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parità di genere

Donne e Uomini, Femminismo, Politica, questione maschile Giugno 15, 2014

#Mineo e le donne

Caro Corradino Mineo,

ti sei prontamente scusato per le cose molto sbagliate che hai detto l’altra sera quando hai paragonato il premier Matteo Renzi a un ragazzino autistico, usando il termine “autistico” come un insulto e colpendo al cuore molte famiglie che soffrono per la disabilità dei loro bambini.

Ti sei anche scusato con la ministra Boschi, che sarebbe lì, come tu hai detto, grazie “alla parità di genere”. Hai voluto anche sottolineare che è una “bella donna”, una “secchiona”, e hai detto che crede di essere Renzi e di poter trattare in vece sua con Berlusconi e Calderoli (e capirai!). Di quest’altra tua uscita infelice si è parlato meno. Apprezzo le tue scuse anche nei suoi riguardi, ma intendo spenderci qualche parola.

Sono certa, anzi certissima della tua sensibilità nei confronti dei ragazzi autistici e di ogni altra forma di disabilità: da questo punto di vista, sì, sono convinta del fatto che la stanchezza e l’amarezza per l’ingiusta sostituzione in Commissione Affari Costituzionali ti abbiano giocato un brutto scherzo.

Sono meno convinta del fatto che tu sia altrettanto sensibile alla necessità del “doppio sguardo” nei luoghi in cui si decide per il bene comune, la politica e tutti gli altri. Ho avuto il senso, cioè, di un tuo convincimento non facilmente eradicabile sulla superfluità della presenza femminile in politica, convincimento piuttosto comune nella tua generazione, quella dei sessantenni. Da questo punto di vista il “giovane” Matteo Renzi è stato inequivoco e determinato: per la nuova generazione di uomini, diciamo dai 40 in giù, l’idea di lavorare in club for men only è semplicemente impensabile. Ne ha riparlato chiaramente anche ieri, nel suo discorso introduttivo all’Assemblea Nazionale Pd. Ci saranno certamente dei “resistenti patriarcali”, ma il salto è finalmente avvenuto, e al premier va riconosciuto il fatto di averlo rappresentato in modo chiarissimo, collocando un numero pari di donne in posizioni di notevole responsabilità politica. Si tratta di un bene assoluto, che ci fa fare quel balzo avanti atteso da decenni. A molte giovani donne è stata offerta la possibilità di fare bene, e anche di sbagliare: perché, come dice la carissima amica Alessandra Bocchetti, anche noi “siamo umane, non divine”.

Maria Elena Boschi è bella, certamente, anzi bellissima: questo tuttavia è un argomento di nessun valore quando si tratta di dialettica politica. Avresti dovuto opporle i tuoi argomenti, riconoscendole dignità di interlocutrice, e perfino la legittimità a trattare con Berlusconi e Calderoli (veri giganti). Hai preferito la scorciatoia dell’umiliazione dell’avversaria.

Fai riferimento a Pippo Civati, il quale nel suo programma ha dato la massima importanza a tutto questo, parlando severamente dell’esistenza di una tenace “questione maschile” nel nostro Paese. A maggior ragione ti chiedo di spendere ancora qualche pensiero su quello che è accaduto. Le scuse chiudono certamente il pregresso, la riflessione potrebbe portare frutti ben più importanti.

Capisco che possa essere difficile per chi non è più un ragazzo, una rivoluzione copernicana interiore: per la tua generazione la misoginia è stata un tratto fondativo e costitutivo di quello che si definisce “essere uomini”. Questo modo di “essere uomini” noi l’abbiamo patito e aspramente combattuto. E vedere tante donne in quei luoghi, anche per chi non è propriamente una fan della politica della rappresentanza, ci dà un senso di fiducia e perfino di tregua.

Ti chiedo perciò di non archiviare subito la pratica, e di provare a pensarci ancora un poco.

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Marzo 10, 2014

#Italicum: 40 posti alle donne, 60 agli uomini? Ma la Costituzione dice altro

Le deputate “ribelli” del Pdl

Al momento non si è trovato alcun accordo (il Pdl non ne vuole sentire parlare, nonostante la mobilitazione di molte sue parlamentari). Ma se alla fine si trovasse, la questione della cosiddetta “parità di genere” come avevamo anticipato potrebbe risolversi con una mediazione. La mediazione dovrebbe essere questa: 40/60 anziché 50/50. Quindi una “quota”, anziché il riconoscimento del principio della pari rappresentanza. Alle donne spetterebbe in questo caso il 40 per cento dei capilista e (forse) il 40 per cento delle posizioni in lista (non è affatto chiaro).

Anche in questo caso, tuttavia, se si richiedesse il voto segreto quasi certamente l’emendamento cadrebbe sotto il fuoco dei franchi tiratori bipartisan.

Ma facciamo l’ipotesi più ottimistica: voto palese e approvazione del 40/60. La formulazione dell’emendamento, com’è evidente, non sarebbe certamente “alle donne andrà il 40 per cento e agli uomini il 60”. Probabilmente si scriverebbe qualcosa tipo: “a nessun genere si potrà attribuire più del 60 per cento dei capilista (e delle candidature in lista)”. Ma la sostanza resta quella. E nonostante la foglia di fico di una formulazione sessualmente corretta, la sostanza sarebbe una legge dello Stato (e una legge molto importante) che sancisce un principio a una prima lettura incostituzionale.

La Costituzione infatti al riguardo è molto chiara. L’articolo 3 recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

E all’art. 51 si legge: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

Se sarà 40/60 –sempre che si trovi un accordo in questo senso, sempre che l’accordo venga votato in modo palese, con qualche chance di passare, sempre che si indichino sanzioni, tipo la non ammissibilità delle liste là dove il principio fosse violato, altrimenti sarebbe inutile- un ricorso per anticostituzionalità non può essere escluso.

