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Dal Corriere.it

Per umiliare la figlia, considerata sessualmente troppo disinvolta, un padre l’ha sottoposta personalmente al test della verginità e ora per effetto di una sentenza della Cassazione, rischia la condanna per violenza sessuale. Il caso arriva da Torino dove un 55enne, per verificare la perdita della verginità della ragazza, dopo averla denudata, aveva fugacemente introdotto le dita della mano nella vagina. Denunciato dalla figlia, il padre era stato assolto da ogni accusa in primo grado mentre la Corte d’appello di Torino il 17 giugno 2009 lo aveva condannato a otto mesi di reclusione per il reato più lieve di violenza privata. Una condanna contro la quale la procura del capoluogo piemontese ha fatto ricorso con successo in Cassazione sostenendo che «l’esplorazione vaginale su donna non collaborativa non solo non può produrre alcun risultato certo e non esclude che l’uomo, sebbene fortemente contrariato dalla presunta disdicevole condotta della figlia, avesse agito su impulso sessuale».

Mio commento: della vicenda, già allucinante, particolare sconcertante nel passaggio della sentenza dove si dice che «l’esplorazione vaginale su donna non collaborativa… non può produrre alcun risultato certo“. Come a dire: oltretutto è inefficace. Ma questo che cosa c’entra con il comportamento di quel padre? Se l’esplorazione fosse stata “efficace” sarebbe stato autorizzato a farlo, o la sua colpa sarebbe stata meno grave?