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Donne e Uomini, italia, Politica, questione maschile Dicembre 18, 2015

Lotta alla violenza. Pia Locatelli, firmataria dell’emendamento contestato: “Mi sono sbagliata. Azzeriamo e ricominciamo a discutere

Pia Locatelli, parlamentare Psi, è sempre stata in relazione con il movimento delle donne. Vedendo il suo nome tra i firmatari del pessimo emendamento Giuliani alla legge di stabilità (quello sulla violenza a donne e affini: omosessuali, handicappati e altre minoranze da “tutelare” in un percorso ospedaliero, emendamento avversato da chi sulla violenza ha lavorato davvero, leggete qui) a tante è preso un colpo.

Tante amiche l’hanno detto: ma cos’hai firmato? Oltretutto io sono stata anche contro la non revocabilità della querela…”.

Ecco: cos’ha firmato?

Ammetto di aver firmato senza leggere. Di default. E spiego perché. Alla Camera faccio parte di un intergruppo trasversale di 80 donne parlamentari che ha iniziato a lavorare sui temi con approccio gender sensitive. Abbiamo pensato di agire anche sulla legge di stabilità, presentando svariati emendamenti. Alcuni buoni, come i 15 giorni di congedo di paternità, l’estensione del voucher baby sitter anche alle lavoratrici autonome (di cui sono prima firmataria) e via dicendo. Per favorire il lavoro trasversale -e forse anche perché sono un po’ pollastra- mi sono impegnata a firmare tutti gli emendamenti che sarebbero stati presentati”.

Quindi anche quello sulla violenza.

“Precisamente. Anche se non c’entrava con la legge di stabilità. Poi mi sono resa conto, le amiche furibonde mi hanno aperto gli occhi”.

E ora?

“La prima firmataria Fabrizia Giuliani non intende ritirarlo. C’è stata una seconda formulazione dell’emendamento, che a mio parere riduce i danni. Ma l’impianto è quello che è”.

Ma non si può ritirare la firma?

“A questo punto no. L’emendamento è già passato in Commissione Bilancio”.

Quindi non c’è più niente da fare.

Marisa Nicchi di Sel, Pippo Civati e altri parlamentari intendono presentare un emendamento abrogativo che cancelli l’emendamento oggetto di polemiche. E’ importante recuperare il rapporto con le associazioni delle donne che pure, a mio parere, hanno avuto una reazione eccessiva”.

Be’, se non avessero reagito “eccessivamente” nessuno le avrebbe ascoltate. Come al solito.

“D’accordo. Ma ora vediamo di rimediare. Facciamo tabula rasa, e ricominciamo a discutere sulla questione della violenza. Votando l’emendamento abrogativo si potrebbe azzerare la querelle”.

Ma lei è firmataria dell’emendamento contestato: ora può sottoscrivere il contro-emendamento?

“Certo che sì.  Non posso aver cambiato idea? Dacia Maraini ha sottoscritto l’appello di Snoq Libere contro l’utero in affitto, e poi ha cambiato parere. Quando le questioni sono complesse…”.

Ha fiducia nel fatto che l’emendamento abrogativo possa passare?

“Non è facile, lo ammetto”.

Anche la fiducia delle associazioni è scarsa. Tant’è che si preparano a ricorrere al Consiglio d’Europa perché possa verificare e sanzionare l’oggettiva incongruità dell’emendamento Giuliani con i criteri della lotta alla violenza sessista ratificati nella Convenzione di Istanbul.

 

Molto duro il comunicato di D.i.Re

Comunicato Stampa di D.i.Re, Rete nazionale dei Centri Antiviolenza

I CENTRI ANTIVIOLENZA E IL FEMMINISMO CONTRO L’EMENDAMENTO DETTO “PERCORSO TUTELA VITTIME DI VIOLENZA”

Settantatre Centri Antiviolenza rappresentati dall’Associazione D.i.Re, Telefono Rosa che gestisce il numero pubblico di emergenza 1522 per la violenza contro le donne, l’Unione Donne Italiane, la Casa Internazionale delle Donne di Roma, la Libera Università delle Donne di Milano, Ferite a Morte, la Fondazione Pangea, Be Free, Pari o Dispare, UIL, Le Nove, Giuristi Democratici, Ass. Scosse, hanno tenuto oggi una conferenza stampa per denunciare la pericolosità, la superficialità e la illegittimità dell’emendamento 451 bis e 451 ter alla legge di Stabilità detto “Percorso tutela vittime di violenza” e approvato il 15 dicembre dalla Commissione Bilancio della Camera.

