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Archivio Maggio 29, 2008

2 IDEE PER NIENTE POP

Oggi voglio rendermi impopolare. Ho due cose da dire che a tanti non piaceranno affatto. La prima è per i portatori di iPod. Vivo come mala creanza, scostumatezza, insolenza tutti quelli che, soprattutto sui mezzi pubblici, si isolano nelle loro cuffiette, ballando con il piedino. Io lo leggo così: tu non mi interessi; il mondo nel suo complesso non è degno della mia attenzione; meglio solo con la mia musica che male accompagnato, tanto non mi perdo proprio nulla.
Intanto sono invidiosa di quella musica, e vorrei ascoltarla anch’io. Mi pare che la musica dia il suo meglio quando è condivisa. Allora sprigiona tutto il potenziale energetico di cui è capace. Sentita così, privatamente, con balletto interiore, francamente mi pare sprecata. Quando ascolto della buona musica vorrei sempre che ci fosse qualcuno che la sente e ballicchia insieme a me. Vorrei sentire quella musica anche per capire che tipo è il portatore di iPod, chi è, che cosa fa nella vita. Curiosità eccitata dal fatto che a quanto pare non è affatto ricambiata. A lui non importa per niente chi sia io. Manco mi vede. Si basta, si avanza e non fa nulla per nasconderlo.
La seconda cosa che ho da dire è molto peggio: con tutto il parlare di asili nido che si è fatto prima delle elezioni –il nido va forte, tra le promesse elettorali-, ho dovuto mordermi la lingua per non dire che io non credo affatto che per i bambini quei posti siano il paradiso. Le mamme lavorano, certo, e non sanno dove metterli. Le educatrici saranno anche formidabili, per carità. E carini quegli stanzoni con Paperino sui muri. Ma ai bambini 0-3 anni di Paperino importa poco, e degli altri bambini 0-3 ancora meno: è dopo i tre anni, pare, che la socialità diventa importante. A casa con la mamma, e il papà, e la zia, sarebbero più felici.
Non è detto, voglio dire, che il nido sia la soluzione universale, e la migliore. Forse si dovrebbe inventare qualcos’altro. Tenendo conto del fatto che è possibile che le nostre necessità e i bisogni dei piccoli non coincidano. Non odiatemi troppo, per piacere. Casomai parliamone.
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)

Archivio Maggio 29, 2008

IL BENE CHE CAPITA

Vista in tv –canale Cult- una cosa davvero straordinaria. Nel 1964 il regista Michael Apted cominciò a seguire la vita di 14 bambini inglesi, ragazzi di campagna, di città e di tutte le classi sociali, incontrandoli periodicamente ogni sette anni, dall’infanzia alla mezza età. L’ultimo incontro l’anno scorso, i bambini sono diventati donne e uomini maturi, traversando tutte le irripetibili, affascinanti, gioiose e dolorose vicissitudini che compongono ogni singola esistenza. Tra tutte le storie ho molto amato quella di Neil.
Da bambino è bellissimo, vivacissimo, gli occhi scuri pieni di stelle. A 14 anni la bellezza si è un po’ smarrita, il viso è diventato ossuto, un velo opaco sullo sguardo. A 21 Neil comincia a perdersi: tutti i suoi piani sono andati in fumo, non è riuscito a fare l’università, vive a Londra in uno squat, una casa occupata, campa di lavoretti, si agita sulla poltrona come un animale in gabbia, è un ragazzo brutto e trasandato.
Negli anni successivi vaga per l’Inghilterra senza fissa dimora. E’ un homeless, vive del sussidio, è preda dei suoi fantasmi, la sua sensibilità sembra bruciarlo, è stato curato per disturbi psichici, si dondola penosamente mentre parla. Apted gli chiede: “Come pensi che andrà, tra sette anni?”. “E’ una domanda orribile” risponde lui. “Forse vivrò in giro per Londra. Ma con un po’ di fortuna non succederà”.
Sono pronta al peggio. La puntata successiva accendo la tv con il cuore sospeso. E invece Neil si presenta con un decoroso cappotto e il viso rasato. E’ un bell’uomo, come lo sono spesso gli inglesi bruni, e ora si vede. Negli occhi un po’ delle stelle di un tempo. Fa il consigliere comunale in una piccola città: la politica era un suo antico desiderio. Vive ancora del sussidio, ma spera che le cose possano andare meglio. Ce la sta facendo. Provo per lui una gioia autentica.
Nella vita capitano tante cose brutte. Specie dai 40 in su, siamo sempre pronti al peggio, tonalità grigio piombo. E invece può capitare anche il bello. Possono capitare gioie nuove e inattese. A questa cosa, al bello che può accadere, datemi una mano, bisogna fare molta pubblicità.
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)