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AMARE GLI ALTRI, esperienze, questione maschile Marzo 14, 2014

Caso Mussolini: pietà l’è proprio morta

Per aver scritto sulla mia pagina Facebook: “Ad Alessandra Mussolini è capitata una cosa tremenda. Non si può non solidarizzare con lei” (mi riferisco evidentemente alla vicenda del marito indagato per la vicenda delle baby-prostitute dei Parioli), sono stata duramente rampognata.

La cosa più gentile che mi hanno risposto è “cazzi suoi“, e poi “è la legge del karma“, “Io non solidarizzo certo con chi ha urlato meglio fascista che frocio, con chi ha giustificato e votato un presidente del consiglio che andava a letto con una minorenne”, ” Un po’ di purgatorio (3000 anni?) se lo merita tutto”, “Che goduria ce la togliamo dagli schermi”, “Andasse a farsi ricostruire dal chirurgo plastico”, ” la Mussolini invocava la castrazione chimica per i pedofili... La applicherebbe oggi anche al marito?”, ” La mentalità di suo marito è la stessa grazie alla quale lei ha firmato un DDL che vorrebbe normalizzare la prostituzione senza dire una parola sui clienti che con la loro domanda sostengono un mercato per il quale vengono schiavizzate migliaia a migliaia di donne e bambine (milioni nel mondo)”.

E così via. Oltre all’ovvio: si deve solidarizzare con le ragazzine, non con lei (come se le due solidarietà fossero in alternativa). E al non-ovvio: praticamente neanche una parola su quel marito che ha fatto tanto male a una ragazzina di 15 anni, e anche, dall’altro lato, alla sua famiglia e ai suoi figli.

Chi mi conosce può intuire la mia vivissima antipatia politica per Alessandra Mussolini. Ma questo non mi impedisce un sentimento di umana compassione. Ti capita una cosa del genere e la tua vita deflagra. E’ un attimo, e non sai più chi sia l’uomo con cui hai condiviso la vita. Sei ridotta in poltiglia, ma devi mantenere la lucidità necessaria per parare il colpo ai figli. Non siamo nel prosaico del tradimento, che pure fa male: qui è l’apocalisse.

Mi avventuro anche a fare un pensiero sul quell’inspiegabile -per me- che è la sessualità maschile. Che un uomo possa desiderare una fanciulla forse arrivo a capirlo. Che invece quel desiderio arrivi ad agirlo, pagando le prestazioni sessuali di una quasi-bambina, sapendo di commettere, prima ancora che un reato, un gesto umanamente violentissimo nei confronti di quella creatura, rischiando oltretutto di buttare all’aria la propria vita, quella della propria famiglia e dei propri figli, oltre a quella della ragazzina… be’, questo no. Questo non lo so proprio comprendere. L’incontrollabilità di quell’impulso mi sfugge. Mai provato nulla del genere nella mia vita. E grazie al cielo.

Qui sono tutti vittime (le ragazzine, la moglie, i figli, le rispettive famiglie) di una sessualità maschile fuori controllo.

Tornando a lei (sui SN viene fatta a pezzi, le si chiede che si dimetta da parlamentare, si sghignazza, le si augurano le peggio cose): in effetti sì, quello che le è capitato si potrebbe anche leggere come una nemesi, come “legge del Karma”. Come una tragica e beffarda messa alla prova. Il che non toglie nulla alla mia umana compassione. Io la provo. E se è una nemesi, forse la provo anche di più.

Quando una persona cade, e cade così male, (in questo caso, quando cade perché gli è caduto addosso il marito a peso morto) io non festeggio, nemmeno se è un nemico. Non riesco a prendermi una soddisfazione: è troppo amara per il mio stomaco. Provo compassione per suo nonno, quando vedo le immagini del suo corpo appeso a un distributore a cento metri da casa mia. Figuriamoci per lei.

Non intendo privarmi del sentimento risanante della compassione.

 

bambini, Donne e Uomini, questione maschile Novembre 12, 2013

Baby-prostitute: chi sono i colpevoli

Nessun dubbio: i veri colpevoli del giro di prostituzione minorile a Roma -ora si apre anche un filone milanese dell’operazione Ninfa: denominazione ambigua e ammiccante, pessima scelta- sono i maschi sfruttatori delle ragazzine: quelli che ci facevano soldi, e quelli che ci andavano a letto. La vera questione è la sessualità maschile.

Ma pur guardando alla cosa con tutta la pietà e l’umana compassione, anche immaginando che quando i fondamentali del legame materno-filiale si pervertono fino a questo punto a una madre deve essere capitato qualcosa di terribile, pure supponendo che la carnefice dev’essere stata a sua volta una vittima, diversamente non avrebbe saputo (ri)produrre una dinamica così violenta, continuo a credere che la responsabilità sia individuale.

Ci sono donne, direi quasi tutte le donne, che sia pure abbandonate, sfruttate e poverissime, non perdono la loro competenza materna né la capacità di amare i figli: basta guardare a tutte quelle, tantissime, che lasciano le loro case e i loro affetti per venire a lavorare qui come colf e badanti e assicurare un futuro migliore ai propri figli.

Sentirei di fare un torto alle donne pensando quelle madri che prostituiscono le figlie come meno responsabili e pertanto giustificabili, dotate di una strumentazione morale di serie B, “minorenni” dell’etica, per dirla in qualche modo. Anche perché normalmente il corpo-a-corpo madre figlio/a riesce, quel difficile percorso dall’indifferenziazione al riconoscersi come due va a buon fine.

La colpa è degli uomini, certo. E del resto ci sono molti uomini nel mondo che sposano bambine di 8 anni. Ma questa conversazione tra una madre e la figlia sedicenne costretta a prostituirsi è una delle cose più insopportabilmente violente in cui mi sia mai imbattuta.

 

M: «…mi ha chiamato la tua professoressa di latino… voleva sapere perché non stai andando… gli ho detto che non si sente bene … mi ha detto: pensa che domani verrà a scuola? Allora tu che cosa hai intenzione di fare? Dimmelo perché se no… ci prendiamo in giro… andiamo dagli insegnanti e glielo diciamo…».

F: «Ma io voglio andarci a scuola… è solo che non c’ho tempo per fare i compiti…».

M: «E va bè, il tempo si trova per fare i compiti…».

F: «Ma quando mamma?».

M: «Quando esci da scuola torni a casa… due tre ore studi… e…».

F: «Dopo non ce la faccio ad andare da Mimmi (Ieni, uno dei presunti sfruttatori che metteva a disposizione l’appartamento, la ragazza dunque lo nominava alla madre, ndr ) non ce la faccio se studio perché dopo sono stanca...».

M: «Allora devi fare una scelta… puoi alternare i giorni… qui una soluzione bisogna trovarla… rifletti bene su questo aspetto della scuola… se no… ti ritiro…».

F: «Non mi puoi ritirare mamma non c’ho 16 anni... ci voglio andare… però non voglio andarci senza aver fatto i compiti…».

M: «E allora fai una cosa scusami… allora c’è la possibilità di stare a scuola, studiare due ore così stai già là…».