Pensavo, riguardo a Expo, al possibile paradosso che le donne dei paesi ospiti siano vere protagoniste dell’evento, e noi italiane fuori al palo. Se continuiamo così, con un tavolino dell’innovazione (sic) come quello che abbiamo visto, e giusto quelle tre cooptate, il rischio è molto concreto…

Ok, allora vediamo di capirci qualcosa, e vediamo che cosa si può fare perché le donne siano protagoniste di questa Expo che (lo dico soprattutto alle non-milanesi che guardano distrattamente alla cosa) può essere davvero una grande occasione per il nostro paese e per la sua ricostruzione. E anche per noi.

C’è un livello politico, e uno d’impresa. Per quanto riguarda il piano politico, l’auspicio e il terreno di lotta dovrebbe essere l’applicazione anche per Expo del criterio che ha guidato la formazione delle giunta e l’attribuzione degli incarichi per le municipalizzate: 50/50 o giù di lì, in ogni snodo di responsabilità. Qui gli interlocutori sono il CdA, presieduto da Diana Bracco, ma anche i commissari straordinari Giuliano Pisapia e Roberto Formigoni, e l’assessore Stefano Boeri. Su questo va aperta con loro un’interlocuzione diretta. L’Innovation Advisory Board, quello tutto-maschio il cui triste portrait ho inviato al segretario generale Loscertales -che a quanto pare non ha gradito-, appartiene a questo livello.

C’è poi un livello di impresa: 9 tavoli tematici -accoglienza, infrastrutture, energia e ambiente, credito, salute, arte e cultura, mobilità, solidarietà e no profit- organizzati dalla Camera di Commercio di Milano, “Un facilitatore di progetti” mi spiegano dal Coordinamento Tavoli per Expo “legati direttamente e indirettamente a Expo e al dopo-Expo, con l’indicazione di un metodo di lavoro condiviso e trasparente”. Anche qui, la stragrande maggioranza dei partecipanti è di sesso maschile, fatto salvo il tavolo della cultura. Mi spiegano perché, e io lo spiego a voi. A questi tavoli siedono associazioni di categoria, come Confcommercio, Confindustria, Confartigianato, e così via, e associazioni dirette come Coldiretti e altre. A queste associazioni è stato chiesto di nominare un rappresentante in posizione apicale. Purtroppo in genere amministratori delegati e presidenti sono uomini: si tratta dunque di una fotografia della situazione reale delle stanze dei bottoni, che ahinoi è esattamente questa. Va un po’ meglio per la parte non cooptata dei tavoli, che rappresenta le imprese: qui le donne sono un po’ di più. Questa parte dei tavoli è aperta. Qualunque impresa o singolo imprenditore-a o aspirante tale o professionista o intellettuale o manager o altro che abbia un progetto attinente al tema generale di Expo, può presentarlo alla Camera di Commercio   ( tavoliexpo@mi.camcom.it ). Il progetto presentato sarà valutato, riformulato nel formato condiviso, verrà valutata la sua sostenibilità economica, e se raccoglierà un buon numero di adesioni verrà approfondito da un apposito gruppo di lavoro, sarà costruito un business plan, un eventuale accesso al credito, e così via. Quindi chiunque, e lo dico in particolare alle donne, abbia un’idea di impresa, colga l’opportunità. Per quello che riguarda invece i rappresentanti di categoria, la questione è più complessa: l’auspicio è che siano le donne delle singole categorie a farsi promotrici del rinnovamento, e a premere perché a quei tavoli siano nominate delle donne. E’ sempre questione di volontà politica. I mezzi si trovano, quando la volontà esiste.

Come vedete, quindi, c’è da fare per tutte, in ogni contesto e a ogni livello. Resta da valutare l’opportunità di creare un tavolo o conferenza permanente DonnexExpo, che vigili, coordini e proponga, moltiplicando le possibilità di accesso per le donne nella loro differenza, e quindi moltiplicando le possibilità che Expo sia un vero incubatore di un nuovo modello di crescita per il Paese.