Se permettete vorrei dire la mia sul Capranica ieri.

Anzitutto perché ci sono andata. Non sono una serva felice o una schiava radiosa. Sono una che ha vissuto da dentro e dal principio una lotta politica, quella di Milano, e che ha provato a raccontarla a chi non è di Milano, perché quello che è capitato qui non è facile da capire, soprattutto a Roma. E’ uno switch antropologico e culturale prima ancora che politico. L’ho fatto nel pezzo che vedete pubblicato nel blog, Da Berluscones ad Aranciones. Giuliano Ferrara ha detto che il pezzo gli era piaciuto ma che l’aveva fatto “molto soffrire”, e mi ha invitato a raccontare quelle stesse cose alla platea del Capranica. Ho accettato l’invito.

Lì ho detto quello che avevo scritto: che la rete era stata decisiva per la vittoria del centrosinistra, e che il centrodestra è molto in ritardo su questo fronte -ribadendo quello che aveva appena finito di dire il direttore del Tempo Mario Sechi-; che i soggetti dello switch erano stati tre: i ceti medi produttivi e creativi; le donne, molto importanti nel consenso a Berlusconi, che invece il 13 febbraio “lo hanno lasciato così come ha fatto sua moglie” (e qui ho aggiunto: “attenzione alle donne, senza di loro non si fa niente”) e che la misoginia di Letizia Moratti aveva aumentato il carico; e infine i giovani, un vero plebiscito per Pisapia che pure non conoscevano, perché per loro Berlusconi rappresenta il vecchio, la muffa, che le sue tv non le guardano più. E a muffa avrei voluto aggiungere “la forfora, un nonno che Google lo chiama Gogòl e a cui piacciono le ragazzine”.

Non stavo esprimendo la mia opinione su Berlusconi. Stavo raccontando quello che, a mio parere, i giovani che non l’hanno votato, tantissimi, pensano di lui. Ma sono stata interrotta da fischi e insulti francamente irripetibili. Meglio di tutti lo racconta stamattina Stefano Di Michele proprio sul Foglio, quando dice che io intendevo “vecchio” come “degasperiano nelle intenzioni, un filino Tino Scotti“: è proprio così. Anche i giornalisti del Foglio sono piuttosto giovani.

Forse dal video si nota: la contestazione non mi ha affatto agitato, e anzi mi ha piuttosto divertito, non mi manca il senso dell’umorismo. Raccontavo quello che avevo visto, lo raccontavo senza odio ma solo per fare capire, e in amore di verità. La parola “vecchio” era stato il detonatore, forse perché l’età media della platea era piuttosto elevata. La maleducazione è stata davvero notevole, devo però anche dirvi che molti, una volta scesa dal palco -questo sul video non si vede- sono venuti a scusarsi e a stringermi la mano, e a dire che era stato duro sentirsi dire certe cose, ma che probabilmente erano cose vere, ed era bene saperle. Che i colleghi Maurizio Belpietro e Mario Sechi sono stati “solidali” (concetto decisamente un po’ eccsssivo per la circostanza, che era anche molto comica). Che molti importanti esponenti del centrodestra in prima fila, donne e uomini, annuivano mentre parlavo: almeno parte di quelle cose le pensavano anche loro. La realtà è sempre più complessa di come appare.

Quindi sono comunque contenta di essere andata lì, un po’ meno di essere eroificata: il coraggio nella vita è proprio un’altra cosa. Per i miei gusti, meglio pomodorata che eroificata. Non mi piace la passione politica quando si esprime in tifoseria da stadio -parlare di violenza sarebbe improprio- preferisco provare a vedere l’amico nel nemico, e la parte di nemico che c’è nel tuo sodale.

Una volta Alexander Langer, maestro e fratello, uno che sui nemici-amici e sul gettare ponti aveva costruito la sua politica, mi fece fare un istruttivo esercizio talmudico: sostenere un’opinione A di fronte a un antagonista che diceva B; e dopo pochi minuti scambiare le posizioni: dire tu B e lui A. Molto istruttivo, fatelo.

Voglio anche aggiungere questo, per tutti i miei lettori di centrosinistra: non mi pare affatto strano che il centrodestra dopo la scoppola elettorale rifletta su se stesso e sulla sua leadership e intenda “rifondarsi”, e anzi è molto interessante quello che capiterà. E anche su questo ho detto la mia: che gli unici del centrodestra che, io credo, oggi a Milano possono rispondere alla domanda di buon senso e di ritorno ai fondamentali espressa dalla città sono gli efficientissimi ciellini di Formigoni. Cosa che da alcuni sarà ovviamente intesa come mio formigonismo e ciellinismo. Pazienza. Mi beccherò pure questa.

Chiudo su Alessandra Mussolini, la cui simpatia è veramente travolgente: ha detto che Lettieri, candidato Pdl a Napoli, “pareva un agente immobiliare, uno che vende le nude proprietà”, contro De Magistris, “bello guaglione”. “Lettieri, mangia“, ha concluso. Irresistibile.

P.S. A Roma ci si diverte molto di più che a Milano, anche in politica: per forza quando vanno là si “sconnettono” pure Bossi e Berlusconi.