C’è anche la possibilità di un veto per incostituzionalità da parte del Presidente della Repubblica: ma a giudicare dal suo discorso dell’8 marzo, che ha evitato l’argomento Italicum, un intervento presidenziale appare improbabile.

In sostanza, c’è ancora tanto, tantissimo lavoro da fare. Vediamo oggi come va.

Qui il video realizzato dalla Rete delle Reti: Dovete Ascoltare!

Aggiornamento ore 21: come previsto, tutti gli emendamenti bocciati con voto segreto. Franchi tiratori anche nel Pd

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Gennaio 23, 2014

50/50: una furbata “italica”

Uno può anche non essere d’accordo sul 50/50 allo scopo di femminilizzare i luoghi dove legifera o si decide -o almeno in liena teorica si dovrebbe decidere-, dai board aziendali al governo alle istituzioni rappresentative. Ma se il principio lo si assume, lo si fa davvero.

Vendere il 50/50 nelle liste bloccate dell’Italicum come un’effettiva femminilizzazione del Parlamento non è onesto. Che sia farina del sacco di Renzi, o di Berlusconi, o di entrambi, o che l’idea sia venuta in extremis ad Alfano, il giochino è piuttosto puerile.

Lo spiega bene l’amica Cinzia Romano, di cui sintetizzo il post:

“La nuova legge elettorale all’articolo 14 ter, comma b, afferma che le liste di candidati nei vari collegi dovranno essere formate da metà uomini e metà donne, pena la loro esclusione. Ma non è affatto detto che tale presenza la ritroveremo in Parlamento, anzi.

Si prevede infatti che, “non possono esservi più di due candidati consecutivi del medesimo genere”. Tradotto: se ai primi due posti in lista ci sono maschi, al terzo dovrà esserci una femmina. Che con ogni probabilità resterà fuori, visto che nella stragrande maggioranza dei collegi saranno i primi due candidati in lista di ogni partito ad essere eletti. E solo nei collegi più grandi, al massimo, si potrà sperare di eleggere un 30% di donne.

Al di là del giudizio che ciascuna e ciascuno dà sulla legge elettorale (liste bloccate più o meno lunghe, nessuna preferenza etc), colpisce come l’enfasi sulle liste paritarie, 50e50 venga di fatto smentita e svuotata nello stesso articolo che pure la proclama. Che vieta (giusto) le candidature multiple ma non obbliga  i partiti all’alternanza uomo donna né tra i capolista (se pure ci fosse, maliziosamente sono portata a pensare che alle donne verrebbero rifilati i collegi “a perdere”) né soprattutto nelle liste, unico modo per garantire una soglia di rappresentanza vicina al tanto declamato 50%.

Le donne, attraverso oltre cinquanta associazioni, si sono ritrovate nell’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, che da anni si batte ed elabora proposte che con qualsiasi sistema elettorale, possano garantire quella parità tra uomini e donne nelle istituzioni come prescrive l’articolo 51 della Costituzione. E anche le Parlamentari tutte (dispiace la non adesione delle donne del Movimento 5 stelle e di Fratelli d’Italia) hanno fatto un patto analogo fra loro e con le donne del Paese. Anche le donne di Se non ora quando, che partecipano all’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, hanno fatto sentire la loro voce e le loro richieste.

Ancora più urgente la necessità per le elezioni europee che si svolgeranno a fine maggio. E’ venuta meno infatti la clausola (prevista solo per due tornate elettorale e quindi non per questa) che le liste garantiscano almeno la presenza del 30% per il genere meno rappresentato (le donne appunto) e in presenza di tre preferenze, nessun obbligo di “dividerle” tra i due generi come invece prescive la recente legge per le elezioni comunali che ha introdotto la doppia preferenza di genere. Una nuova legge per le Europee si impone quindi con urgenza, ancor prima di quella per il Parlamento”.

Come al solito, non puoi distrarti un attimo.

Arriva anche una presa di posizione dalle senatrici Valeria Fedeli (Pd), Alessandra Mussolini (Fi) e Laura Bianconi (Ncd)

“Il testo base di legge elettorale presentato nella serata di ieri, è del tutto deludente per quel che riguarda la rappresentanza di genere. Non viene, infatti, salvaguardato il principio antidiscriminatorio previsto dagli art.3 e 51 della Costituzione, articoli che sanciscono la pari dignità sociale dei cittadini e condizioni di eguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. Niente di tutto questo lo ritroviamo nel testo base del cosiddetto “Italicum”. Nonostante l’elemento positivo introdotto all’art.1, comma 9, ovvero l’inammissibilità delle liste che violano il principio di pari opportunità, la stravagante alternanza dei generi due a due maschera in realtà un ritorno al passato cancellando di fatto l’ unico elemento capace, come è noto, di garantire una reale rappresentanza.”
“Stando così le cose, per rendere realmente efficace il principio di pari opportunità nella rappresentanza politica è necessario introdurre un vincolo all’alternanza di genere uno a uno nelle liste e la medesima alternanza nei capilista. Immaginiamo, infatti, che andando a votare con questa legge risulteranno eletti soltanto i primi due nomi in lista, se non addirittura solo il primo. Insomma, quella presentata ieri è una formula del tutto inadatta con la quale rischiamo di perdere l’occasione di un cambiamento profondo: una democrazia realmente paritaria attraverso una legge elettorale che garantisca l’equità di genere”.
Qui la petizione da firmare, donne e uomini.