Senza Elio Germano questo film non si sarebbe potuto fare”: così Mario Martone, regista di “Il giovane favoloso”, pellicola su Giacomo Leopardi applaudita ieri alla Mostra del Cinema di Venezia.

Il favoloso Germano sa restituirci lo spirito universale e ribelle, la carne, l’odore, la sensualità di quel ragazzo marchigiano deforme e pieno di talenti, spazzandone via fino dalle prime scene l’immagine scolastica e addomesticata. Un bambino felice che via via si piega per non doversi spezzare, costretto da un padre amorosamente tirannico a un’esistenza claustrale che somiglia troppo poco alla vita. Squattrinato, quasi-drop out, un uomo in rivolta fino alla fine, perfino contro il suo stesso slancio rivoluzionario e utopico costantemente messo al vaglio alla luce fredda di uno scetticismo titanico, applicato a ogni esperienza.

Del film, dei suoi interpreti, della sua formidabile sceneggiatura, realizzata quasi interamente con citazioni letterali del poeta, trovate qui un ampio resoconto. Intendevo solo rendere il senso di quello che per me è stato un incontro: con Giacomo in carne e ossa, come non l’avevo mai conosciuto, e con Elio Germano che supera se stesso, nella sua passione e nel suo rigore.