tunnel

Penso a una signora, moglie di un uomo a tutti gli effetti meraviglioso. Splendido padre, marito perfetto, ottima posizione e perfino bell’uomo (il che aiuta). Ed ecco il trucco: l’angelo, a letto, si trasforma in un bruto. Per lui, non c’è verso, il sesso è sempre e solo questo: denigrazione, violazione, disprezzo. Mistero doloroso –povera moglie- già sondato da Freud, “che fa risalire il problema a una fissazione incestuosa sulla madre, e a una mancata fusione delle correnti sensuale e tenera” verso la donna. Questo genere di uomini è afflitto da impotenza psichica, per cui “dove amano non provano desiderio e dove lo provano non possono amare”. L’impotenza viene evitata quando la donna è degradata. Et voilà. Ecco, per esempio, a che cosa serve pagare una prostituta.
Anche noi donne, non c’è dubbio, abbiamo i nostri guai. Non questo genere di guai, però. Siamo diverse. Inutile, ad esempio, che pensiamo di cavarcela ingaggiando gigolò con i nostri stipendi “maschili”. Perché “le donne non hanno bisogno di degradare l’oggetto per godere”.
Rileggo con stupore Sigmund Freud –e anche Jacques Lacan– in un piccolo saggio di Marisa Fiumanò, “L’inconscio è il sociale-Desiderio e godimento nella contemporaneità” (Bruno Mondadori).
Il miraggio della parità ci ha accecato un po’ tutte e fa strage tra le teen fanatiche del raunch (l’osceno). Alla Paris Hilton per capirci. Ma quel vecchio signore, uno dei padri del Novecento, non ci sta parlando del passato. E’ ancora lì a indicarci il futuro, con le sue intuizioni formidabili.
Dall’accettazione dell’“antica” differenza tra i sessi continua a passare buona parte delle nostre speranze di non-infelicità.
Ma passa anche dalla fiducia nel fatto che non tutto è qui, bell’e pronto, da comprare e consumare. Che non c’è solo la dimensione orizzontale, ma c’è anche Altro, in verticale. Un grande Altro, “colui con cui intrattengo un dialogo interiore… da cui aspettiamo un’indicazione su cosa pensare, fare, desiderare”. Chiamatelo Dio o come vi pare. Un Altro di cui l’umanità occidentale, per la prima volta nella sua storia, ritiene oggi di poter fare a meno. E della cui necessità il linguaggio incomodo della psicoanalisi non smette di dare testimonianza.

da Io donna – Corriere della Sera, 17 aprile 2010

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