Lo tsunami di odio che si è abbattuto su Laura Boldrini non si spiega solo con la sua politica sui migranti.
Qualche tempo fa si era sparsa la leggenda metropolitana (fake news) secondo la quale la presidente della Camera avrebbe auspicato l’abbattimento di tutti i monumenti del Ventennio: balla sesquipedale, motivo di ulteriori ingiurie e improperi, e che Boldrini è stata costretta a smentire.
Ho accolto con sollievo, per lei, per tutte, la sua decisione di passare a vie legali (vedo già i leoncini da tastiera che tendono a ritirarsi dalle pagine social di molte donne oggetto di persecuzione).
Boldrini ha cercato a lungo di risolvere politicamente la questione, con il dialogo, ragionando. Ma non c’è stato verso. Con gli hater non si dialoga: devono pagare –condanne, risarcimenti- per valutare di fermarsi. Lo dico per esperienza personale. Fagli mettere mano al portafogli e la musica cambia.
Che cosa odiano gli odiatori? Odiano soprattutto il fatto che Boldrini sia una donna. E che sia una donna assertiva, matura in una posizione di potere e sessualmente non dominabile. Non a caso cercano di ricondurla “a ragione” per vie sessuali: lo stupro come femminicidio simbolico.
Con lo stupro, atto pseudo-sessuale- si uccide il libero desiderio di una donna, si stermina la sua soggettività, la si riconduce allo statuto patriarcale di oggetto muto. Anch’io appartengo al genere maturo-assertivo, e me ne intendo.
Che molte donne partecipino al sabba non deve stupire: si chiama autosessismo, funziona da sempre, lo vediamo agire clamorosamente nel caso madri che infibulano le figlie, custodi zelanti dell’onore e del dominio maschile. Senza la collaborazione di molte donne il gioco finirebbe perché si rivelerebbe per quello che è: purissimo sessismo violento.
Boldrini è archetipicamente una madre, non una puella. E’ Demetra, non Kore. E’ una donna che esercita la sua autorità, eccitando una misoginia radicale.
Proprio in questi giorni, mentre Boldrini annuncia la sua decisione di passare a vie legali, un’ondata di inaudito odio misogino e lesbofobo si sta abbattendo sulle pagine social di ArciLesbica, storica associazione delle lesbiche italiane. Odio agito da uomini, soprattutto gay, con il sostegno di maschi Mra (Men’s Right Activist fascistoidi) e delle solite fervide vestali, comme il faut: le dinamiche sono sempre le stesse.
Anche nel caso di ArciLesbica, donne assertive che in particolare stanno dicendo no alla Gpa (utero in affitto) rompendo il fronte Lgbt (il “diritto” a Gpa è stato tema eminente e divisivo nell’ultimo Pride) e che, di fondo, esprimono un’estraneità radicale al fallocentrismo e al fallogocentrismo.
L’occasionale casus belli è stata la pubblicazione dell’articolo di una femminista americana che facendo riferimento alla “guerra dei bagni” -tema politico di primo piano negli Stati Uniti, che ha visto scendere in campo personalmente i Presidenti: in sostanza la possibilità per i transgender di accedere ai bagni riservati al genere d’elezione- dichiarava che tra le donne di nascita e le transwomen sussistono significative differenze. Lo ha detto la femminista Germaine Greer (L’Eunuco Femmina) ed è stata crocifissa e ostracizzata. Lo ha detto la scrittrice e attivista per i diritti civili nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie (Dovremmo essere tutti femministi), che per questa ragione viene perseguitata da quella che qualcuno ha chiamato Santa Inqueerizione. C’è molto da dire sulla pseudo-queer politics funzionale al mercato neoliberista, ne ho scritto qui e ne scriverò in un libro collettivo sull’utero in affitto che uscirà a novembre.
L’articolo dell’americana argomentava pacatamente una verità elementare –nascere donna e sentirsi donna/diventarlo non sono esperienze coincidenti-, ma pochi si sono presi la briga di leggerlo: sui social non si va oltre i titoli e i claim.
Come se qui capitasse ogni giorno che le transwomen non vengano accolte dalle donne e dalle femministe: che io sappia non è successo mai, fin dalla notte dei tempi. Nelle donne, a cominciare dalle proprie madri, e nelle femministe le transwomen hanno sempre e storicamente trovato sponda, accoglienza, relazioni, aiuto. Senza il sostegno delle donne le transwomen sarebbero ancora alle mercé degli uomini, clienti e sfruttatori, condannate alla prostituzione come unico destino. La cultura mediterranea ha molto da insegnare anche su questo fronte a quella anglosassone, con la sua ossessione queer-classificatorio-diagnostica. In Gb l’omosessualità è stata un reato penale fino al 1982.
Ebbene, tanto odio contro le donne come contro ArciLesbica non l’ho mai visto. Forse, appunto, solo nel caso di Boldrini.
Invito le amiche di ArciLesbica a regolarsi come lei: screenshottare, querelare. Anche se le sentenze non liberano dall’incombenza del lavoro politico. Quello andrà avanti, lo faremo insieme.
Solidarietà a Laura Boldrini, solidarietà alle sorelle di ArciLesbica.