Nessun dubbio: i veri colpevoli del giro di prostituzione minorile a Roma -ora si apre anche un filone milanese dell’operazione Ninfa: denominazione ambigua e ammiccante, pessima scelta- sono i maschi sfruttatori delle ragazzine: quelli che ci facevano soldi, e quelli che ci andavano a letto. La vera questione è la sessualità maschile.
Ma pur guardando alla cosa con tutta la pietà e l’umana compassione, anche immaginando che quando i fondamentali del legame materno-filiale si pervertono fino a questo punto a una madre deve essere capitato qualcosa di terribile, pure supponendo che la carnefice dev’essere stata a sua volta una vittima, diversamente non avrebbe saputo (ri)produrre una dinamica così violenta, continuo a credere che la responsabilità sia individuale.
Ci sono donne, direi quasi tutte le donne, che sia pure abbandonate, sfruttate e poverissime, non perdono la loro competenza materna né la capacità di amare i figli: basta guardare a tutte quelle, tantissime, che lasciano le loro case e i loro affetti per venire a lavorare qui come colf e badanti e assicurare un futuro migliore ai propri figli.
Sentirei di fare un torto alle donne pensando quelle madri che prostituiscono le figlie come meno responsabili e pertanto giustificabili, dotate di una strumentazione morale di serie B, “minorenni” dell’etica, per dirla in qualche modo. Anche perché normalmente il corpo-a-corpo madre figlio/a riesce, quel difficile percorso dall’indifferenziazione al riconoscersi come due va a buon fine.
La colpa è degli uomini, certo. E del resto ci sono molti uomini nel mondo che sposano bambine di 8 anni. Ma questa conversazione tra una madre e la figlia sedicenne costretta a prostituirsi è una delle cose più insopportabilmente violente in cui mi sia mai imbattuta.
M: «…mi ha chiamato la tua professoressa di latino… voleva sapere perché non stai andando… gli ho detto che non si sente bene … mi ha detto: pensa che domani verrà a scuola? Allora tu che cosa hai intenzione di fare? Dimmelo perché se no… ci prendiamo in giro… andiamo dagli insegnanti e glielo diciamo…».
F: «Ma io voglio andarci a scuola… è solo che non c’ho tempo per fare i compiti…».
M: «E va bè, il tempo si trova per fare i compiti…».
F: «Ma quando mamma?».
M: «Quando esci da scuola torni a casa… due tre ore studi… e…».
F: «Dopo non ce la faccio ad andare da Mimmi (Ieni, uno dei presunti sfruttatori che metteva a disposizione l’appartamento, la ragazza dunque lo nominava alla madre, ndr ) non ce la faccio se studio perché dopo sono stanca...».
M: «Allora devi fare una scelta… puoi alternare i giorni… qui una soluzione bisogna trovarla… rifletti bene su questo aspetto della scuola… se no… ti ritiro…».
F: «Non mi puoi ritirare mamma non c’ho 16 anni... ci voglio andare… però non voglio andarci senza aver fatto i compiti…».
M: «E allora fai una cosa scusami… allora c’è la possibilità di stare a scuola, studiare due ore così stai già là…».