la segreteria di matteo renzi

Mi era molto piaciuto che nel suo primo discorso da segretario Pd a Milano Matteo Renzi avesse parlato, assumendo il tema dal programma di Pippo Civati, di “questione maschile“.

Il ragazzo era già “in carriera”, che quello della segreteria fosse solo un passaggio per la premiership (accidenti, sembra un secolo fa!) era ben chiaro. E che il futuro premier si mostrasse così sensibile alla faccenda in questo Paese era una novità assoluta, che mi aveva fatto pensare a Zapatero.

Coerentemente alla sua giovane età, Matteo Renzi non sembra avere problemi a lavorare con le donne (almeno non più di quanti ne abbia a lavorare con gli uomini): ne ha volute tante nella sua giunta, tante nella sua segreteria, e speriamo ne voglia altrettante nel suo governo.

Ottimo anche che pensi a ridurre il numero dei ministeri. Ma se il governo Letta, con le dimissioni di Josefa Idem per una cretinissima questione di Imu, ha rinunciato a un dicastero alle Pari Opportunità, io credo invece che sarebbe il caso di ripristinarlo.

La “questione maschile”, come ha detto lui stesso, nel nostro Paese fa ancora molti danni. La crisi comporta un prezzo altissimo per le donne. Il disagio, la rabbia si traducono facilmente e pleistocenicamente in misoginia, e ne abbiamo avuto molti esempi, di recente. Il (brutto) decreto omnibus sul femminicidio non sta arginando la violenza. La carenza di servizi riduce le donne a welfare vivente e ammortizzatore sociale naturale. Di ogni iniziativa legislativa -partendo dal lavoro, ma passando anche dalla legge elettorale- non può essere trascurato l’impatto di genere. Sul tema dei diritti c’è moltissimo da lavorare. C’è un enorme bisogno, per uscire dai guai, del “doppio sguardo”: che in Italia la politica machista abbia tenuto fuori tanto a lungo le donne da ogni decisione pubblica è certamente una delle ragioni del nostro plus di crisi. Corrispettivamente, un’attenzione strategica alle donne sarebbe un vettore di modernizzazione, avrebbe un valore economico e farebbe bene a tutto e a tutti, Pil compreso. 

Non siamo affatto pronte-i, insomma, a fare a meno di un ministero dedicato, che andrebbe anzi rafforzato nelle sue funzioni e riposizionato al centro dell’attività di governo. Si tratterebbe eventualmente anche di cambiargli il nome: “pari opportunità” a me non piace affatto, non rende l’idea di quello che dovrebbe effettivamente fare. Ma l’importante è che ci sia, e che non si sistemi la faccenda con una delega secondaria.

p.s. l’esito del voto sardo, 4 elette su 60 consiglieri, dà un’idea precisa di ciò che stiamo dicendo.

p.p.s. venerdì 21 febbraio ore 12.30: certo che se come ministra Matteo Renzi dovesse scegliere un’omofoba antiabortista, allora la faccenda cambia. I nomi che girano fanno abbastanza paura.