto serve per progredire. Di ri-radicarsi. Di sposare le nuove tecnologie pulite alla sapienza di un amore antico.

E se riuscisse in Liguria, potrebbe riuscire dappertutto.

Ecco l’importanza della sfida ligure.

 

Politica Ottobre 24, 2013

I mediocri che ci tengono in trappola

La gran parte di noi li vede solo in tv o sui giornali, a me capita con maggiore frequenza di incontrarli anche dal vivo: la sensazione, fortissima, è che ad affrontare la più grave crisi dal dopoguerra ci sia la classe politica più mediocre (sempre dal dopoguerra, ma probabilmente anche da prima)

Qualche settimana fa a un convegno ho ascoltato una parlamentare sprecare i minuti preziosi del suo intervento e della nostra pazienza semplicemente per ribadire quanto fosse felice di essere una parlamentare, così felice che aveva perfino vinto la sua paura dell’aereo, quello era il suo sogno da sempre: grazie a Tizio, Caia e Sempronio che le avevano dato questa opportunità. A certi che conosco da tempo, approdati fortunosamente alla Camera e in Senato grazie all’orrendo combinato disposto Porcellum+ Parlamentarie di Capodanno, non darei da gestire neanche la gabbia del canarino: piccoli e medi funzionari senza cultura, senza idee, senza visione, semplici padroncini di pacchettini di tesserine, che hanno preteso lo scatto di carriera come se lavorassero alle Poste. Almeno una volta studiavano seriamente, per fare politica. Ora neanche la scuola Radio Elettra.

Li vedi girare raggianti per Roma, lo sguardo spiritato di chi ancora non ci crede. Altro che civil servant! Il piglio arrogante è quello del parvenu-e: terrebbero su questa legislatura a ogni costo, a prescindere dai reali interessi del Paese, pur di non ritrovarsi espulsi dal reality senza tornarci mai più e passare il resto dei propri giorni a rimpiangere i bei tempi andati, a cercare di passare una volta in tv, almeno un posticino in una municipalizzata, qualunque cosa pur di non riprecipitare nei gironi infernali dell’invisibilità in cui è condannata a vivere l’ordinary people.

Per questo mi sento di ribadire con tutte le mie forze che usciti dal tunnel della legge di stabilità, se mai ne usciremo, sarà il caso di mettere momentaneamente tra parentesi tutto il resto per dedicarsi a esercitare una fortissima pressione sul tema legge elettorale. Dobbiamo fare di tutto per ottenerne una che minimizzi il potere decisionale dei partiti (perfino una selezione casuale, tipo estrazioni del lotto, produrrebbe risultati migliori), che massimizzi l’apertura delle liste, che consenta ai cittadini di indicare, sostenere e votare veri talenti, gente che ha idee e amore per il mondo, e non solo per se stessa (il narcisismo è ormai fuori controllo).

Ho paura che si pensi: ma sì, con tutti i guai che abbiamo, la legge elettorale può anche aspettare. Ebbene: è proprio su questo che “loro” confidano. Perché la sussistenza del Porcellum è il vero argine che impedisce alle larghe intese di alluvionare. Con una nuova legge elettorale, il desiderio di sperimentarla si farebbe incontenibile.

Vedo in tv Oscar Farinetti di Eataly, con quella sua bella faccia da contadino italiano. Gli chiedono: ma se lei, uomo pratico e imprenditore di grande successo, dovesse indicare qual è la prima cosa da fare? “La legge elettorale” dice lui.“Se non si passa di lì non cambia niente”.

Proprio così. Fidiamoci.