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felice casson

Politica Giugno 15, 2015

Venezia: la sconfitta di Casson e i 5 Stelle Non-Podemos

Qualche considerazione sull’amara sconfitta di Felice Casson, magistrato integerrimo, scopritore di Gladio, in lotta contro la corruzione e contro gli avvelenatori di Porto Marghera e candidato sindaco del centrosinistra a Venezia.

1. Casson ha perso perché ha perso il Pd (-12 punti percentuali), diventando il terzo partito a Venezia. La città va al centrodestra di Luigi Brugnaro, detto il Berluschino -da alcuni anche il Renzino- con il 53.2 per cento dei consensi contro il 46.7 di Casson.

2. dopo più di vent’anni di amministrazione di centrosinistra il Pd cola a picco per almeno due ragioni: una locale, lo scandalo Mose che ha travolto il sindaco di centrosinistra Giorgio Orsoni, costato ai veneziani l’umiliazione bruciante del commissariamento; una nazionale: l’ardita operazione renziana del Partito-Nazione non paga. Quando la destra, come qui e nel caso ligure, è coesa e unita, si riprende i suoi voti. Tra la copia e l’originale sceglie l’originale. Il Partito-Nazione quindi perde sia a destra sia a sinistra, fermandosi a Venezia a un miserabile 16 per cento (il Pd perde anche la roccaforte di Arezzo, Nuoro, Matera, Chieti, Lamezia Terme e Fermo).

3. Casson avrebbe potuto vincere al ballottaggio se il M5Stelle lo avesse sostenuto. Ma non è bastato che Casson sottoscrivesse i 5 punti proposti dai grillini, e che si impegnasse contro le grandi navi in Laguna. Il M5Stelle ha scelto nuovamente il no. L’effetto Podemos (la nuova sindaca di Madrid Manuela Carmena governa grazie all’alleanza tra Podemos e i socialisti) non c’è stato. Il M5Stelle non è Podemos, o meglio, il M5Stelle è Non-Podemos, inchiodato al negazionismo infantile di una fase destruens che non si chiude mai, all’inseguimento di un onnipotente maggioranza assoluta. Per chi continua a pensare ai 5 Stelle come a una formazione di sinistra -nonostante le sue dichiarate simpatie per l’ultradestra di Farage- è la definitiva disillusione.

4. Casson -forse- avrebbe potuto vincere se l’astensionismo non avesse raggiunto il 50 per cento: metà delle veneziane e dei veneziani non è andata a votare. A livello nazionale è andata anche peggio, i votanti sono ormai la minoranza dei cittadini, sotto il 50 per cento, nonostante la battaglia per il sindaco sia politicamente tra le più coinvolgenti. Quindi più di un elettore su due non va a votare. E non è difficile capire perché, con particolare riguardo al Pd: se la gente ti vota su un programma e tu ne realizzi un altro, se diventa chiaro che la voce e la volontà e il voto dei cittadini non contano un accidente di niente, se è proprio il partito dei lavoratori a tirarti la sberla dell’abolizione dell’art. 18, be’, anziché alle urne meglio andare a farsi un onesto spritz (o, a Matera, un piatto di lagane e ceci). 

italia, Politica, Senza categoria Marzo 16, 2015

Venezia, effetto Casson: vince il candidato non renziano. E ora vediamo Milano

Felice Casson, candidato sindaco per il centrosinistra a Venezia

Molto molto bella la stravittoria di Felice Casson (55.6 per cento dei consensi) alle primarie del centrosinistra per il sindaco di Venezia, staccando nettamente gli altri due candidati. Persona schiva, ai limiti della timidezza, ma di straordinaria fermezza morale, Casson NON era sostenuto dalla gran parte del Partito Democratico veneziano. Il che non ha impedito questo grande risultato, in una città scioccata e umiliata dal tradimento dell’ex-sindaco Orsoni.

Perché poi c’è il voto, è la morale della favola: e quando dalla rappresentazione mediatica, dai talk show, dai trionfalismi bonapartistici si passa al libero voto, le sorprese possono essere davvero grandi. E quando, come nel caso dell’elezione dei sindaci, si può esprimere una chiara preferenza per un candidato e le stanze dei partiti devono ingoiare, capitano cose come questa: ecco perché le preferenze piacciono poco a chi governa.

Intanto tra poco sapremo se Giuliano Pisapia lascerà o si candiderà per il secondo mandato come sindaco di Milano. Molti chiaroscuri nella sua gestione, che sintetizzerei così: una retorica della partecipazione, con i consigli comunali su megascreen come le partite, che ha ceduto rapidamente il passo a una propensione dirigistica; bene il piano del traffico, benissimo la tenuta sui diritti civili, Pisapia è sempre stato stra-garantista; male le periferie, sostanzialmente abbandonate, in una visione un po’ provinciale, borghese e “centrostoricistica” della città. Difetto di visione: sguardo puntato solo su Expo, evento che non sta scaldando i milanesi, e già incagliato nel subito-dopo Expo. Ancora non è chiaro che cosa sarà di quel sito.

Se Giuliano Pisapia non dovesse ricandidarsi per le amministrative del 2016, i rischi per il centrosinistra sarebbero piuttosto elevati: il centrodestra giocherà la sua partita alla grande perché sa molto bene che da Milano -da sempre oggetto misterioso per la politica romana: ignorare o maneggiare con cautela- parte quasi tutto: senza la battaglia del 2011 per il cambio di giunta oggi probabilmente non ci sarebbe un governo Pd. Proprio per questa ragione Matteo Renzi sarebbe fortemente tentato dalla proposta di un candidato-unico destrorso-pigliatutto, scelta che però avrebbe per lui non poche controindicazioni, aprendo spazi a una sinistra che sappia intercettare le sofferenze di una città che non ama esibire i patimenti ma cionondimeno li prova. Con possibili effetti a sorpresa: vedi Casson, quando il Pd vince grazie ai non-renziani.

Partita interessante, insomma, e serio banco di prova per il renzismo, che su Venezia dovrebbe riflettere attentamente: sul tema Renzi, destra e sinistra e Terza società in sofferenza, consiglio caldamente la lucida analisi di Luca Ricolfi (significativamente, non la pubblica Il Fatto Quotidiano, ma il giornale di Confindustria, Il Sole 24 ore). Buona lettura.