Dunque c’è mezzo mondo, e pure mezza Italia, che a quanto pare si sta appassionando a queste “50 sfumature di grigio” dove, mi sembra di avere capito -non l’ho letto e non so se lo farò, perché onestamente nulla mi annoia di più delle perversioni sessuali e della loro narrazione- una tale improvvisamente scopre l’immenso godimento dell’essere dominata e maltrattata. Contenta lei, a me va più che bene.

Dopodiché una ragazzotta australiana in gran tour incontra a Roma un ragazzotto marocchino, bevono alla grande, il rapporto sessuale è molto brutale -come diavolo avrà fatto a lacerarla in quel modo io non riesco neanche a immaginarlo-, lei resta lì rintontonita e sanguinante, la trovano all’alba mezza dissanguata, lei dice che non c’è stata violenza ma una psicologa che la interroga assicura che è stato uno stupro bello e buono e tutt* dobbiamo gridare “dagli al violentatore” (che peraltro il giorno dopo, anziché darsela a gambe, va a farle visita in ospedale).

Dio stramaledica gli stupratori, li renda per sempre impotenti, la vergogna li annichilisca per il resto dei loro giorni. Ma può anche essere che una, per ragioni non sindacabili -ancorché difficilmente comprensibili, almeno da me- voglia un rapporto sessuale brutale, e lo ottenga.

In sintesi: siamo disponibili a credere all’esistenza del masochismo, purché solo letterario. Ma quando nella vita incontriamo qualcosa di simile -perfino la moda occhieggia al bondage- la political e la sexual correctness impediscono di crederci.