Lavoratori Electrolux

Gli svedesi di Electrolux vogliono che noi italiani ridimensioniamo le pretese: gli operai polacchi e ungheresi campano con molto meno. Così propongono ai nostri lavoratori di dimezzare gli stipendi (da una media di 1400 a 7-800 €) oltre a una serie di altre misure come blocco dell’anzianità, riduzione delle pause, festività non pagate e così via.

Oltre alla sostanza, drammatica per quei lavoratori, il simbolico è molto forte: l’Italia, dicono in poche parole gli svedesi, deve rassegnarsi a entrare a far parte del club di quei Paesi dove è conveniente delocalizzare perché la mano d’opera costa poco.Per questo la vicenda Electrolux riguarda tutti, e quella battaglia va combattuta insieme.

Tenendo conto anche del fatto che nemmeno questo basterà, né a Electrolux né a tutte quelle aziende che seguiranno questa scia. Dopo aver ridotto a 800, magari pretenderanno di dimezzare a 400, il lavoro notturno gratis e la pipì nel vaso, così risparmi minuti preziosi. A un accordo sindacale oneroso ne seguiranno altri, sempre peggio: la belva del profitto è bulimica, e più mangia più vuole mangiare.

Il risultato è che i ricchi diventano sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri, e non è strano che, come ci dice la Banca d’Italia, il 10 per cento degli italiani possiede quasi la metà (46.6 per cento) della ricchezza totale: da qualche parte i ricchi-sempre-più-ricchi quei soldi li avranno presi, e precisamente da quelli che hanno ridotto in povertà sempre-più-povertà.

Non ha più senso, perciò, alcun ragionamento, alcun jobs act, alcun progetto politico che pretenda di non considerare la sostanza della questione: l’intoccabilità delle ragioni del profitto.

Né ha senso alcun ragionamento che tenga ipocritamente all’orizzonte la piena occupazione e il ritorno all’allegra sarabanda dei consumi, perché non avremo mai l’una e non torneremo mai più all’altra. Al centro va tenuto il diritto, per chi viene al mondo, quanto meno a esistere. All’orizzonte va tenuto un nuovo welfare che preveda un reddito di esistenza e la lotta senza quartiere contro la mostruosità delle disuguaglianze.

E insomma, come dice mia mamma, grande economista: “Dovremmo stare tutti benino”.