Dai vostri commenti al mio post mi pare di poter dedurre una visione piuttosto romantica del bene, come qualcosa di lontano e astratto a cui tendere senza arrivarci mai davvero. Ma io intendevo dire invece che il bene è sempre qui, insieme al male, in ogni istante, e che gli si deve fare largo, tendendo tutti i sensi per scovarlo e attivando tutte le nostre risorse per farlo fiorire. Dentro di noi, prima di tutto, perché possa rampicare dovunque attaccandosi alle nostre relazioni con gli altri e con il mondo. La metafora del rampicante non è per caso e rivolgo ancora il mio pensiero a Etty Hillesum, la mia maestra ragazzina morta tanto presto ad Auschwitz, che del bene parla così:

“Il gelsomino della casa è completamente sciupato dalla pioggia e dalle tempeste degli ultimi giorni, i suoi fiori bianchi galleggiano qua e là sulle pozzanghere scure e melmose (…) ma dentro di me esso continua a fiorire indisturbato, esuberante e tenero come sempre, e spande il suo profumo tutt’intorno alla tua casa, mio Dio”.

Non sentite anche voi la fragranza del gelsomino di Etty, anche se quel profumo sembra non esserci mai stato davvero, o non esserci più? C’è a questo mondo un fiore che profumi più intensamente di quel gelsomino fatto vivere a ogni costo e con caparbia fiducia dentro di sé?