Ricorreremo al Consiglio d’Europa per violazione della Convenzione di Istanbul. Assisteremo le vittime di violenza presso la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo qualora si sentano lese nei loro diritti dalle procedure dello Stato italiano”. Durissima Gabriella Moscatelli presidente di Telefono Rosa nazionale che gestisce il numero nazionale antiviolenza 1522 stamattina alla conferenza stampa contro l’emendamento Giuliani “percorso tutela vittime di violenza”, emendamento alla legge di stabilità che è stato approvato dalla commissione bilancio della Camera il 15 dicembre. Insieme a lei, Titti Carrano, presidente dell’associazione D.i.Re che raggruppa 73 centri antiviolenza e Vittoria Tola presidente dell’Udi nazionale.

“Chi ha scritto questo emendamento non conosce la vita delle donne e dei bambini in una famiglia violenta – ha aggiunto Moscatelli. Chi come noi si occupa di violenza da trent’anni sa che la denuncia è solo l’inizio di un percorso difficilissimo.

Titti Carrano ha detto: Chi ha scritto questo emendamento non sa nulla di questo fenomeno, perchè è impossibile assimilare le vittime della violenza maschile alle altre fasce deboli o vulnerabili. Le donne che subiscono violenza maschile, come prescrive la convenzione di Istanbul, hanno bisogno di un percorso individuale e specializzato. Questo emendamento nega la realtà della violenza di genere, la sua natura strutturale, persistente profondamente infiltrata nella nostra cultura e nella nostra società. Se questo emendamento dovesse essere approvato, non ci fermeremo e denunceremo in tutte le sedi internazionali: l’Italia dovrà rispondere puntualmente delle sua gravi responsabilità e per le  donne maltrattate e uccise.

Vittoria Tola, presidente nazionale UDI: “Questo emendamento è una vendetta e una manovra di chi, da anni, ha cercato di imporre un percorso di costrizione delle donne maltrattate nel Piano Antiviolenza e non c’era mai riuscito. Le conquiste delle donne sembrano una tela di penelope: i firmatari hanno votato la Convenzione di istanbul senza leggerla. Non ci fermeremo e combatteremo finchè questo pericolo non sarà sventato.”

Oria Gargano della Associazione Be Free che opera al Pronto Soccorso del San Camillo di Roma, con una accoglienza su misura per le donne maltrattate: “Dal 2009 ad oggi abbiamo seguito tremila donne, ma abbiamo proceduto all’inverso rispetto a quanto previsto nell’emendamento Giuliani. Siamo partite dalla collaborazione con l’Ospedale e abbiamo formato il personale del Pronto Soccorso per un anno. Gli abbiamo insegnato che le donne che hanno appena subito violenza, non pensano affatto a denunciare, ma a proteggere se stesse e i figli e spesso sperano di salvare ancora la relazione con l’abusante. Hanno bisogno di ascolto, pazienza, costanza, rispetto. E, soprattutto, ci vuole un rigoroso “fololw up”, proprio quello che l’emendamento Giuliani non prevede. E’ un rigoroso l “follow up” dopo la visita al pronto soccorso, che può salvare e salva la vita delle donne. Non dimentichiamoci che alcune di quelle che hanno denunciato, talvolta purtroppo sono state uccise. La denuncia non è il “fine” dell’azione contro la violenza maschile.”

Alla conferenza stampa sono intervenuti parlamentari, tra cui Pippo Civati, Roberta Agostini, Marisa Nicchi, Giovanna Martelli, Delia Murer. Tutti si sono augurati che sull’emendamento non venga posta la fiducia, in modo che possa essere discusso in aula “dal momento che – ha detto Roberta Agostini, responsabile donne PD – nasce da un metodo completamente sbagliato e inaccettabile ed è stato scritto senza nessun confronto con chi si occupa di violenza di genere e sa bene cosa serve e come funzionano le cose”.

“Siamo con voi” ha detto Pippo Civati. “E siamo con voi per una questione democratica e contro questa incomprensibile superficialità. In Italia è aperta una seria ”questione maschile” che si traduce in paternalismo, pretesa di tutela e prevaricazione”.

Alessandra Menelao della UIL: “Le donne maltrattate e stuprate non sono soggetti “deboli”. In questo Paese può essere presentato un emendamento simile, perchè non c’è più democrazia partecipativa. Non si decide sulla pelle delle donne, senza parlare con le donne.

Erano presenti molte attiviste femministe, anche quelle che non hanno mai messo la violenza di genere al centro della loro azione, come dice Alessandra Bocchetti, una delle madri del femminismo italiano che spiega: “Oggi sono qui perché trovo estremamente preoccupante la regressione a cui stiamo assistendo. Le donne vengono ricacciate in una sorta di “minorìa” della cittadinanza femminile. Le donne sono stanche di non essere mai nell’agenda politica di questo paese e, quando ci sono, non vengono nemmeno consultate.”

