Una quota di male è ineliminabile -“male necessario”, lo ha chiamato una volta Papa Ratzinger- in tutte le cose umane. E’ la nostra parte corruttibile e dolente. Ma se devo fare un bilancio di questa folgorante esperienza politica milanese che sta per chiudere la sua fase fondativa, avrei da dire questo: che il male, che l’odio è stato tenuto al minimo.

Se la vediamo come una campagna elettorale, certo, sì, i toni sono stati accesi. Direi per responsabilità esclusiva del centrodestra, che ha lavorato sulla materia prima della paura. Target: cervello rettile. Risultati: scarsi. L’organo da bersagliare stavolta era il cuore.

Ma questa non è stata una semplice campagna elettorale. Le elezioni sono state l’occasione per una muta di pelle a cui la mia città, sensibile e nevrile, era pronta. Una piccola rivoluzione, che è cominciata qui.

E questa piccola rivoluzione sta capitando senza odio, o con il minimo odio indispensabile. E’ incruenta, affettuosa, e sporca poco. Riempie le piazze ma le lascia pulite e in ordine. Non ci sono state occasioni di “contatto”, come si dice. Tutto sta capitando con un po’ di arancione, che è precisamente il colore radioso di questa energia, con l’intenso e microfisico lavoro di tutti quelli che se ne sono resi mediatori viventi -l’energia, la vita, si potrebbe dire l’amore, se il termine non avesse necessità di essere riqualificato in seguito a un notevole abuso, vengono prima di chi le interpreta-, con la rete. E con pochissimo odio per gli antagonisti, inteso come spreco di questa energia. Io intendo questo come molto femminile: il femminismo, del resto, è stata un’enorme rivoluzione senza sangue.

Avevo voglia di segnalare questa meravigliosa novità della lotta politica, dopo anni di risse continue. Se c’è una lezione che viene oggi dalla mia città, è questa. Poi di giunte, di incarichi, di nomi e di tutto il resto avremo il tempo di parlare.