Non dimenticherò facilmente il 13 febbraio 2014, giorno della decapitazione del premier Enrico Letta da parte della direzione Pd. In particolare, chissà perché, mi è rimasto impresso il lirico intervento di Anna Paola Concia, che citò addirittura la grande poetessa Emily Dickinson.

Solo qualche giorno prima Enrico Letta era stato in direzione a raccontare i suoi programmi di governo, offrendo in effetti un saggio di notevole debolezza. Ma nessuno avrebbe immaginato che sarebbe stata questione di ore. In verità il neoeletto segretario del Pd Matteo Renzi aveva molta, moltissima fretta di diventare primo ministro: lui ha sempre molta, moltissima fretta per tutto. Eletto segretario a dicembre, a gennaio già manovrava freneticamente per giubilare Letta, “un incapace” da rimuovere grazie a un accordo con Silvio Berlusconi, “sensibile a fare un ragionamento diverso”. Il ragionamento diverso era la premiership Renzi. Delle molte cose antidemocratiche che abbiamo visto e continuiamo a vedere nel nostro Paese, questa mi sembra in assoluto la più antidemocratica. Uno che decide di fare il premier e manovra attivamente per diventarlo senza mai essere passato dal voto. 

Il piano è ben raccontato da una telefonata dell’11 gennaio del 2014 tra Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, intercettata dalla magistratura nel corso dell’inchiesta relativa alla CPL Concordia. L’intercettazione è diffusa oggi da Il Fatto Quotidiano. Renzi spiaga al generale Adinolfi di voler mandare Enrico Letta alla presidenza della Repubblica per toglierlo dal governo. Giorgio Napolitano è però contrario a questo progetto, perché dovrebbe dimettersi da capo dello Stato nel 2016, e non a inizio 2015 come riteneva di fare. Qui i passaggi salienti della telefonata.

Renzi: E sai, a questo punto, c’è prima l’Italia, non c’è niente da fare. Mettersi a discutere per buttare all’aria tutto, secondo me alla lunga sarebbe meglio per il Paese perché lui è proprio incapace, il nostro amico. Però…
Adinolfi: È niente, Matteo, non c’è niente, dai, siamo onesti.
Renzi: Lui non è capace, non è cattivo, non è proprio capace.E quindi… però l’alternativa è governarlo da fuori…
Adinolfi: Secondo me il taglio del Presidente della Repubblica
Renzi : Lui sarebbe perfetto, gliel’ho anche detto ieri.
Adinolfi: E allora?
Renzi: L’unico problema è che … bisogna aspettare agosto del 2016. Quell’altro non c’arriva, capito? Me l’ha già detto
Renzi: E poi il numero uno anche se mollasse… poi il numero uno ce l’ha a morte con Berlusconi per cui… e Berlusconi invece sarebbe più sensibile a fare un ragionamento diverso. Vediamo via, mi sembra complicata la vicenda.
Adinolfi : Matteo, intanto t’ho mandato una bellissima cravatta.
Renzi : Grazie.
Adinolfi: Sì sì, certo certo.
Renzi: Quell’altro 2015 vuole andar via e … Michele mi sa che bisogna fare quelli che… che la prendono nel culo personalmente… poi vediamo magari mettiamo qualcuno di questi ragazzi dentro nella squadra… a sminestrare un po’ di roba.

A fine telefonata Renzi anticipa come Berlusconi sia disponibile a fare un “ragionamento diverso”. Il patto del Nazareno verrà siglato pochi giorni dopo questa telefonata, accelerando la caduta di Enrico Letta.

Ma la vera notizia è un’altra. E cioè -mi sbaglio?- che anche di fronte a queste rivelazioni, probabilmente grande parte del Paese continuerà a fare spallucce e a ritenere sacrosanto o quanto meno accettabile che “per il bene dell’Italia” uno di fatto si autonomini Presidente del Consiglio dei Ministri, levando di mezzo “un incapace”, e perfezionando il tris dei governi non eletti (nemmeno Monti e Letta lo erano) con una manovra di spregiudicatezza superiore. Il quarto, se ce ne sarà uno, volendo potrebbe essere anche più spregiudicato. E forse solo allora potremo comprendere fino in fondo, se ancora non l’abbiamo capito, qual è il prezzo che si paga rinunciando all’esercizio delle prerogative democratiche.