Daniela Colombo di Pari o Dispare, l’associazione di cui è presidente Onoraria Emma Bonino, ha denunciato il fatto che “Il Governo Renzi sta procedendo alla distruzione di tutto il sistema anti-discriminazione costruito in trent’anni di progresso insieme alla società civile. Tutto viene demolito, senza aver fatto nemmeno una verifica sui risultati. D’altra parte, quando era Sindaco di Firenze, Matteo Renzi ha istituito il primo cimitero per feti abortiti d’Italia e il femminismo non se lo dimentica. Inoltre ha tenuto per sé le deleghe alle Pari opportunità e la sua consigliera in materia, Giovanna Martelli, dopo un anno di tentativi, è stata costretta a dimettersi. Noi vogliamo un’autorità anti discriminazione nazionale e un punto nell’esecutivo con potere reale che risponda alla società civile.

D.i.Re Donne in Rete contro la violenza
Casa Internazionale delle Donne – Via della Lungara, 19 – 00165 Roma, Italia
Cell 3927200580 – Tel 0668892502 – Fax 063244992
Email direcontrolaviolenza@women.it
www.direcontrolaviolenza.it

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Febbraio 8, 2014

Italicum: voto segreto contro il 50/50. Vigilare!

Un selfie per la campagna di Se Non Ora Quando Factory: "Se non è paritaria, non è democrazia".

Un selfie per la campagna di Se Non Ora Quando Factory: “Se non è paritaria, non è democrazia”

Martedì 11 comincia alla Camera l’esame degli emendamenti sulla legge elettorale. Tra gli emendamenti, quelli che riguardano la democrazia paritaria e la rappresentanza di genere.

Al momento il testo contiene una norma “farlocca” sul 50/50, di pura facciata, che certamente non garantirebbe il 50 per cento delle elette. Se la legge restasse com’è, dall’attuale 30 per cento si potrebbe retrocedere al 20-25, le solite quote da ultimi posti nelle classifiche del Gender Gap. In Tunisia, dove la legge è simile e i capilista erano tutti uomini, le donne sono il 26 per cento. Se invece passasse uno solo dei due emendamenti fondamentali la situazione resterebbe invariata: 30/31 per cento. Se passassero entrambi si arriverebbe al 40 per cento.

Pochi avrebbero il coraggio di respingere a viso aperto gli emendamenti trasversali -e anche quelli presentati singolarmente- che chiedono l’alternanza uno-a-una (e non due-a-una) e prevedono il 50 per cento dei capilista, pena la decadenza delle liste. La cosa più facile, come è già capitato più volte nel nostro Paese supermacho -quando, per esempio, la ministra Prestigiacomo si vide bocciare una proposta di riequilibrio della rappresentanza, ma anche più recentemente, in Regione Sicilia–  è la sparatoria a voto segreto.

Purtroppo i regolamenti prevedono questa possibilità: oltre che per le questioni di coscienza, si può richiedere voto segreto anche sulla legge elettorale. Bastano 30 firme di parlamentari.

Pia Locatelli, parlamentare socialista eletta nelle liste di coalizione del centrosinistra, dice che il clima è tutt’altro che propizio. L’entusiasmo trasversale dell’inizio, che aveva visto parlamentari di varie parti politiche muoversi all’unisono sulla questione, sembra in fase calante.

“Alcune, anche nel Pd, hanno ritirato il piede dall’acceleratore” spiega Locatelli. “Dicono che non si può rischiare di far saltare l’accordo proprio su questi temi”.

Perché? Sono forse temi di poco conto?

“Per me l’appartenenza al genere viene prima dell’appartenenza di partito. Ma mi ci sono voluti 40 anni per arrivarci. Altre privilegiano la fedeltà alla squadra e ai capicorrente”.

Ha sentito qualcuno esprimere l’intenzione di chiedere il voto segreto?

“No. Ed è proprio questo silenzio a preoccuparmi. Se la questione non viene affrontata a viso aperto, vuole dire che le cose si stanno muovendo nell’ombra”.

Chi potrebbe metterci la faccia e chiedere il voto segreto?

“Per esempio qualche parlamentare della Lega: è il gruppo più maschile. Ma forse anche qualcuno fra i 5 Stelle: ho sentito Alessandro Di Battista esprimersi contro le azioni positive che servirebbero, a suo dire, solo per fare eleggere mogli, amiche e parenti”.

E il Pd?

“Mi sentirei di escludere che parlamentari Pd possano firmare per il voto segreto. Ma non che, al riparo da occhi indiscreti, possano contribuire ad affossare gli emendamenti. La mano sul fuoco non ce la metto. Una donna in più è un uomo in meno: vale anche per il Pd“.

 

per partecipare alla campagna di Se Non Ora Quando

-qui l’appello– mandate anche voi a

iocisono.demoparitaria@gmail.com

una foto con la scritta: 50/50. Se non è paritaria, non è democrazia)