un tipico cda italiano

Dispiace che sia proprio Emma Marcegaglia a frenare sulla legge sulle quote rosa nei cda delle società quotate in borsa -approvata alla Camera e ora in discussione al Senato- chiedendo in sostanza maggiore gradualità nell’introdurre il 30 per cento di donne, e sanzioni più lievi per le società che non si adeguano (la legge prevede la decadenza immediata del cda).

E’ vero che in un paese come il nostro, dove la media nei cda delle società quotate e no è di 6 donne su 100 uomini -e in tantissimi cda neanche una- l’applicazione della legge provocherebbe un terremoto, con un cospicuo numero di “feriti”. Danni che però non sarebbero da ascrivere alle legge, ma alla formidabile resistenza degli uomini che di donne nei cda non ne hanno mai voluto sapere. E continuerebbero a non volerne sapere in assenza di scossoni. Quindi c’è da lottare, perché la legge arrivi in porto. E Lella Golfo, firmataria della norma, bipartisan e lottatrice nata, invita alla mobilitazione contro “i poteri forti” che ostacolano l’iter.

Si può scrivere al presidente del Senato Renato Schifani (segreteriagabinettopresidente@senato.it) e al presidente della Commissione Finanze Mario Baldassarri (mario.baldassarri@senato.it) chiedendo che vigilino sul corretto svolgimento dei lavori parlamentari, tenendoli “al riparo da agenti esterni”.

Della serie: niente di regalato. La legge sulle quote potrebbe essere il primo concreto banco di prova della “forza delle donne” su cui in tanti hanno gongolato.

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