Cgil pro utero in affitto: ecco gli appelli delle femministe a Maurizio Landini per un franco e definitivo confronto
Sia chiaro: anche Franco Piperno e Oreste Scalzone, leader di Potere operaio e imputati nell’inchiesta 7 aprile, hanno tutto il diritto di partecipare a una manifestazione politica come la due giorni della Coalizione Sociale di Maurizio Landini.
Ma certo, alla domanda: che cosa diavolo è questa Coalizione Sociale? la loro presenza e altre simili agevolano la più facile e deprimente delle risposte: la solita cosetta rossa, il solito zero-virgola, il solito dopolavoro chiassoso e marginale per ex-combattenti e reduci. Vecchi narcisi irriducibili, e rigorosamente tutti maschi, che dopo aver molto sbagliato e fatto sbagliare non sanno rinunciare a un’occasione di protagonismo, non sono capaci di starsene saggiamente e generosamente a casa a seguire in streaming, smaniano per il podio o, più prosaicamente –non sarà il caso di questi due ma lo è per molti altri- cercano il modo per assicurarsi qualche rielezione.
C’è un egoismo saturnino nel fatto che, appena “a sinistra” freme qualcosa, un piccolo esercito di vecchietti avidi e rancorosi accorre per sbranarlo e tsipras-tizzarlo, mettendoci il cappello liso e vagheggiando una revanche collettiva che invece è solo personale, l’eterno ritorno di un moi–même più volte sconfitto e sempre più microscopico e politicamente irrilevante.
Questo il rischio che incombe su ogni operazione “a sinistra”: virgolettatura non casuale, e del resto pure Landini dice che la sua coalizione non è di sinistra, né di destra, né di centro, e via sottraendo. Rischio che per esempio i 5 Stelle, magari un po’ autistici nelle loro logiche non compromissorie, hanno sventato disponendo un cordone sanitario che ha impedito ogni invasione di campo.
Ecco: in questo andrebbero copiati pari-pari.
Silenzio sulle cariche -a freddo- della polizia contro gli operai Thyssen. Silenzio su quanto riferito al riguardo dal ministro Alfano, che a quanto si vede benissimo dai filmati di Gazebo non corrisponde al vero (domani la Camera voterà sulla mozione di sfiducia presentata da Sel, Lega e M5S). Silenzio sul silenzio del prefetto di Roma, sempre riguardo alle cariche. Silenzio sul caso Cucchi, che come abbiamo visto si è menato a morte da solo. Silenzio sull’amico e mediatore del Nazareno Denis Verdini, rinviato a giudizio per corruzione.
A quanto pare, quando non c’è qualche rutilante buona novella da dare, Matteo #cambiaverso. Il Grande Comunicatore si inceppa, le notizie sgradevoli rovinano l’immagine, meglio glissare.
Non solo #cambiaverso, ma pure #cambiaidea: su Mare Nostrum, che fino a un paio di settimane fa era il nostro orgoglio -vero-, uno dei migliori prodotti made in Italy, e adesso si può smantellare senza spiegazioni. Sulla Fiom: dal culo-e-camicia con Maurizio (Landini) alla promessa di incontrare una delegazione Fiom, ieri a Brescia, clamorosamente bidonata. Sul jobsact e sull’art.18, una cosina da tre tavolette: dopo aver proposto lui stesso e fatto approvare, in direzione nazionale Pd del 29 settembre, un ordine del giorno che suonava “il diritto al reintegro viene mantenuto per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare“, quell’odg l’ha fatto sparire, non l’ha mai inserito nella legge delega, su cui minaccia, dopo quello al Senato, il voto di fiducia anche alla Camera. Il solito caro vecchio OCOP (o così o pomì).
Matteo #cambiafaccia. Visibilmente meno slim, decisamente meno smart, piuttosto incarognito dal cospicuo calo di fiducia (dal 61 al 54 per cento) gli resta la supersonica velocità. Con cui al momento, più che il Paese, sta cambiando -o rivelando- se stesso.